venerdì 30 dicembre 2011

Un fiaba di Natale

Caro Guglielmo,
ti voglio raccontare una storia realmente accaduta e poiché è successa in questi giorni la racconterò come una storia di Natale.
Negli anni scorsi un operaio civile della marina con l'hobby del fabbro costruì una stele di metallo di circa 15 mt. tutta decorata e sopratutto realizzata interamente a mano e con pezzi di riciclo, e ne fece dono alla parrocchia di Cristo Re.
Evidentemente il parroco pro tempore ebbe qualche difficoltà a piazzarla nella sua parrocchia e la lasciò in disparte sul prato retrostante la chiesa.
Nel 2003, in seguito ad incidente stradale, morì sulla strada di Brucoli la figlia di questo mio amico, volontaria del 118 che prestava servizio al Muscatello. La cosa suscitò scalpore, anche perché la ragazza quel giorno era stata chiamata per sostituire un’altra volontaria momentaneamente impedita.
Il padre, visto che la figlia apparteneva alla parrocchia Sant’Antonio di Padova, dov’era catechista, volle impiantare la stele nel sagrato di quest’ultima chiesa, col beneplacito dei due parroci interessati.
Questa fu eretta con una breve cerimonia in ricordo della ragazza morta.
Nel 2011 la croce che sovrasta la struttura necessitava di qualche piccola manutenzione, ma per l'ideatore della struttura l'impresa diventava impossibile visto che la croce si trova a 15 metri di altezza. Il mio amico non sapeva più a chi rivolgersi , per lui era importante ridare luce alla scultura, era il ricordo della figlia, un "Angelo della strada" come lui stesso la definiva, una volontaria del 118, sempre pronta ad intervenire.
Sfiduciato, parlò con una ditta di costruzioni ed il parroco parlò con alcuni operatori, ma nessuno dei due ebbe risposte positive.
L'altro giorno Giordano Bruno (questo il nome del mio amico) si è rivolto a me ed io a Paolo Ippolito della Protezione civile, il quale a sua volta di è rivolto al responsabile della protezione civile di Carlentini, geometra Enzo Giampapa.
All’indomani, espletate le formalità di rito, eravamo sul sagrato della chiesa con autoscala con cestello, pennello e colori.
Nessuna macchina fotografica avrebbe potuto immortalare gli occhi lucidi di quest'uomo: era felice come un bambino, sopra l'autoscala dipingeva quella croce quasi gelosamente.
Ci siamo stretti vicino a lui, assieme al parroco, e abbiamo capito che un oceano è fatto di piccole gocce. E’ bastata questa catena umana per far si che il sorriso tornasse sul volto di un uomo provato.
Tonino Lieto

Che c'entra la passione?

Non è vero che quello di Licodia Eubea sia un delitto passionale.
È un delitto sessista. È un bestiale, inaccettabile, terribile arcaico delitto sessista. Un delitto tipico: il maschio che uccide una femmina.
E non ha territorialità, limiti di età, ambiti culturali. Soprattutto non ha niente a che fare con la passione, con l’amore, con un sentimento qualunque. Nasce da un cattivo virus che colpisce solo gli uomini ed è difficile da debellare. Ci vorrà molo tempo, educazione, cultura. È un virus che potremmo chiamare sessual-razzista. Fa credere agli uomini di avere molti più diritti delle donne. E nel rapporto a due è devastante. Secondo questi esemplari rimasti fermi nei secoli passati, la donna non ha il diritto di rifiutarli, di lasciarli, di cambiare idea, di stancarsi di un rapporto, di giudicare un uomo incapace, inadatto a lei, noioso. Queste sono prerogative che solo l’uomo può esercitare, non la donna. E siccome le leggi non costringono le donne a camminare dentro quei viottoli recintati di divieti, ecco che l’uomo si fa carico di difendere la “posizione” nel modo più semplice: eliminando la donna. Oltretutto lui è quasi sempre più forte fisicamente e può farlo. Non c’entrano proprio la passione, l’amore, il dolore per l’abbandono, eccetera eccetera. L’assassino, come in questo caso, dopo avere tolto la vita , scappa nel tentativo di arsi una vita senza di lei, altro che amore e passione. L’ha punita e forse si aspetta la gratitudine degli altri uomini.
Non è stato un delitto passionale ma solo un brutale, violentissimo, imperdonabile delitto.

mercoledì 14 dicembre 2011

Preoccupanti fenomeni razzisti

Cosa succede in Italia?
Nel giro di pochi giorni è accaduto che alcuni scalmanati (pare facenti parte di un gruppo organizzato di ultrà) hanno dato fuoco ad un campo rom, dove solo per caso non ci sono stati danni a persone;
un filo-nazista ha ucciso tre ambulanti senegalesi ed altri ne ha feriti; alcuni adepti di un circolo di estrema destra di Roma sono stati bloccati quando si accingevano a mettere in atto attentati contro la comunità ebraica di Roma.
Ci sarebbe di che preoccuparsi anche se tutto ciò fosse accaduto in questo breve periodo solo per caso. Ma si può escludere che un tam-tam sotterraneo non abbia avviato un percorso?
E in questo malaugurato caso ci sarebbe solo da preoccuparsi?
La brutta bestia razzista e xenofoba e il nazismo hanno provocato così tanti lutti, dolori e danni che la semplice preoccupazione potrebbe rivelarsi pericolosamente insufficiente.
C’è bisogno di una mobilitazione generale.
Le forze dell’ordine devono ricordarsi ogni giorno che l’Italia è uno Stato che ha messo fuorilegge il fascismo con le sue leggi razziali; le forze politiche legiferino per prevenire ogni forma di deriva fascista e razzista;
e noi cittadini qualunque abbiamo il dovere di vigilare, di non chiudere hli occhi, di non girare le spalle davanti a violenze e soprusi di stampo razzista.

La piccola grande eroina Franca Viola

Da siciliano considero il 17 dicembre una data da segnare in rosso.
Il 17 dicembre del 1966 vi fu un processo. Otto uomini furono condannati. Uno di essi per sequestro di persona e violenza sessuale, gli altri perché complici. Un fatto di cronaca nera, dunque? No, un fatto che cambiò la Sicilia. E soprattutto una tappa fondamentale nel processo di emancipazione delle donne nell’isola e in Italia. Di quegli uomini non vale la pena di parlare: uomini da niente. Vorrei parlare invece di quella che fu la vittima della violenza e del sequestro e che diventò un’eroina a cui forse la Sicilia e le donne di tutta Italia devono molto. E vorrei parlare anche del rapporto uomo-donna (o, se volete, del rapporto donna-società) fino a meno di mezzo secolo fa in Sicilia.
Nel dicembre del 1965 ad Alcamo, in provincia di Trapani, una ragazzina di 17 anni viene rapita in casa sua. Il capo dei rapitori è un giovane del luogo, come i sette altri giovani che lo aiutarono. Il rapimento avvenne in pieno giorno dentro il centro abitato. Molti videro e avrebbero potuto intervenire, ma si girarono dall’altra parte. Semplice vigliaccheria o omertà? No. Non intervenne nessuno perché ciò che stava accadendo era semplicemente un modo di giungere al matrimonio.
Nella Sicilia di quegli anni la donna non aveva alcuna autonomia. Era “cosa” dell’uomo. Per mantenere questo privilegio la società del tempo aveva un sistema vigente da secoli: l’arma dell’onore.
Come funzionava? Semplice. Una donna che perdeva la verginità non era più degna di essere sposata da nessuno. Era disonorata. E l’uomo che l’avesse preso in casa sarebbe stato un disonorato a sua volta (un cornuto).. L’unico modo per recuperare l’onore perduto, per la donna, era quello di essere sposata da chi le aveva tolto la verginità. Da questo semplice assioma derivavano due cose: la fuitina consensuale e quella non consensuale. La prima la mettevano in atto i ragazzi che si amavano e non potevano sposarsi senza il consenso dei genitori. Scappavano, tornavano dopo pochi giorni, facevano sapere al mondo che lei non era più vergine e l’eventuale accordo dei genitori di lei con qualche altro pretendente saltava. Anche questi accordi tra famiglie senza badare troppo alla volontà dei ragazzi era un fatto diffuso. La ragazza, dunque, rientrava disonorata e l’unico modo per tornare onorata era quello di sposarsi col ragazzo che aveva scelto. Il secondo tipo di fuitina era molto più violento, ma in linea con il pensiero prevalente secondo il quale a donna era un oggetto. Lo spasimante respinto dalla ragazza o dalla sua famiglia, rapiva la fanciulla, la violentava e lo faceva sapere in giro. L’aveva rovinata. L’unico modo che lei aveva per salvarsi era quello di sposare il suo violentatore. La società, trattando lei come colpevole, diventava complice del violentatore. E lo stato non era da meno: c’era un articolo del codice penale che disponeva che se la donna violentata sposava il proprio violentatore, il reato veniva estinto. Tutto si incastrava perfettamente: i ricatti sociali, la violenza, il sacro principio che la donna era un oggetto, la prepotenza, la vigliaccheria, la paura, l’omertà. Era la Sicilia di quaranta-cinquant’anni fa.
Illustrata la situazione generale, torniamo alla diciassettenne di Alcamo che subì la prima violenza e doveva essere destinata a subirne altre per tutto il tempo in cui la sua vita sarebbe durata.
Si chiama Franca Viola ed è ancora viva. Lei dopo nove giorni di sequestro e quando tutto il paese era stato sapientemente informato che non era più vergine, anziché rassegnarsi ad un destino scritto da una società ingiusta, arretrata, violenta, decise di sfidare tutti i ricatti, i pericoli, le minacce che non solo il violentatore, ma l’intera comunità le mettevano davanti. La comunità si sentì tradita da lei, non da lui. Lei si stava ribellando alle leggi e alle tradizioni,e non avrebbe dovuto. Lui stava rispettando quelle leggi e quelle tradizioni. Ma Franca, la diciassettenne Franca Villa che era anche piccola e molto bella, era una roccia, non si spaventò di niente. Denunciò il mascalzone che le aveva strappato la verginità e il futuro. Fu la prima a farlo. Il 17 dicembre del 1966, la condanna. E da quel giorno, prima del ’68 e dei movimenti femministi degli anni ’70, le condizioni della donna siciliana cominciarono a cambiare in meglio. Tutte le donne, tutte le ragazze di oggi devono conoscere la storia di Franca Viola e devono ricordarla con gratitudine come una splendida eroina.

lunedì 12 dicembre 2011

La lettera che vorremmo leggere (e forse non sarà mai scritta)

On.le sig. Presidente Fini,
Le scrivo per comunicarLe le mie irrevocabili dimissioni da Deputato.
La situazione in cui mi trovo è insostenibile. Ho un buon rapporto con i miei concittadini e quando i lavori della Camera me lo permettono trascorro molto tempo tra loro. Molti di essi sono persone umili e semplici, operai, pensionati e casalinghe. Da qualche settimana sono molto più preoccupati di prima per il loro futuro e per quello dei loro figli.
Questo ultimo fine settimana non sono andato al mio paese per timore di incontrarli. Se qualcuno mi avesse chiesto perché loro dovranno pagare in tanti modi il prezzo della crisi mentre noi deputati non stiamo rinunciando a niente non avrei saputo come rispondere.
Ma io al mio paese voglio tornarci e voglio continuare a incontrare i miei concittadini per strada, al bar, in qualche convegno. E non voglio arrossire. Loro hanno votato il mo partito perché in lista c’ero anch’io, ed hanno votato convinti che mi sarei battuto per loro.
In questa situazione mi sento un traditore e i soldi che prendo mi sembrano rubati.
Naturalmente ho informato il mio capogruppo e il egretario del mo partito.
Le auguro buon lavoro nell’interesse del Paese e dei cittadini più bisognosi.

con rispetto
On.le XXX XXX

La stupidità del razzismo

Quando le teste sono vuote o marce o prive di idee e di princìpi e di cultura il problema è quello di inventarsi qualcuno che sia peggio di loro. Questa continua invenzione i chiama razzismo. Le vittime sono sempre quelli che nel contesto in cui vivone le teste marce sono più deboli, più fragili, più facili da aggredire. Per questa ragione i razzisti sono anche vigliacchi. Essere aggrediti solo per soddisfare il barbaro bisogno dei razzisti una volta tocca ai neri d'america, una volta agli ebrei, una volta agli zingari... La stupidità di una ragazzina è solo una bella scusa. Domani lo rifaranno se un altro scemo dirà che il cane di uno straniero cgli ha fatto pipì sul muro. Ma non tutti gli stranieri correranno rischi, solo quelli poveri.

domenica 11 dicembre 2011

Lentini 1966 - Un avvenimento che fece epoca

Il 13 dicembre del 1966, dopo dieci giorni consecutivi di sciopero dei braccianti e dei lavoratori dei magazzini di agrumi, e al terzo giorno di sciopero generale, l’ennesima manifestazione nella zona commerciale di Lentini venne duramente contrastata dalle forze dell’ordine. Si contarono diversi feriti sia tra gli scioperanti che tra le forze dell’ordine.
La sindacalista Graziella Vistrè, forte del grande prestigio di cui godeva per il suo quotidiano impegno in loro difesa, riuscì in pochi minuti ad organizzare un nutritissimo corteo di casalinghe e a condurlo nel “campo di battaglia”, tra i poliziotti e i manifestanti, riuscendo, così, ad interrompere lo scontro e a scongiurare un epilogo più drammatico
Cinque anni fa la società Infinity Media produsse un film documentario tratto da un mio testo, dal titolo “Graziella fumava le alfa” diretto da Alfredo Martines e da me stesso e interpretato da Lidia Costanzo (nella parte di Graziella Vistrè) e da decine di personaggi presenti durante gli scontri.
Il film non si limita a raccontare i fatti, ma mette in luce diversi aspetti di un periodo cruciale per la storia della Sicilia e dell’Italia (il boom economico, le tensioni sociali, le prime prove della strategia della tensione, la questione femminile e così via).
Nella ricorrenza del 40° anniversario il film venne proiettato al Cinema Odeon Lo Presti con grande successo. La Regione Sicilia patrocinò il lavoro ed acquistò alcune migliaia di copie del relativo DVD per distribuirlo alle biblioteche ed alle scuole dell’isola.
La storia viene raccontata parallelamente in due versioni: quella di Graziella Vistrè con un monologo che rispecchia ciò che si tramanda di bocca in bocca nei ceti popolari, e quella dei testimoni oculari, più aderente alla realtà
Dall’insieme delle testimonianze viene fuori uno spaccato di eccezionale valore storico e sociale: dai rapporti tra bracciantato, sindacato e padronato, allo sfruttamento del lavoro minorile, dalle condizioni di lavoro delle donne lavoratrici alle prime battaglie per l’emancipazione femminile, all’adesione consapevole dei giovani studenti alle istanze dei lavoratori.
Un’altra serie di interventi illustra aspetti politici e sociali dell’epoca,
elementi del complesso quadro di un momento storico che fu snodo fondamentale per lo sviluppo della Sicilia e dell’Italia: le prime denunce delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro, l’alleanza spontanea e “naturale” tra il movimento femminista e quello studentesco (entrambi ancora in nuce all’epoca a Lentini), il vastissimo ricorso al lavoro minorile, la pesantezza del lavoro bracciantile.
In tutta la narrazione svetta la straordinaria bellezza di quel corteo di donne, organizzatosi spontaneamente in pochi minuti, pronto a sfidare tutti i rischi per difendere i loro uomini in lotta e viene sottolineata la nobiltà e l’orgoglio di una intera comunità.
Graziella era nata a Gela da genitori di Bagheria il 28 dicembre del 1912 e morì Palermo il 13 aprile del 1997.
Venne a Lentini nel 1962, dopo aver già maturato esperienze notevoli nel sindacato CGIL di Bagheria
A Lentini, su una popolazione di circa ventisettemila abitanti vi erano circa sette mila braccianti ed operai nel settore della lavorazione e della commercializzazione delle arance.
Il film nei prossimi giorni andrà in onda su Antenna Uno e in streaming su La Notizia on line.…………
Nelle prossime settimane sarà proiettato al Liceo Scientifico “Vittorini”, al Liceo Classico “Gorgia” e all’Istituto Commerciale “Nervi”..

giovedì 8 dicembre 2011

Diamo un nome al nuovo ospedale

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1546

Un ospedale nato soprattutto grazie ad una forte spinta popolare deve rimanere fortemente legato al territorio. Esso deve essere attrezzato per far fronte a tutte le malattie e gli incidenti a cui gli abitanti del luogo possono essere soggetti, ma credo possiamo sperare che anche un ospedale possa avere una sua vocazione. La nostra zona è zona a fortissima incidenza di leucemia e tumori. Speriamo siano esse patologie legate a fenomeni passeggeri ed entro poco tempo smettano di manifestarsi con così grande frequenza e virulenza. Ma oggi la realtà è questa. In un Paese civile, moderno e che guarda al presente ed al futuro un ospedale si progetta pensando anche ai bisogni specifici di quella zona. Noi nel nostro piccolo potremmo avviare una piccola rivoluzione culturale.
Potremmo decidere noi il nome da dare all’ospedale.
Un nome che tenga conto e che ricordi a tutti che qui siamo soggetti più che altrove alla leucemia, che ricordi le vittime, per lo più giovanissime, di questa patologia, che sia di auspicio perché il nostro ospedali ospiti un centro di ricerca di altissimo livello su questo male.
Questo nome non può essere altro che “Manuela e Michele”
Tutti a Lentini sanno chi erano: due bambini che all’età rispettivamente di otto e nove anni furono costretti a lasciare la vita, il loro futuro,le loro famiglie gli amici e i compagni di scuola, colpiti entrambi a breve distanza di tempo una dall’altro dalla Leucemia. Dando il loro nome all’ospedale sarà come dargli quello delle decine di altri bambini adulti colpiti dallo stesso male.
Una volta agli ospedali si davano nomi da onorare in qualche modo. Pensate al Geribaldi e al Vittorio Emanuele di Catania. L’ospedale veniva quasi strumentalizzato per onorare quelle figure. Poi si passò a nomi privi di interesse, di significato, di inventiva. Pensate al nostro ex ospedale: nel tempo si è chiamato “Civico” e “Di zona
Ecco, Ospedale “Manuela e Michele” inaugurerebbe un’altra scelta culturale, quella del nome legato al territorio e ad una patologia che in quel territorio si sviluppa. Un nome che abbia anche delle connotazioni programmatiche. Un nome che evochi la vita e le sciagure, le speranze e le volontà di un territorio.
Ma c’è dell’altro: Manuela e Michele è anche il nome di un’associazione di volontariato di cui l’intero territorio è fiero e si sente partecipe. L’associazione nata per iniziativa dei genitori delle due piccole vittime della leucemia, che ha svolto e continua a svolgere tre compiti di straordinaria importanza per l’intera popolazione.
1) è al fianco delle famiglie delle vittime di queste malattie, le aiuta a reagire e a incanalare il loro dolore in direzione di un impegno pubblico
2) offre ogni tipo di aiuto concreto e materiale alle famiglie colpite dalla malattia (informazioni, suggerimenti, consigli, supporti economici, ecc.)
3) ha dato vita a mille iniziative per la ricerca delle cause della malattie, interessando le istituzioni, la stampa e televisioni nazionali in convegni, assemblee, ecc..
Vorrei lanciare un appello accorato: MOBILITIAMOCI: Diamo vita ad una petizione popolare con cui migliaia di cittadini possano chiedere che il nome dell’ospedale sia dato dalla cittadinanza e che sia MANUELA E MICHELE.

mercoledì 30 novembre 2011

Spreco e penuria di immobili a Lentini.

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1545

In questi giorni l’argomento più ricorrente in Italia è quello ch riguarda l’economia, la crisi economica, la inderogabile necessità di risparmiare, di non sprecare nessuna risorsa.
L’argomento più ricorrente a Lentini, invece riguarda la Biblioteca comunalei cui locali sono piccoli, fatiscenti, poco illuminati
Due argomenti così distanti, diversi per importanza e per popolazione interessata trovano il un comune denominatore in una pletora di immobili non utilizzati, ma tutti molto ampi, situati nel centro urbano di Lentini.
Mi riferisco al Palazzo del Fascio, proprio in piazza Duomo, alla ex Caserma dei Carabinieri, in via Arrigo Testa, alla ex Upim, in via Garibaldi e all’ex Istituto tecnico per Geometri e Ragioneri di piazza Raffaello. Nel cortile della Biblioteca c’è un locale grazioso e abbastanza ampio, l’ex AIAS, anche questo sistemato da poco, ma a tutt’oggi inutilizzato.. Ad appena cento metri di distanza da quest’ultimo c’è lo scheletro dell’ex Auditorium dell’Antico Lavatoio comunale. Accanto ad esso ci sono gli enormi magazzini del Consorzio Agrario. Verso l’alto, nel quartiere Badia, abbiamo il Palazzo Beneventano e l’ex Ospedale. Più in alto ancora, dentro il cimitero c’è il convento dei cappuccini, un bello e grande edificio restaurato da poco tempo, scendendo dl cimitero, in via Arimondi c’è il Chiostro della Badia, dove per decenni c’è stata la Scuola Elementare, da poco restaurato. Poi, in via Agnone c’è l’ex Scuola Guglielmo Marconi, che ha un ingresso anche in via Etnea.
Mi fermo qui perché per il discorso che intendo sviluppare mi basta, ma sono certo che ognuno di vo che mi legge o mi ascolta ne potrebbe aggiungere amtri.
Molti dei locali che ho nominato non sono di proprietà comunale: l’ex caserma è della Provincia Regionale, il Palazzo del Fascio è del Ministero delle Finanza, l’ex Upim è di un privato, il vecchio ospedale è della Regione, e così via.
Ma il fenomeno è così vasto che forse merita di essere affrontato in maniera decisa e radicale.
C’è bisogno di un censimento di tutti questi edifici che potrebbero essere di interesse pubblico e che invece da patrimonio si sono trasformati in problema. Mi permetto di azzardare un suggerimento. Il sindaco è stato bravissimo a procurarsi la collaborazione a titolo gratuito di quattro esperti:Censabella per la sanità, Rossitto per la legalità, Cappellano per i servizi socio-assistenziali e Tribulato per l’agricoltura.
Perché non dotarsi di un quinto esperto in grado di affrontare questa questione degli immobili? Si tratterebbe di censire questo enorme patrimonio e definire con gli Enti proprietari un piano di utilizzo.
Sto parlando di una politica del patrimonio dell’edilizia pubblica,
Il comune dovrebbe prendere il controllo del territorio urbano,
dovrebbe poter dialogare, da una posizione di forza, con la provincia, ol ministero, col consorzio, con l Regione e con i privati per dare indirizzi. i.
Io credo che c’è una cosa che grida vendetta: Sta benedetta Biblioteca comunale di cui tanto si parla in questi giorni; Sarà vero che i problemi che la strangolano sono tanti. Ma che senso ha lasciarla nei locali angusti in cui si trova quando a duecento metri, in un posto ancora più centrale di via Aspromonte c’è la caserma dei carabinieri vuota? E che senso ha mantenere uffici comunali in locali in affitto in periferia se in piazza c’è il Palazzo del Fascio? Non sarà facile averli ma intanto obblighiamoli a spiegarci cosa intendono farne e se del caso apriamo un contenzioso. Fra qualche settimana anche quell’immenso edificio che ha ospitato l’ospedale sarà del tutto libero. Di nuovo dobbiamo sopportare che l’ente proprietario lo lasci in abbandono?
Quanti uffici pubblici comunali e non si trovano sparsi in locali in affitto spesso inadeguati, dalla Soat, alla Pubblica Sicurezza, dalla Polizia Stradale al GAL? E se fosse il comune a prendere l’iniziativa per farli trasferire tutti nel vecchio ospedale con enormi risparmi per tutti, non sarebbe opera meritoria e molto vantaggiosa?

mercoledì 23 novembre 2011

La biblioteca tra attualità e storia

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1542

Nei giorni scorsi diverse associazioni e molti cittadini hanno sottoscritto la richiesta, al sindaco, di un incontro pubblico per affrontare tutti insieme il problema della Biblioteca Comunale. Essa versa in condizioni non all’altezza dell’importanza e l’utilità della stessa, della ricchezza del patrimonio librario, delle tecnologie che i tempi ci mettono a disposizione. Anch’io l’ho firmata consapevolmente. Tuttavia mi sento di dire due cose che nella premessa della petizione non sono dette, suppongo per mancanza di spazio.
La prima riguarda il personale che si occupa della Biblioteca. Abbiamo una direttrice molto preparata e dalla indiscutibile esperienza, Due impiegate a tempo pieno e quattro a tempo ridotto.
Ebbene, pur in quella struttura fatiscente, in quegli spazi angusti e con un’illuminazione assolutamente inadeguata, la direttrice dottoressa Mangiameli e gli impiegati riescono a tenere la catalogazione perfettamente aggiornata e i testi consultabili e a garantire l’apertura al pubblico per 5 giorni alla settimana per 12 ore al giorno.
Mi sembra pacifico che da loro non possiamo pretendere che decidano quando, dove e come spostare la Biblioteca. né di finanziare il processo di ammodernamento e di informatizzazione della stessa.
Io mi sento di ribadire il mio apprezzamento e la gratitudine di cittadino.

In secondo luogo vorrei rivolgere un pensiero grato ad alcuni nostri concittadini, ormai tutti scomparsi che ebbero un ruolo fondamentale nell’apertura della nostra Biblioteca. Sono il sindaco Otello Marilli, che il 18 luglio del 1957 con delibera n. 233, la istituì, il geometra Carlo Lo Presti, che di essa fu il primo direttore e l’ingegnere Carlo Cicero, che fu il Presidente del primo Consiglio di Amministrazione, l’avvocato Alfio Sgalambro, l’avvocato Filadelfo Pupillo, il dottor Francesco Bonfiglio, il ragionier Vitale Martello, il professor Giuseppe Di Rosa, il signor Gaetano Ossino, che ne furono componenti.
La biblioteca non fu solo lo straordinario, nuovo, inaspettato luogo dei libri, della lettura, della cultura, ma anche centro motore di incontri, dibattiti, mostre d’arte, presentazione di libri, iniziative culturali di ogni tipo. Ma, appunto, c’era un comitato che si occupava di tutto ciò. Questo stesso comitato pochi anni dopo diede vita al PREMIO LENTINI, una manifestazione culturale che entrò di prepotenza nel panorama nazionale, che diede lustro e splendore alla città e che richiamò a Lentini personaggi entrati nella storia del teatro, della poesia, della letteratura italiani, da Leonardo Sciascia a Turi Vasile, da Lydia Alfonsi a Mario Gori, da Arnaldo Frateili ad Alberto Bevilacqua, e così via,.
Essi provenivano da un’esperienza esaltante che aveva dato una spinta inimmaginabile a un paesone agricolo da poco uscito dalla guerra: Il Centro Studi. Insieme a loro operarono il prof. Salvatore Ciancio, Giuseppe La Pira, Rosina Pisano, Gianni Cannone e tanti giovani e giovanissimi che in seguito si distinsero per i contributi dati alla città. Dentro il Centro Studi nacque l’intuizione che Leontinoi doveva trovarsi sul colle San Mauro, dal Centro Studi si ebbe la spinta propulsiva per l’inizio della prima campagna di scavi. per l’apertura del museo archeologico, per l’apertura del Liceo Classico e, per l’appunto della biblioteca.
Non poteva bastare la pagina della premessa della richiesta né questo mio breve intervento per parlare di nostri eroi civili. Forse un convegno potrebbe essere più appropriato. Io mi sentivo in dovere di ricordarli e l’ho fatto.
Ma non posso chiudere senza ricordare con grande affetto l’indimenticabile Cecè Pisano, il caro simpatico brontolone che per anni fu l’unico addetto al pubblico della Biblioteca di via Arrigo Testa.

giovedì 17 novembre 2011

Due feste in tre giorni

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1533

La scorsa settimana a Lentini è accaduto qualcosa di speciale: è nata una nuova festa laica. La festa del libro e della lettura. Ma si potrebbe chiamare anche la festa delle quindicenni e dei quindicenni, O anche la festa dell’incontro tra giovani e adulti. Oppure la festa dell’amicizia o la festa sei giovani talenti lentinesi. O in tanti altri modi. La prima edizione di questa festa, quella che si è tenuta il 10 novembre nell’Aula Consiliare è stata tutte queste feste messe insieme. Lo spunto era semplice: gli adulti regalano un libro ai quindicenni. Da qui tutte le implicazioni immaginabili, perché c’era dentro l’idea del regalo, l’idea del libro, l’idea di diverse generazioni che si incontrano e dialogano, l’idea di una città che viole crescere sul piano culturale. L’idea di Lentini città gentile. Poi ne sono sorte altre. La caduta di divisioni ideologiche e politiche, la partecipazione di club e associazioni importanti, la partecipazione di associazioni e semplici cittadini di Carlentini, Catania, Siracusa, Firenze, Pisa, Parma, Novara e perfino degli Stati Uniti e del Canada. Abbiamo avuto modo di scoprire giovanissime e bravissime scrittrici, come Giulia Corsino, poetesse e poeti quindicenni, come quelli del Liceo Gorgia, lettrici di alto livello, come Katia Cava e Ginevra Cicatello, abbiamo goduto della musica jazz del Salvo Amore Quartet e dei canti etnici dell’Encelado superbo di Pippo Cardelo. Abbiamo avuto conferma della estrema sensibilità dei lentinesi e dei tanti autori di questa città, dai notissimi Alfio Siracusano e Pippo Cardello alle per ora meno note Brunella Li Rosi
E Carmela Vacante, quest’ultima instancabile viaggiatrice e fotografa autrice di libri-documentario di straordinario vigore. Non dimenticando che l brillante sarto che ha cucito tutto è stato il solito splendido –silvio Breci, più brillante e agile che mai. Insomma, una festa vera, rica, sapida da istituzionalizzare.

Anche gran parte dell’Italia ha festeggiato la settimana scorsa. Ha festeggiato la discesa di Berlusconi. Non la siscesa in campo ormai mitica ma la discesa dal governo.
Molte persone per bene e in buona fede che lo hanno votato e che per lui nutrono un sentimento che ricorda molto il tifo da stadio, non l’hanno presa bene e forse non accetteranno mai l’idea che il loro idolo sia stato costretto a dimettersi pur essendo capo di un partito che a tutt’oggi ha la maggioranza assoluta. Debbono prenderne atto. Il Berlusconi degli ultimi anni non ha niente a che vedere con quello che hanno votato. È un uomo che, come diceva lui stesso in una telefonata, governava a tempo perso, che si addormentava davanti a tutti al Parlamento e in incontri ufficiali, che non capiva più che il suo ruolo pubblico gli imponeva degli obblighi di stile, di eleganza, di frequentazioni. E alla fine è stato indotto alle dimissioni da tutto il composito arcipelago della destra italiana ed europea di cui egli fa parte. Lo hanno spinto fuori da Palazzo Chigi Merkel e Sarkozy, entrambi di destra, i tanto vituperati Fini e Casini, non certo di sinistra, La Confindustria e la Confederazione Episcopale, non certo rivoluzionari. Insomma, il suo declino fisico e mentale e il degrado dei suoi comportamenti lo hanno reso incapace di affrontare un periodo particolarmente difficile e lo hanno reso incompatibile con il ruolo che ricopriva.

domenica 13 novembre 2011

Il virus del cattivo linguaggio

Martedì 8/11/2011

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1528

L’avventura del governo Berlusconi sembra ormai finita. Questione di giorni o addirittura di ore. A me, che sono di sinistra, semra una liberazione. Ma, io sono di sinistra e questo è normale. Ma c’è qualcosa che forse non è né di sinistra né di destra. Ed è il disgusto per certo modo di esprimersi. In questi ultimi tempi di berluscon-leghismo abbiamo dovuto sopportare un linguaggio basso. L’area della politica è stata più somigliante agli ambienti dell’avanspettacolo, delle osterie, delle vecchie caserme. Ne ho parlato altre volte: il dito medio alzato, le pernacchie, i giudizi estetici una volta su Rosy Bindi, un’altra sulla Merkel, sono più da ubriaconi e da teppisti che non da politici .
Ma c’è un altro aspetto del linguaggio degradato che è più pericoloso.
Mi riferisco la linguaggio che in questi giorni sta venendo fuori con maggiore forza e che i media portano in prima pagina senza alcuna annotazione negativa. Lo sentiamo tutti i giorni e ormai non ci colpisce. Per l’ennesima volta l’altra sera il ministro Maroni, in un’intervista su Rai Tre diceva: “Chi ha vinto governa, chi ha perso sta all’opposizione” Il concetto è ineccepibile. Ma i verbi vincere e perdere sono altamente irrispettosi diseducativi perché escludono il terzo soggetto: l’elettorato.
E una frase apparentemente ovvia nasconde un forte impoverimento della democrazia. In democrazia, quella non impoverita, gli elettori giudicano, insieme, i programmi, le personalità, e le coalizioni o i singoli partiti per la loro capacità di realizzare quei programmi. Quel ricorrente “Io ho vinto” denuncia un’altra concezione, diversa da quella della democrazia. È un piccolo virus che si insinua e man mano modofica il senso delle cose. Duara da circa vent’anni e nessuno lo combatte con efficacia neanche coloro che vivono di democrazia e neanche i giornalisti che dovrebbero essere sempre vigili. I ragazzi che oggi hanno 18 anni e andranno a votare alle prossime elezioni politiche sono cresciuti con questa vision delle cose: da tifosi e non da protagonisti. Cercheranno di fare vincere il loro eroe e non di vincere loro.
Da un linguaggio di questo tipo è facile passare al seguente: “chi non vota con me vota contro l’Italia”, e “Voglio vedere in faccia i traditori” (entrambe frasi di Berlusconi) laddove i traditori sono coloro che non credono che farebbe meglio a dimettersi.
Adesso neanche queste frasi ci spaventano più, ci siamo pian piano mitridatizzati, assuefatti al veleno, lo beviamo ogni giorno in piaccole dosi e poiché non moriamo crediamo di stare bene.
È così che un uomo un ex leader, il presidente del consiglio di un paese democratico si è rinchiuso nel suo bunker per difendere i suoi interessi, come dice qualcuno, per orgoglio, nel migliore dei casi, ma strafottendosene degli interessi del Paese. Rivolgersi a questi ormai sarebbe inutile: stanno per lasciarci le penne e, comunque, sono troppo incalliti nelle loro concezioni. Sperare in una rivolta morale di tutti gli altri partiti e uomini politici non costa niente ma non sarebbe molto saggio, vista la loro capacità di reazione. Ancora una volta la difesa della democrazia, come una nuova resistenza, deve vedere noi cittadini protagonisti: non votiamo più chi vince “io vinco, lui perde” ma solo per chi dice “Io propongo, gli elettori mi giudichino”

Io gioisco

Io gioisco e non mi pento perché l’Italia non è più rappresenta da
Chi ha per amici Tarantini, Lavitola e Lele Mora
Chi ha per eroe Mangano
Chi porta a letto le ragazzine e se ne vanta
Chi dice al Papa “Lei assomiglia al mio Milan”
Chi porta i suoi avvocati in Parlamento per farli pagare a noi
Chi nomina ministre le sue amanti
Chi fa le corna in foto ufficiali
Chi considera l’Italia “di merda”
Chi governa a tempo perso
Chi voleva il nucleare (e neppure c’è riuscito)
Chi voleva il ponte dei record (e neppure c’è riuscito)
E nemmeno da
Chi alza il gito medio e fa pernacchie
Chi ha giurato sulla costituzione ma pensa alla secessione
Chi inganna i suoi elettori sproloquiando di Ministeri a Monza

mercoledì 2 novembre 2011

Una città meravigliosa

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1525

Ragazzi, vi comunico che Lentini è una città meravigliosa.
Il Progetto Lettura Lentini si è rivelato un ottimo strumento per capirlo.
Come tutti sanno questa manifestazione prevede che gli adulti della città offrano in regalo un libro ai quindicenni. Ebbene, nel solo mese di ottobre sono stati donati ben 205 libri. Almeno un centinaio ancora arriveranno nel corso di questa settimana da parte del Kiwanis club, dell’Archeo Club, dell’AIDO, del Presidente della Provincia, del Centro nazionale del libro e della Lettura, di uomini di cultura importanti, come il prof. Paolo Giansiracusa. Molti sono arrivati da nostri concittadini residenti in altre città italiane ed estere. Molti altri ci sono giunti da cittadini di Catania (20 solo dal Kiwanis Junior), di Carlentini, di Siracusa. Diversi da scrittori o poeti della nostra zona.
Ma tutti mi perdoneranno se dico che la sorpresa più grande, più gradita, più preziosa e significativa è giunta dai ragazzi di tre classi del Liceo Classico Gorgia, la tre quinte Ginnasio delle sezioni A, B e C. essi hanno deciso di partecipare al Progetto non solo nella veste di quindicenni a cui va il dono del libro, ma anche nella veste di adulti, o per meglio dire, di cittadini a tutto tondo: Sono una settantina ed hanno deciso di regalare anche loro un libro ciascuno.
Trovo questa decisione semplicemente commovente.
È meraviglioso scoprire che i ragazzi di Lentini hanno dentro d se questa sensibilità, quest’educazione, questa maturità.
Ovviamente un grande, rispettoso plauso va alle loro insegnanti di lettere, le professoresse Milanesi, Traversa e Scammacca, alla dirigente scolastica, prof.ssa Mangiafico e ai loro genitori. Come si dice da noi “nessuno nasce imparato”
Accanto alla preside e alle docenti del Gorgia, vanno citati il prof. Alfredo Mangiameli, dirigente scolastico del Liceo Scientifico “Vittorini” e il suo omologo dell’Istituto per Ragionieri, prof. Giovanni Bonfiglio, per l’estrema disponibilità mostrata e per l’efficace opera di informazione nei loro istituti.
A tutti quanti loro va il ringraziamento nostro e dell’intera città. L’obbiettivo dichiarato del Comitato promotore del Progetto Lettura Lentini è arcinoto: contribuire a rendere Lentini un po’ più colta.
La condivisione del Progetto da parte delle scuole, degli insegnanti, degli studenti rappresenta quasi una garanzia che questo obbiettivo sarà raggiunto.
Questo sta accadendo oggi a Lentini. Per l’iniziativa spontanea di alcuni suoi cittadini, per l’accoglienza entusiastica e gioiosa di molti altri dell’idea.
È nata così una nuova festa con centinaia di protagonisti, con l centro il libro, la lettura, i giovani.
Giovedì 10 novembre, alle ore 17,30 nell’Aula Consiliare, avremo modo di incontrarci tutti, chi ha regalato un libro e chi lo riceverà, i promotori il sindaco e gli amministratori della città per goderci un momento di delicatezza reciproca, di coesione, di intesa per un futuro migliore..

-

mercoledì 26 ottobre 2011

I risentiti e Censabella

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1517

A Lentini, come tutti sanno, vive e opera un piccolo esercito di professorini armati di bacchetta e di matita blu. Sono pochi ma rumorosi. Appariscenti ma innocui. Sono sempre alla ricerca di un bersaglio da bacchettare e di un errore da evidenziare. Chiunque apre bocca o scrive qualcosa sa che essi sono in agguato e e ne teme il giudizio.
Alcuni di loro hanno fatto sentire la loro voce dopo il mio ultimo intervento, quello sull’ospedale, risentitissimi perché Guido Grande, Paolo Censabella e Pippo Nicotra ed ho trascurato i membri del Comitato di Gestione in carica nell’86 e dei funzionari che si occuparono della vicenda ospedale. Io riconosco i meriti di costoro, ma non mi sento in obbligo di citarli nelle mie note. Gli uni perché erano presenti nel Comitato dell’86 indicati dai loro partiti ed era loro dovere svolgere bene il loro compito. La qualcosa non mi sembra sconvolgente. Tutti dovrebbero svolgere bene il loro compito. Gli altri perché erano appunto funzionari dell’Usl. Anch’essi rispettabili e anch’essi svolsero bene il proprio lavoro. Ma non potevano farne a meno, erano obbligati dal loro rapporto di lavoro, dalla lora serietà, dalla loro professionalità. Mi rincresce che altri che considerano tanto eccezionali dei funzionari seri e preparati non ne abbino parlato loro autonomamente, anziché di rimessa “di rimessa”. ,
Questa rubrica si intitola “il punto di vista di Guglielmo Tocco” e secondo il mio punto di vista va elogiato, ringraziato e portato come esempio chi, oggi per l’Ospedale, ieri per il Biviere, domani per qualche altra grande opera, si prodiga da volontario civile, senza nessun obbligo e senza nessuna remunerazione, per senso civico e per generosità.
Censabella, nessuno può negarlo, è uno di questi, un cittadino da additare come esempio
Le riunioni, gli incontri, le manifestazioni, i convegni, i forum sull’ospedale che ha organizzato o a cui egli ha partecipato non si contano.
E’ stato la spina nel fianco di presidenti della Regione e Assessori alla sanità per anni. Mentre la gran parte dei politici e dei cittadini si lamentava o al massimo criticava, lui agiva.. Tutto ciò per almeno vent’anni. E vent’anni sono molto più lunghi del tempo di un mandato al Comitato di Gestione, E tutto questo senza alcun obbligo istituzionale o professionale e senza retribuzione alcuna. E il tempo necessario per questo impegno non lo ha sottratto né alla CGIL di Siracusa, dove lavora, né al suo ruolo politico, ma alla sua famiglia e a se stesso.
A qualcuno può essere antipatico come ad altri è simpatico, ma nessuno può fingere di non conoscere questa semplice verità. Nessuno è autorizzato a negarla.
Anche a me è capitato di non condividere alcune sue posizioni, qualche sua scelta, questo o quel giudizio. Tutto ciò non mi ha annebbiato la vista fino al punto di non vedere l’impegno, la caparbietà, la generosità e l’efficacia con cui si è prodigato perché l’ospedale vedesse la luce..
Se dovessi definire il suo impegno per l’ospedale mi basterebbero solo due parole: “generosissimo ed eroico”.
Viva l’impegno, abbasso bacchette e matite.

Un eroe grande e sconosciuto

Ho appena parlato al telefono con padre Tarcisio Pazzaglia. Si trova in Italia
perché doveva fare dei controlli. Tutto è a posto. Negli ultimi anni è
stato operato due volte per altrettanti tumori. Ha 76 anni e non
possiede niente. Da quand’era giovanissimo vive in Uganda, è
missionario comboniano. Ha lavorato sempre sodo per la sua famiglia che
è composta da circa 3,000 membri. Sono ragazzi, donne, anziani che lui
aiuta a vivere in tanti modi: Del minicredito della sua parrocchia
usufruiscono circa 1.000 donne. Dice lui che non sanno leggere né
scrivere, ma in matematica sono imbattibili. Con il mini credito
intraprendono piccole attività agricole, artigianali e commerciali. E
appena possono pagano il loro debito. Tra le varie attività per tenere
impegnati i ragazzi c’è quella di far doppiare loro dei film che gli
giungono dall’Italia, dall’Inghilterra o dalla Francia. I ragazzi li
doppiano in swahili e poi li proiettano nei villaggi. La sua parrocchia
è a Kitgun, dove la maggior parte della popolazione vive ancora in
capanne. Mi ha detto che quest’anno ha piovuto e poche persone sono
morte di fame. Mi ha detto che non esiste la pensione, per cui gli
anziani, gli invalidi, i più deboli hanno bisogno di molto aiuto. È
felice perché adesso la guerra civile è finita.
Ha settantasei anni ha
subito due operazioni e cure pesantissime, ma a novembre tornerà in
Uganda. “Finché il Signore me lo permetterà” ha detto “cercherò di fare
il mio dovere”. Guglielmo

giovedì 20 ottobre 2011

A chi andrò a baciare la mano
a chi andrò a baciare la mano
a chi andrò a baciare la mano
Gheddafi non c’è

C’è Putìn ma è troppo lontano
c’è Putìn ma è troppo lontano
c’è Putìn ma è troppo lontano
a chi la bacerò

Saddam Hussein me l’hanno impiccato
Bin Ladèn me l’hanno ammazzato.
Muhammar me l’hanno sparato
a chi la bacerò

Ma perché più non c’è
chi baciar? Povero me.

(Però, a pensarci bene era un bastardo: 500 amazzoni! Vi sembra giusto? Io, pur pagandole profumatamente, non arrivo a 50 puttane)

mercoledì 19 ottobre 2011

L’Ospedale di Guido Grande

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1508

Ieri è stata una giornata di festa per Lentini, Carlentini e Francofonte. È stata inaugurato il nuovo ospedale in contrada Poggio San Pietro. Un notevole passo avanti a difesa della salute.
La razionalità, la luminosità e la modernità della struttura permetteranno al personale medico e paramedico di esprimere al meglio la loro professionalità, che pure si è notevolmente distinta anche nelle condizioni non ideali del vecchio ospedale.
Credo che se abbiamo potuto vedere la conclusione di questa lunga gestazione, gran parte del merito sia delle nostre comunità: i sindaci attuali e quelli degli ultimi vent’anni, il personale politico, dai parlamentari ai consiglieri, i sindacati. Ma un ruolo fondamentale e consapevole credo l’abbia avuto la popolazione. C’è stata una grande mobilitazione popolare: fatta di manifestazioni, fiaccolate, marce, forum, fiorire di comitati durata un quarto di secolo, Non ho titoli per elargire riconoscimenti ma tre figure mi hanno particolarmente colpito: Una è quella di Paolo Censabella, che per oltre vent’anni, in veste di sindacalista, di consigliere comunale e di assessore, si è battuto con tenacia, intelligenza e spirito di sacrificio. Mi sento proprio di rivolgergli un grazie sincero da cittadino. La seconda è quella di Pippo Nicotra: anche lui ha condotto anni di battaglie e per il nuovo ospedale e per il centro coronarico a Lentini.
La terza figura è quella dell’onorevole Guido Grande. L’uomo che più di ogni altro sognò, lavorò, combatté per la realizzazione di questo Ospedale.
Egli fu il presidente dell’allora Unità Sanitaria Locale di Lentini che firmò la prima delibere dell’86 da cui tutto ebbe inizio.
E colgo questa occasione per ricordare, soprattutto ai più giovani chi fu Guido Grande., scomparso, ahinoi, nel 2000.
Era nato nel 1929. Fin da ragazzino mostrò grande vivacità, forza di carattere, personalità. Scelse subito da che parte stare: con i suoi compagni di lavoro, di peripezie, di difficoltà. Già nel 1948, non ancora ventenne si distinse nella breve ma gloriosa stagione dello sciopero a rovescio, che culminò con gli scontri e gli arresti della Vaddara. Da allora fu sempre in prima fila in tutte le battaglie per il lavoro, per un salario dignitoso, per la giustizia sociale, per la dignità dei braccianti. Fu segretario della Camera del lavoro di Lentini e poi della CGIL provinciale. Nell’86 fu eletto deputato regionale per il Partito Comunista, partito a cui rimase legato tutta la vita. Erano tempi, quelli in cui ci si legava ad un partito per ragioni ideali e lui fu sicuramente un esempio di coerenza, fedeltà, disinteresse, ed onestà. Fu più volte segretario della sezione del suo partito, consigliere comunale ed assessore. Nell’84 fu eletto Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’USL. Oltre che alla costruzione del nuovo ospedale il suo nome fu legato all’altra grande opera pubblica degli ultimi decenni: l’invaso del Biviere anche allora, come adesso per l’ospedale, vi furono grandi movimenti cittadini per chiedere la realizzazione dell’opera. Ed anche in quelle esaltanti battaglie Guido Grande fu sempre in testa. Era un bell’uomo e aveva una voce che incantava. Non aveva titoli di studio ma insegnò molte cose a tutti quelli che entrarono in contatto con lui. La sua intuizione e la capacità di cogliere cuore delle questioni erano note a tutti. Per tanti di noi più giovani di lui rimangono indimenticabili le notti, dopo le riunioni, trascorse in piazza a sentirlo raccontare vecchie storie di partito e di Lentini che egli ricordava con precisione e di cui sottolineava sempre gli aspetti più importanti, più comici o più drammatici. A volte, all’alba, andavamo in un forno soprafiera a fare colazione con pane caldo condito con olio, sale e peperoncino. Talvolta si accompagnava a noi Alfio Antico.
Si potrebbe dire che gli ultimi anni della sua vita li trascorse aspettando la nascita del nuovo ospedale con l’apprensione di un padre che aspetta la nascita di un figlio.
Spero di non andare più in un ospedale, ma se capiterà di andare in quello di Lentini, a chi mi chiederà dove mi trovo risponderò “all’Ospedale di Guido Grande”.

venerdì 14 ottobre 2011

LENTINI CITTA’ DEL LIBRO

In quale altro modo potrebbe definirsi una città che si mobilita in tutte le sue espressioni per una giornata del libro e della lettura, se non “Città del libro”?
L’idea di regalare un libro ad ogni quindicenne della città ha raccolto molte adesioni sia tra i lentinesi che tra gli emigrati e addirittura tra molti non lentinesi, anche stranieri. Ad essi, durante un incontro tenutosi all’Archivio Storico il 12 ottobre, si sono aggiunti l’Archeo Club, il Kiwanis Club, l’AIDO, la FIDAPA, il Coordinamento per lo Sviluppo Sostenibile, l’Istituto per Ragionieri, l’associazione Manuela e Michele. Altri istituti scolastici hanno già anticipato che aderiranno a giorni.
Chiunque può partecipare a questa grande festa che ha l’obbiettivo di contribuire alla crescita culturale della città attraverso la diffusione del libro tra i giovani e l’incentivazione della lettura. Basta portare uno o più libri di proprio gusto alla Biblioteca Comunale con una dedica e la propria firma, entro il 23 di ottobre. Il 10 novembre nell’Aula Consiliare si incontreranno tutti gli adulti che avranno regalato i libri ed i giovani nati nel ’96, a cui i libri saranno consegnati. Sicuramente ci saranno ospiti importanti del mondo letterario, giornalistico istituzionale.
Nessuno deve versare denaro, nemmeno il Comune, il cui patrocinio è gratuito.
Da molte personalità e da operatori culturali di diverse parti d’Italia sono giunti apprezzamenti e richieste di riprendere l’idea. È stato costituito un Comitato Promotore di cui, oltre a Tocco, fanno parte la presidente provinciale dell’AIDO, insegnante Maria Concetta Sambasile, la scrittrice professoressa Brunella Li Rosi, la professoressa Giusy Milanesi, l’ex sindaco Elio Magnano, il professor Paolo Ragazzi, i signori Bruno Gullotta e Salvatore La Fata.
C’è ancora tempo e spazio per tutti coloro, cittadini, insegnanti, studenti, genitori di quindicenni che vogliono partecipare regalando “un libro per migliorare la città”.

domenica 9 ottobre 2011

Verso il futuro

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1489


La settimana scorsa ha consegnato alla cronaca quattro dichiarazioni molto forti.
La prima è quella dell’elettorato che, con un milione e duecentomila firme per il referendum, laddove ne sarebbero bastate meno della metà, ha urlato in faccia al Governo e ai partiti che il sistema elettorale che li priva del diritto di scegliere non gli va proprio giù e che bisogna abrogarla
La seconda è quella del Presidente della Repubblica per chiarire che per il capo dello Stato non esiste n’Italia e una Padania, ma solo l’Italia, essendo quell’altra cosa un’invenzione che non sta né in cielo né in terra..
La terza è quella del presidente della Conferenza Episcopale, cardinal Bagnasco. Con questa egli rivolge un forte richiamo a chi ricopre cariche istituzionali e politiche importanti e in vista, ad una condotta seria, sobria, morigerata.
La quarta è la lettera aperta che l’imprenditore Diego Della Valle ha indirizzato ai politici italiani attraverso grandi spazi pubblicitari che egli stesso ha comprato sui maggiori quotidiani, per richiamarli all’efficienza, alla competenza, ai fatti.
Su tutti e quattro le dichiarazioni si sono fatti molti commenti.
Anch’io, nel mio piccolo vorrei dire qualcosa. Penso questo: Il Presidente della Repubblica ed il Cardinale hanno detto cose giustissime, quasi ovvie..
La Padania non esiste, la secessione è fuori dalla storia, chi rappresenta la nazione, grande parte della società ed è tanto in vista da costituire, volente o nolente, punto di riferimento per ampi strati della società, deve badare agli esempi che dà, agli insegnamenti che inevitabilmente indirettamente ne derivano. Ma tutt’e due le altissime personalità avrebbero potuto, o forse dovuto, fare un intervento di questo genere da nni. La Lega da anni è al governo di uno Stato che non sente suo e anzi dichiara di combattere, Berlusconi, a cui è innegabile che si riferisca Bagnasco, corrompe giudici e ragazzine da anni.
Della Valle, dal canto suo, quella lettura, con gli stessi argomenti avrebbe potuto scriverla due o tre anni fa.
I firmatari del referendum in altri tempi si sarebbero fermati attorno a 500 mila, non sarebbero andati con tanta gioia così oltre.
Allora mi pongo una domanda: Perché tutti questi eventi eccezionali in una sola settimana?
Secondo me perché chi ha buone antenne “sente” prima degli altri l’aria di temporale. Napolitano, Bagnasco, Della Valle e il milione di firmatari sentono che il regime, un’epoca, la seconda Repubblica, chiamatelo come volete. Sta crollando. E fra qualche mese verrà un’aria nuova, un mondo nuovo personale politico nuovo.
Loro non hanno parlato con ritardo, ma con anticipo, perché si sono rivolti non ai sopravvissuti di oggi, ma ai protagonisti di domani.

mercoledì 21 settembre 2011

Firmare con gioia

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1467


Oggi m trovo al Palazzo comunale. Sono venuto per firmare anch’io la richiesta per il referendum per l’abrogazione della legge elettorale vigente, chiamata Porcata da quel raffinato chi la scrisse e Porcellum da tutti gli altri
Sono arrivato al secondo piano e per me è stata una bella fatica. Ma sono felice e soddisfatto. Ancora c’è qualcosa da aggiustare nel mio fisico, ma come cittadino, come membro della comunità, mi sento integro. Ho fatto il mio dovere.
Non voglio dire che sia un dovere di tutti firmare per il referendum, ma per chi, come me, pensa che il sistema elettorale sia sbagliato, è giusto fare un piccolo sacrificio. Per se stesso, oltre che per l’intera collettività.
È questo un periodo in cui forse la parola più usata dagli italiani è “casta”. E la usiamo proprio per sottolineare il distacco, la lontananza non più tollerabile tra il ceto politico. A volte esageriamo facendo di tutta l’erba n fascio, ma spesso facciamo benissimo ad indignarci. Penso che se potessimo, tutti gli italiani, senza differenza di colore politico, faremmo in modo da togliere qualche privilegio alla cosiddetta casta. Ora si stanno raccogliendo le firme per potere decidere NOI cittadini se lasciare o togliere un enorme privilegio alla casta.
In democrazia, in qualunque paese democratico, almeno formalmente, sono i cittadini a scegliere i loro rappresentanti, In Italia, al contrario, non abbiamo neanche il diritto di scrivere un nome, di leggerlo, di pronunciarlo mentalmente.
Sono solo fatti loro.
Eh no! Non possiamo lasciare loro anche questo privilegio..
Ecco perché io sono felice dopo questa faticata.
Perché un giorno potrò dire: anch’io ho fatto qualcosa per eliminare un’ingiustizia.
Andate anche voi al vostro comune finché siete in tempo. E non pensate “tanto le cinquecentomila firme si raggiungeranno di sicuro”. Andate a firmare anche dopo che ne saranno state raccolte uno o due milioni, perché dovete firmare solo per raggiungere un risultato importante, ma anche per la vostra gioia, per la vostra soddisfazione, per tenere in allenamento la spirito libero che c’è in voi, per fare sapere che non ci state a subire senza parlare.

C’è un secondo invito che vorrei rivolgervi.
Venerdì 23 alle 18 all’Arena Santa Croce ci sarà un incontro tra i sostenitori del Progetto Lettura Lentini.
Di questo progetto ho già parlato: Gli adulti di Lentini regaleranno un libro a quindicenni per stimolare i giovani alla lettura, ma anche per assaporare il gusto del regalo di un libro e per essere protagonisti di un processo di acculturazione di Lentini.
È un’iniziativa tutta a carico dei cittadini, al comune sarà chiesto il patrocinio gratuito e qualche sostegno logistico.
I quindicenni di quest’anno, destinatari del libro in regalo, sono circa duecento, gli adulti che già hanno aderito all’iniziativa sono oltre 230.
Venerdì, quindi, la prima riunione per avviare tutta l’operazione. Tutti sono invitati a partecipare.
Anche per questo invito vale quanto detto prima. Non perdete l’occasione di gustare quant’è dolce dare qualcosa per la propria comunità.

sabato 17 settembre 2011

Una risata per salvarci

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1456

c’è una bellissima fiaba di Andersen che ha per titolo GLI ABITI NUOVI DELL’IMPERATORE
Ve la voglio raccontare con parole mie, è molto breve.
C’era, in un paese del nord nel medioevo, un Re. Per certuni dei suoi sudditi egli era un buon re, per altri un cattivo re. Ma c’era un aspetto di questo re su cui le due fazioni non litigavano mai: la vanità. Sia i suoi sostenitori che i suoi denigratori erano d’accordo sul fatto che al mondo non c’era altro re vanitoso come lui.
Naturalmente il suo palazzo era frequentato da sarti, parrucchieri, gioiellieri, venditori di stoffe e forse anche chirurghi estetici e
trapiantatori di denti e di capelli.
Un giorno bussò al palazzo reale un sarto venuto da lontano. Portato al cospetto del sovrano, si presentò e gli disse
“Sire, sono venuto in possesso di una stoffa così preziosa che al mondo sole sua Maestà è degno di indossare.
“Ah, si?” disse il re “e cos’ha di speciale codesta stoffa?”
“E’ una stoffa che possono vedere solo le persone intelligenti” rispose il mercante “Se Sua Maestà indosserà un abito con essa confezionato potrà scoprire chi è intelligente e chi è sciocco, secondo se commentano il suo abito o se vedono le sue eccellenti nudità”
Il re ci pensò qualche minuto e decisa.
“Bravo, sarto. Mi piace. Ma ad una condizione: che nessun altro al mondo ne indossi uno uguale.” “Certo, maestà”
“Stai attento perché ne va di mezzo la tua testa.”
“Sono tranquillo maestà, nessuno al mondo vestirù mai un abito come il vostro. “
“Allora mettiti subito al lavoro perché domenica prossima ho una cerimonia pubblica e voglio indossare l’abito nuovo”
Il sarto richiese un appartamentino tutto per se, bene illuminato, il cui ingresso fosse vietato a chiunque.
Il re, come abbiamo detto era molto vanitoso e non resistette alla tentazione di parlare del suo nuovo vestito con la moglie, le figlie, il primo ministro, il primo cameriere, la prima guardia e il cappellano. Come fu e come non fu in quei pochi giorni la notizia si sparse in utto il reame.
La domenica mattina il Re uscì dal palazzo tutto impettito. Tutti a dire ma quant’è bello! Premurandosi di compiacere il re ma soprattutto di non far vedere agli altri di essere scemi. In quest’atmosfera gioiosa accade l’inimmaginabile: un bambino che nessuno aveva avvertito e che non aveva ragioni per apparire intelligente, con la sua vocina stridula cacciò un urlo, meravigliato: “Mamma, papà, ma perché il re è nudo? “
A quel punto scoppiò una risata generale. Tutti avevano visto che il re era nudo, ma nessuno voleva passare per sciocco e si fingevano ammirati di quella stoffa. Anche il re si era accorto di essere nudo, ma se lo avesse detto davanti a tutti quegli intelligentoni che figura avrebbe fatto?
In realtà era accaduto che il sarto aveva fatto un pessimo scherzo al re e tutti, chi per convenienza, chi per paura, lo avevano assecondato.
Il bambino non aveva paure né pensava a tornaconti e disse la verità.
Credo che oggi in Italia ci troviamo come in quel reame: Ci governano dei comici da avanspettacolo e cortigiani e avversari, per paura o per convenienza, non glielo dicono, Li trattano con rispetto e serietà. E in Italia va sempre peggio.
Vogliamo provare a vedere cosa succede se cominciamo a fare i bambini della fiaba e cominciamo a ridere, sghignazzare, spernacchiare ogni volta che aprono bocca?

SPORT E ALTRUISMO


SPORT E ALTRUISMO


C’è un legame strettissimo tra il mondo della sport e il mondo del volontariato, della donazione, dell’impegno sociale. Si direbbe che nel DNA degli sportivi, oltre a quello della lotta e della combattività sia sempre presente anche lo spirito della solidarietà e dell’altruismo. Potrei citare centinaia di casi e forse lo farò pure, ma per l momento voglio parlare di un paio di esempi che durante l’estate che sta per concludersi hanno attratto l’attenzione di molti.
A Noto ha avuto corso la terza edizione del Memorial Salvatore Rametta. Una gara dilettantistica molto partecipata, che ogni anno si disputa in memoria di Salvatore Rametta, giovanissimo ciclista netino tragicamente scomparso nel 2008, ad appena 15 anni.
Pur ancora adolescente, Salvatore aveva partecipato a diverse gare nelle categorie Esordienti ed Allievi e sempre si era distinto per i risultati conseguiti, per la sportività e per il sorriso che non perdeva mai. La sua ultima gara, quella in cui si compì il suo destino, la corse a Monterosso Almo, il 29 giugno di 3 anni fa. A tre giri dalla fine, una serie incredibile di coincidenze ed errori portò una macchina proprio sul tracciato della corsa. Vi fu un tremendo impatto, e Salvo lottò per nove giorni con tutte le sue forze per non lasciare la vita, la famiglia, il ciclismo. Dovette arrendersi quando aveva 15 anni e pochi mesi. I suoi familiari con grande lucidità e forza d’animo donarono i suoi organi ad altri che adesso combatteva vano per sopravvivere. Tre persone furono salvate da Salvatore. Ed ora quel meraviglioso ragazzino è ricordato dal mondo dello col Memorial di ciclismo in suo nome ed è adorato e conosciuto in tutta Italia come donatore che ha aiutato altre persone a vivere. Non fece in tempo a diventare campione ma diventò eroe.
Il diciassette giugno ultimo scorso, l’Associazione Italiana per la Donazione degli Organi, l’ultima e ormai per sempre Associazione di Salvatore, ha organizzato, all’Arena Santacroce di Lentini, un incontro per divulgare tra i giovani i valori i principi della donazione. Accanto al presidente provinciale, ins. Maria Concetta Sambasile, al presidente della sezione comunale, dott. Concetto Incontro e a decine di militanti e volontari, tra cui, come sempre spiccva Tonino Lieto, hanno dato preziosissimi contributi in termini organizzativi ed anche con esibizioni apprezzatissime, sia la sezione di Lentini dell’Unione Nazionale Veterani dello Sport, con i suoi rappresentanti Piero Risuglia e Filippo Muscio, che il Dojo Karate Shotokan del M° Gaetano Pisano e l’associazione sportiva Sol Latino del Maestro Piero Bosco, Il legame tra sport e altruismo continua

sabato 10 settembre 2011

Un bel libro: L'Etna, il vio, i mercanti, di Marco Leonzio

Ho appena letto questo libro. Ne sono incantato, Racconta l'epopea di una cittadina siciliana, capace di reinventarsi attorno alla produzione e al commercio del vino dell'Etna, di rischiare di sparire con la crisi del vino da taglio e di rinascere e fare rinascere l'economia di un'intera area attorno ad un progetto ancora più grande: la produzione di vini di qualità e la sua commerciallizzazione in tutto il mondo. Lo ha scritto uno storico, da storico, ma si legge come un romanzo (e si beve come un bel bicchiere di Etna rosso). Chiederò a Marco che he regali una copia per la Festa del libro e della Lettura
(Guglielmo Tocco)

Nel contesto della crisi agraria che dagli anni Ottanta del secolo XIX colpisce anche la Sicilia, l’economia del vino appare inizialmente in forte espansione in virtù dell’eccezionale domanda che proviene dalla Francia. Il piccolo centro di Riposto, naturale punto di convergenza e di esportazione dei vini prodotti nell’entroterra etneo, conosce momenti di straordinaria crescita sociale ed economica e l’ascesa di nuovi mercanti, e torna a sognare di dotarsi di un porto efficiente. Presto però una diversa congiuntura conduce ad un crollo verticale delle esportazioni con esiti devastanti per l’economia del territorio. Fra i produttori e i commercianti etnei matura allora una cultura della crisi che porta a un più stretto confronto con le scienze enologiche e con gli istituti di istruzione agraria e a una costante richiesta di migliori infrastrutture, mentre prende corpo l’idea di puntare, attraverso la realizzazione di vini di più alta qualità, su nuovi mercati esteri. (Dalla scheda dell'editore).

martedì 6 settembre 2011

La settimana delle parole perse

Dopo i giorni della merla e l’estate di S. Martino, quest’anno si è inaugurata la settimana delle parole perdute. È quella a cavallo tra agosto e settembre.
1. Tremonti: “Ora paghino anche i ricchi” Splendido no? Io non credo che accadrà, ma come confessione va benissimo. Ammesso che pagheranno, lo faranno solo ORA: Perché il governo è con le spalle al muro. “Scusate, non volevamo” . Ma poi, proprio coi ricchi, poverini. Lasciamoli in pace. Loro non ci sono abituati, cadrebbero in depressione. Loro fanno già tanta beneficenza: chiedete a Tarantini e Lavitola, a Ruby e alla D’Addario
2. Bossi: “L’Italia sta per affondare. Prepariamo la Padania”. Splendido esempio di reinterpretazione delle tradizioni marinare. Per secoli un comandante che aveva il minimo senso dell’onore rimaneva sulla nave che affondava, mentre i topi erano i primi a fuggire. Adesso questo onorevole comandante, al primo lontano segnale non di acqua ma di umidità, pensa subito ad una fuga da topi nella mitica Nazione Padania di prossima fondazione. Che magari resterà come i tre ministeri di Monza: tre stanzette vuote con i ritratti del Presidente Napolitano e del gran capo Bossi. A proposito, a quando una legge che proibisca questi accostamenti blasfemi?
3. Berlusconi: “In Italia sindacati, partiti politici di opposizione e giornalisti sono tutti criminali”. Il motivo? Con le loro critiche al governo scoraggiano i mercati: E le parole di Bossi, appena citate, invece incoraggiano gli investitori? E le sue stesse parole sulla presenza della criminalità sono le più adatte per incoraggiare gli investitori? Se è vero che tutti quelli che scoraggiano gli investitori sono criminali, loro due competono con Al Capone e John Dillinger.
4. Berlusconi bis: ”L’Italia è un paese di merda”. Questa non è stata pronunciata nella settimana delle parole perdute, ma ha fatto in tempo ad entrarci grazie alla pubblicazione di un’intercettazione telefonica. Ma è il fiore più rigoglioso di quel giardino, il più profumato, quello cresciuto proprio con l’alito amorevole di Berlusconi. Immaginavamo che un presidente del consiglio conoscesse l’Italia, ma ci sorprende che ci tanga a far sapere al mondo di essere esperto di escrementi. In ogni caso resta un dato di fatto incontestabile: questo è linguaggio da curva sud e da ubriaconi d’osteria. Roba da scrivere “vietato ai minori” all’inizio dei telegiornali dove potrebbe apparire costui.

venerdì 2 settembre 2011

RIDIAMOGLI IN FACCIA

Urge imparare a ridere. Anzi, a sghignazzare, a sbellicarsi, a scompsciarsi. La serietà, i visi contriti, non hanno risolto niente. Forse una risata sana, anche un po’ sguaiata, se vogliamo, uno sghignazzo, appunto, qualcosa combinerà. Probabilmente non li seppellirà, come diceva qualcuno, ma almeno li riporterà nella loro dimensione di attori da avanspettacolo.
Come si può non ridere in faccia a chi approva all’unanimità una manovra tutta ”lacrime e sangue” in Consiglio dei Ministri e, prima di portarla in Parlamento, la cambia quattro volte?
Come si può non ridere, fischiare, battere la mani quando appare Bossi, il quale fra un dito medio alzato ed una pernacchia, dice “nano” ad un altro ministro e dichiara che l’Italia sa affondando ed è meglio sbrigarsi a fare la Padania porto sicuro per i lumbard?
Noi siamo la terra di Totò, Eduardo, Sordi, Fo. Non possiamo prenderli sul serio.

PROFILO DI CRIMINALE TRACCIATO DA BERLUSCONI

È CRIMINALE CHI:
1. è iscritto ad un sindacato
2. è iscritto ad un partito che non fa parte del governo
3. è giornalista non dipendente da Mediaset, TG1, Libero Il Giornale
4. non è ricattabile
5. non ha mai avuto stallieri di nome Vittorio Mangano
6. non ha amici come Previti, Dell’Utri, Tarantini, Lele Mora
7. non ha mai pagato ragazze per farsi toccare
8. non ha mai corrotto giudici
9. non ha almeno dieci processi in corso
10. non è mai sfuggito a condanne grazie alle prescrizioni
11. non ha mai fatto leggi per accorciare i tempi dellE prescrizionI
12. non ha mai nascosto capitali all’estero
13. non ha mai fatto parte di logge segrete tipo P2, P3, P4
14. pensa che di merda siano alcuni politici e non l’Italia intera
15. non ha mai baciato la mano a Gheddafi


mercoledì 31 agosto 2011

Turi Vasile

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1442

Noi lentinesi abbiamo conosciuto Turi Vasile una quindicina d’anni fa.
Era già anziano ed aveva intrapreso da poco la sua attività di scrittore.
Grazie ai suoi libri abbiamo compreso tutto il suo amore per la Sicilia e per Lentini.
I suoi racconti, quasi tutti memorialistici parlavano di Bonvicino, di olive condite, di pane di Lentini, di insalate d’arance. I ricordi di quand’era fanciullo e trascorreva le estati con gli zii paterni.
E a quei racconti Lentini deve una piccola parte della sua notorietà in ambienti romani.
Vasile nacque a Messina nel 1922. Era figlio di un lentinese che si era arruolato nell’allora Regia Marina e era stato inviato a fare il guardiano di faro a Capo d’Orlando.
Nel 2004, mentre era Presidente dell’Istituto del Dramma Antico di Siracusa, .il Comune di Lentini gli conferì la cittadinanza onoraria,
In quell’epoca svolgeva anche un’intensa attività di giornalista, opinionista e critico letterario.
Ma, come dicevo, questa era la fase della sua vita, potremmo dire, post-lavorativa, questi dovevano essere, diciamo così, i passatempi del pensionato. E invece egli era ancora un vulcano in piena attività.
Perché dico “ancora”? Perché prima di allora, a partire da quando aveva circa vent’anni, era stato più che un vulcano.
Fu uomo di teatro a tutto tondo: autore di una ventina di opere, regista, attore, direttore della rivista “Sipario”, vincitore di diversi premi e concorsi.
Mentre viveva freneticamente questa sua esperienza, in Italia si affermava il grande cinema. Grandissimi registi come Rossellini, Visconti, De Sica. Comencini, diedero vita ad una stagione artistica senza precedenti e rimasta nella storia del cinema mondiale, con il Neorealismo prima e la Commedia all’italiana dopo.
Vasile era troppo vivace per restarne fuori.
Entrò nel mondo della celluloide, come si diceva allora, giovanissimo e per oltre trent’anni fu regista, sceneggiatore e, soprattutto, produttore cinematografico.
Come sceneggiatore lavorò a fianco di gente come Diego Fabbri e Suso Cecchi D’Amico e per registi come Zampa e Antonioni.
Come regista diresse anche Totò.
Dei film da lui prodotti ne ricorderò solo alcuni, giusto per dare un’idea della qualità. “Sedotta e abbandonata" di Pietro Germi, “Roma” di Federico Fellini, “I vinti” di Michelangelo Antonioni, “Pane e cioccolata” di Franco Brusati, “Anonimo veneziano” di Enrico Maria Salerno
A vario titolo, il suo nome è riportato nelle locandine di circa 160 film,
Ci vorrebbe ben altro spazio per fare un ritratto compiuto di Turi Vasile ma ho voluto parlarne lo stesso perché il 1° di settembre cade il secondo anniversario della sua morte.
Mi è sembrato doveroso e mi è piaciuto molto ricordarlo.
E non resisto alla tentazione di citare anche un particolare più intimo della fase finale della sua vita.
Egli stava già male da alcuni anni. Ma sua moglie, Silvana, stava molto peggio. Aveva bisogno di assistenza continua, notte e giorno. Turi non poteva lasciarla sola, resistette fino a che sua moglie non andò a riposare. Esaurito il suo compito nei confronti della donna amata, finalmente si lasciò andare. Morì appena tre giorni dopo Silvana, Aveva 87 anni..


sabato 27 agosto 2011

I giudici di New York

I giudici di New York hanno accertato due cose: una è che tra Strauss-Kahn e Ophelia (continuo a chiamarla così, anche se ormai la riservatezza sul suo conto è andata a farsi benedire) un rapporto sessuale c’è stato certamente; l’altra, che Ophelia è inattendibile, per cui le sue accuse non possono essere accolte.
Siccome quelli che lo dicono sono i giudici di New York, noi dovremmo credere loro
Io ho deciso di non crederli e di non credere che basti essere giudice di New York per essere imparziali, incorruttibili ed intelligenti. Può darsi che questi lo siano, ma non lo hanno dimostrato.
Non posso farci niente e mi limito a ragionare su Strauss-Kahn e sulle donne dell’occidente.
Strauss-Kahn. Non si scappa. I casi sono 3.
1. Il rapporto fu consenziente e gratuito e Ophelia ha messo in piedi questo ambaradam perché lo ha ricattato e lui non si è piegato.
In questo caso Kahn è un uomo assolutamente inaffidabile: è andato a letto con una sconosciuta senza sospettare di potere essere successivamente ricattato (ricordiamoci che stiamo parlando di quello che all’epoca dei fatti era uno degli uomini più potenti del mondo, presidente del FMI, e aspirante alla presidenza della Francia), né ha avuto l’abilità di gestire una situazione tutto sommato non difficilissima (o paghi o la denunci tu)
2. Il rapporto fu a pagamento e Ophelia lo ha ricattato perché pensava di fare la “grana” col fessacchiotto e al suo no lo ha denunciato.
Kahn è doppiamente inaffidabile: va con una prostituta che non conosce, non sospetta che una donna di malaffare potrebbe ricattarlo, e così via come sopra.
3. Il rapporto ci fu e fu frutto di violenza da parte del Kahn nei confronti di Ophelia
In questo caso Strauss-Kahn è un farabutto, uno stupratore criminale che non esita a rovinare la vita e la reputazione delle sue vittime pur di salvare se stesso.
In ogni caso rimane uomo rozzo, poco intelligente e inaffidabile.
E siccome il mondo è piccolo e l’Europa ancora di più, preghiamo che non vada a ricoprire un altro incarico di importanza planetaria come quello di prima o che addirittura non venga eletto presidente della Repubblica francese.

Le donne Occidentali.
C’è un ritornello ormai diventato stucchevole: “fino a prova contraria, tutti sono innocenti”. E perché tra quei “tutti” non c’è Ophelia? Perché è donna? Perché è nera? Perché è immigrata e analfabeta?
Ophelia è stata accusata di essere bugiarda e prostituta, Quindi inattendibile. Quindi senza diritto di difendere se stessa, il proprio corpo, la propria dignità. Accusata e condannata senza prove. Ora che le sue foto e il suo vero nome sono di dominio pubblico dovrà affrontare il resto della sua vita con quest’altro marchio in più.
“Ma tanto” si dirà “è solo una donna nera e immigrata di New York”
C’è un altro ritornello meno noto e meno stucchevole del primo. Dice:”Il battito delle ali di una farfalla in Brasile può trasformarsi in un uragano in Europa”
Le brave signore occidentali, anche quelle che quarant’anni fa si facevano chiamare “femministe”, credono ancora che il Brasile e la farfalla siano in un altro mondo. Ma per favore…

venerdì 19 agosto 2011

Alfio Antico

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1434

Ho ricevuto i saluti di Alfio Antico.
È di nuovo a Lentini.
In questi giorni di lui parlano tutte le riviste di musica ed i giornali cosiddetti generalisti. Da poco ha inciso un CD che sta riscuotendo molto successo.
La settimana scorsa ha tenuto un concerto a Milo. Non poteva lasciare la Sicilia per tornare a Ferrara, la città dove vive, senza passare da Lentini. Qui viene spesso per riempirsi gli occhi delle immagini dei suoi amici, i polmoni del profumo del pane di casa e le orecchie dei rumori delle strade dov’è nato e cresciuto e del nostro dialetto, che con lui è diventata lingua universale.
Niente di speciale, ma per lui sono tesori di cui non può fare a meno.
Perché non c’è altro lentinese così impastato di Lentinità come lui. Poi deve partire e quella riserva la trasforma in respiro e calore per i suoi tamburi.
I suoi tamburi non sono fatti solo di pelle di pecora e legno e di abilità manuale, ma anche del respiro di Alfio, dei suoi ricordi, del suo sorriso contagioso.
Lo ricordo da ragazzino in via Garibaldi. Appariva all’improvviso. Nessuno sapeva da dove spuntasse e dove andasse a dormire. Aveva sempre dietro un codazzo di suoi coetanei che lo adoravano, che volevano vederlo da vicino, rispondere al suo radioso sorriso. E lui non negava niente.
A volte aveva un tamburo e ad ogni dieci passi doveva fermarsi per fare vibrare i ragazzi che lo circondavano. Altre volte si esibiva con un bastone da pastore, che mulinava con la velocità del prestigiatore e la precisione dello schermidore. Era artista nato, artista a tutto tondo, un incantatore irresistibile, un folletto da fiaba.
Tra le sue arti magiche primeggiava la musica. La musica mai imparata, ma nata con lui. A che serviva studiarla se lui l’aveva nel sangue, nei muscoli, nelle ossa e nei nervi?
A che serviva imparare un’altra lingua se tutto ciò che del mondo lo interessava era racchiuso nel suo dialetto arcaico?
Un giorno apparve all’improvviso a Firenze . La piazza in cui si trovava era di bellezza commovente. Decise di dire a quei muri, a quelle statue, a quelle pietre, tutta la sua emozione. E lo disse col suo tamburo. Tutti i presenti restarono senza fiato. Uno sconosciuto gli chiese di andare con lui per suonare da professionista. Da lì nacque la collaborazione con Eugenio Bennato e la Nuova Compagnia di Canto Popolare. Poi con Peppe Barra, con Renzo Arbore, con Lucio Dalla, fino a Franco Battiato, Carmen Consoli, Fiorella Mannoia. Ha fatto concerti in tutta l’Italia, ma anche a Locarno, New York, Vancouver, Parigi, Londra e Los Angeles, a Buenos Aires, a Mosca e a Edimburgo.
Ma appena può lascia i nuovi amici dai nomi importanti, lascia la città in cui ha tenuto l’ultimo concerto, torna a Lentini.
Qui non racconta i sui successi, non parla di quei suoi amici e colleghi, non racconta di altre città. Qui va di corsa a cercare i compagni di un tempo e chiede a loro notizie su Lentini e fa mattino improvvisando poesie. E a tutti sorride e con tutti ricorda quella tale cena fatta solo di pane e olive, quell’altra fatta solo di pasta e cicoria, o quell’altra in cui il vino fu un po’ troppo.
Finalmente a Lentini, nel grembo materno.

lunedì 8 agosto 2011

Austerità per la sovranità

La crisi economica e finanziaria sta attraversando l’intero mondo capitalista occidentale e forse i piccoli interventi servono a poco.
Ma provo lo stesso una buona sensazione nell’apprendere che il Presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, ha avuto la prontezza e la forza di fare quello che da più parti ormai, e da tempo, si predica: un significativo taglio delle cosiddette spese della politica. A partire dal suo stipendio mensile e da quello dei suoi assessori e continuando con quelli degli alti funzionari, e con le disponibilità per le consulenze, fino alle auto blu.
Nessuno finirà sul lastrico, ma è giusto dargliene atto: Lombardo e la Regione Sicilia sono stati i primi a seguire l’esempio del Presidente della Repubblica.
A me piace molto che una fiammella si sia accesa e mi piace moltissimo che sia stata accesa in Sicilia, perché è la mia Regione e perché più a sud non si può.
L’estate è stagione di sogni E nessuno ci impedisce di sognare che a partire da domani una Regione al giorno faccia lo stesso. Ancora più bello sarà se entrò i prossimi 20 giorni anche il Parlamento e le province faranno la loro parte. Sarebbe un grande aiuto per l’economia, ma anche un gesto che potrebbe portare alla riappacificazione tra il Paese reale e quella che ormai viene definita Casta. Riappacificazione ormai improcrastinabile.
A volte da grandi crisi nascono nuovi stili di vita, nuovi asseti istituzionali, nuove idee per lo sviluppo.
Oltre trent’anni fa, Enrico Berlinguer parlava di Austerità. Non solo nei comportamenti di chi fa politica e come serietà e rigore morale nella gestione dei conti pubblici, ma anche come OCCASIONE per salvare il paese.
Oggi forse il nostro Paese, come tutti i Paesi capitalisti, dipende troppo dai prestiti di grandi investitori di cui si sconoscono nomi, provenienza, pericolosità. Ma se eliminassimo tutte le spese superflue, e sono tantissime, spenderemmo di meno e la nostra dipendenza dai cosiddetti mercati o da Stati stranieri sarebbe inferiore.
E comunque, in un Paese con un‘etica, ricco di morale e di valori si vive meglio che in un Paese dove circolano tanti soldi ma tutti prestati. Se poi quei soldi sono prestati da Paesi stranieri, come gli Stati Uniti di ieri o la Cina di oggi, prima o dopo chi li ha ricevuti può ricevere la “richiesta che non si può rifiutare” (basi militari, scelte di campo in politica internazionale, concessione di monopoli nelle tecnologie, ecc. si pensi alla Polonia al tempo di Bush jr).
Se questi rischi si debbono correre per la sopravvivenza, pazienza, ma se si corrono per mantenere altissimi stipendi e vitalizi, enti inutili, mance e prebende, chi governa dev’essere cacciato..
Insomma L’AUSTERITÀ può anche considerarsi una buona arma per per la difesa della SOVRANITÀ NAZIONALE, della libertà e della democrazia.



domenica 31 luglio 2011

Leontinoi

Oggi prendo spunto da una segnalazione del mio amico e prezioso infermiere Franco Di Mauro. Mi mostrava un articolo pubblicato su La Sicilia di sabato 30 luglio in cui si parlava del cosiddetto Parco Archeologico di Leontinoi.
Tralascio le questioni di attualità, immagino note a tutti, mentre mi sembra utile una riflessione.
È ormai dal 2005 che il Parco è chiuso al pubblico. Sporadicamente vi si è svolta qualche iniziativa.
È chiaro che tutto ciò ha a che fare con la crisi economica che stiamo attraversando, con i tagli occupazionali che riguardano oramai ogni settore della nostra vita, insomma, con difficoltà che vengono da lontano.
E tuttavia mi sento di dire che ancora più a monte c’è un equivoco che andrebbe sciolto.
Quasi sempre si misura l’importanza di un bene in relazione al ritorno economico (evidentemente, legato al turismo), ma, contraddittoriamente, la sua gestione viene lasciata totalmente in mano alla Sovrintendenza, la quale si occupa precipuamente, della ricerca, della conservazione e della valorizzazione del bene secondo la sua importanza scientifica, storica, documentale. Credo che da questa prima contraddizione qualche problemuccio, alla fin fine, nasca.
Ma c’è una contraddizione ancora più grande. Non tutti i beni ricadenti nell’area provinciale hanno la stessa importanza dal punto di vista scientifico. Non tutte le pietre portate alla luce raccontano brani di storia di uguale interesse.
Per portare un esempio banale e senza toccare neppure la straordinaria Siracusa, vogliamo mettere ciò che raccontano i blocchi di Leontinoi e ciò che racconta il teatro greco, il Bouleuterion, i resti del Tempio di Afrodite e i Santoni di Palazzolo Acreide?
Una sovrintendenza che ha la giurisdizione sugli immensi tesori di Siracusa, su quelli di Palazzolo Acreide e su Leontinoi, se si trova a corto di personale, cosa dovrà sacrificare per primo se non il Parco di Leontinoi?
Allora cosa si fa? Si ribalta tutto. Gli scavi di Leontinoi hanno messo in luce una pagina di storia che per noi che abitiamo questa contrade è di importanza fondamentale. La nostra storia non può essere gestita come una risorsa economica (comunque, non lo diventerà mai) né come un bene tra i tanti della provincia.
Quelle pietre raccontano la storia NOSTRA e noi abbiamo il dovere (e l diritto) di metterci qualcosa di NOSTRO, in termini economici, di volontariato e idee per fruizione.
Dovremmo inventare una soluzione nuova, un organismo che veda insieme, corresponsabili, la Sovrintendenza, la Provincia Regionale, i comuni di Lentini e Carlentini e le stesse popolazioni,attraverso le Associazioni più qualificate.
Non dobbiamo dimenticare che gli scavi di San Mauro furono avviati non solo per volontà delle scienza e delle istituzioni (Sovrintendenza, prof. Rizza, prof. Adamasteanu), ma anche per effetto della formidabile spinta di nostri concittadini (il Centro Studi, il prof. Ciancio, l’avv. Sgalambro, il geom. Carlo Lo Presti, l’ing. Carlo Cicero, ecc. ecc.)

martedì 26 luglio 2011

Città pulite, friarielli e brontoloni

Io non so prevedere se sarà moda passeggera o se durerà a lungo. Spero, comunque, che generi contagio ed emulazione.
Mi riferisco ai gruppi di volontari civici che sono nati a Napoli e a Palermo, dai nomi fantasiosi, come i “Friarielli ribelli”, programmatici, come i “CleaNap” o identificativi come “Palermo Indignata”.
Essi sono nati per fare il volontariato più difficile: ripulire le loro città.
Studenti, casalinghe, stranieri e pensionati, si danno appuntamento sul web, scelgono l’area su cui intervenire e danno vita ai loro “attacchi pulitivi”. Spazzano ben bene strade e piazze, cancellano le scritte sui muri, sistemano aiuole, piantano fiori, piantine e arbusti.
Dalle foto e dai video si vede quanto sono allegri, gioiosi, fieri di quello che fanno. Sarebbe bellissimo se facessero tendenza.
Forse è così che possono essere salvate le nostre città, con la partecipazione festosa degli abitanti..
D’altra parte la città è la casa di tutti. Le nostre mamme e nonne dei quartieri popolari lo sapevano bene: non aspettavano che il comune mandasse qualcuno a pulire le strade o i cortili di Sopra Fiera, San Paolo, Santa Maria Vecchia o Badia. Tutte le mattine, pulire all’esterno era semplicemente il completamento delle pulizie domestiche. E i loro quartieri brillavano.
A Lentini abbiamo avuto un periodo di crisi nella raccolta dei rifiuti e nella pulizia delle strade, Problemi tra la ditta appaltatrice, i suoi operai e il comune. Non mi aspettavo che qualcuno facesse qualcosa tipo i volontari di Napoli e Palermo, ma le critiche e le accuse al sindaco mi sono sembrate eccessive.
Adesso, con una nuova ditta incaricata, tutto procede benissimo.
Solo il settimanale La Notizia ha manifestato a titoli cubitali il proprio apprezzamento.
Gli ipercritici duri e puri non hanno aperto bocca.
Non è da loro che dobbiamo aspettarci la nascita di gruppi di “friarielli”.

Strane sensazioni

A me sembra che il 20 scorso in Italia sia accaduto qualcosa di importante;
l’accoglimento della richiesta di autorizzazione all’arresto di Alfonso Papa, il non accoglimento della richiesta riguardante Tedesco, l’ira di Berlusconi, la Lega non più alleato fedele e ubbidiente, la crisi di leadership di Bossi; e, nei giorni successivi, il rifiuto di dimettersi da senatore da parte di Tedesco, il caso Penati.
Tutta roba che fino a pochi anni fa avrebbe fatto scattare, almeno all’interno del popolo della sinistra, assemblee, riunioni, dibattiti conferenze e chi più ne ha più ne metta.
Oggi non è più tempo di raduni e incontri tra persone. Oggi i dibattiti si fanno sul web-
A Lentini non mancano maitre a penser impegnati su tutti i fronti del pensiero politico di sinistra. Seguo con interesse i loro argomenti: generalmente parlano di marciapiedi , di piante, di spazzatura. Nei momenti più alti si chiedono se il sindaco Mangiameli è di sinistra e si rispondono che no, quelli di sinistra sono loro e conoscono bene le caratteristiche di chi lo è.
Li ho seguiti convinto che si occupassero di quei temi solo perché il mercato non offriva altro.
Dopo quel rumoroso 20 luglio, però, il loro silenzio mi lascia molto perplesso. Non vorrei che essi sono capaci di ragionare solo di quelle cose e neppure si accorgono di quanto stia a accadendo dieci metri fuori dal perimetro lentinese. Significherebbe che ho perso troppo tempo a seguirli.

lunedì 18 luglio 2011

Il draamma e le farse

La settimana appena trascorsa è stata caratterizza dalla manovra economica.
Su tutti i media hanno campeggiato titoli su uno o l’altro aspetto che la riguardava.
Non starò qui ad elencare le cose che tutti sanno, dai tagli, al peso del Presidente della Repubblica, al ruolo giocato dall’opposizione, ecc. ecc., Probabilmente entrerà nella storia come una delle più pesanti. Certamente dà il senso di una situazione che tutti hanno definito drammatica.
Ebbene, mentre si viveva questo momento di altissima tensione, proprio nelle stesse ore, ci è toccato di assistere ad una farsa, recitata da soggetti che dovevano, invece, trovarsi a recitare nel dramma.
Mi riferisco ai rappresentanti della Lega Nord al governo e in particolare quell’uomo coi pantaloni rossi e il ghigno da jocker, che ancora insistiamo a chiamare ministro, il Calderoli. Senza vergogna e senza alcuna concessione all’intelligenza, quell’alieno ha finto di trasferire.,come dichiara sorridendo, tre ministeri a Monza.
Naturalmente non è vero, ma lui alle barzellette preferisce questi scherzi, così per ridere un po’. E per prendere in giro i suoi elettori. Ma i soldi che ha speso, quelli sono veri e sono stati sottratti dalle casse dello stato italiano, quello di tutti e non dei cosiddetti padani.
Altri soggetti, di peso ben maggiore, sempre nei giorni “delle lacrime e del sangue” portavano sulla scena il psicodramma dal titolo “Alfonso Papa, mon amour”. Berlusconi è come impazzito: chiasma, convoca, raduna, invita a cena per convincere tutti i suoi uomini e quelli di Bossi a “salvare il soldato Papa”. Attenzione, non perché ritenuto innocente, ma perché il suo arresto potrebbe costituire un pericoloso precedente..E non dice per chi il precedente potrebbe costituire un pericolo. La sua spalla, stavolta esilarante più che mai, è il solito Bossi: una mattina si alza e dice “noi siamo alleati fedeli, voteremo contro le manette a Papa”. La mattina dopo appena sveglio, raduna i giornalisti per dire “Papa deve andare in galera”, la mattina successiva si affretta a dichiarare che l’arresto di Papa non sarebbe cosa giusta. Forse dipende dalla qualità del vino che beve la sera., sempre diverso. .Il nostro problema è che questi pessimi attori a tempo perso governano anche l’Italia.
Del’orrore di una classe politica che mentre taglia pensionati ed impiegati, inserisce ticket sanitari e super bolli, rosicchia ancora un po’ di speranze e futuro a giovani e meno giovani, non sfiora neppure i costi della politica e i privilegi di politici non ne parlo. Aspettiamo il dibattito in parlamento per capire chi sono gli alieni, gli stranieri, i clandestini messi là per fare loro interessi e chi sono, se ce ne sono, i rappresentanti del popolo.

giovedì 14 luglio 2011

DA LENTINI A SIENA, di SIMONA TOCCO

Questo dovrebbe essere un breve racconto della mia esperienza e delle mie impressioni a “Se non ora, quando”, la grande manifestazione tenutasi a Siena il 9 e 10 luglio scorso, nella quale donne di tutta Italia si sono radunate per gridare ed esternare le proprie problematiche e per rivendicare i propri diritti, calpestati e volutamente dimenticati nell’Italia di oggi.

In realtà il mio punto di vista è particolare, essendo io parte del comitato “Archeologhe che (r)esistono”, ed è di questo che parlerò, e di come ci sono arrivata e che cosa noi siamo.
Quando mi è saltato in mente di partecipare, dal profondo sud, a questa manifestazione, avevo appena preso un incarico, breve, ma per me dal significato simbolico importantissimo, nella mia città, Lentini. Per me era la prima volta che lavoravo, retribuita, in Sicilia. Lo avevo già fatto, ma in altre regioni.; qui solo scavi a titolo gratuito, non lavoro. Stavo per partire per il nord e mandare al diavolo tutto, e invece mi chiamano qui. Ritrovo l’amore per la mia terra, non solo nel senso di luogo di appartenenza, ma per la terra in senso stretto. La “mia” arenaria, quella in cui sono cresciuta. Le necropoli che ho studiato, i luoghi sui quali ho fatto la mia tesi di laurea. Due giorni di lavoro e cambia tutto. Ho deciso, senza rendermene conto, che era qui che volevo restare, e che questo era il mestiere che più amavo al mondo, nonostante le avversità.
Nel frattempo, un gruppo, su Facebook, a cui avevo preso parte sin dall’inizio, quasi per gioco, comincia a crescere. Si chiama “Archeologhe che (r)esistono”, e raccoglie sempre più adesioni da ogni parte d’Italia. E’ nato a seguito della manifestazione “Se non ora, quando?” Del 13 febbraio scorso a Roma, e si propone di riunire tutte le donne che esercitano questo mestiere meraviglioso e difficilissimo, e che vogliono farsi vedere ed ascoltare.
In Italia il 70 % degli archeologi è donna, ma questo non significa che noi siamo visibili e con un peso sociale e politico. Non abbiamo un albo, non siamo riconosciuti come categoria professionale, i nostri contratti sono spesso fra i peggiori. La massima aspirazione è rientrare nella categoria degli impiegati nel settore dell’edilizia, per usufruire quantomeno di indennità di rischio e di usura, per un lavoro che in cantiere è fra i più logoranti. In genere però, i nostri contratti sono co.co.pro., a prestazione occasionale o con partita iva, e senza un tariffario unico per tutti. In un lavoro nel quale si sta perlopiù in cantieri, e per cui se ad esempio piove non lavori e non percepisci stipendio, questo tipo di trattamento contrattuale è assolutamente deleterio. Una donna che fa questo mestiere è ancora più penalizzata: spesso, benchè altamente specializzata, svolge le stesse mansioni fisiche degli operai, con meno diritti, come quello ad esempio di un bagno chimico, spessissimo assente nei cantieri, e con più rischi. La gravidanza è un tabù, tante colleghe sono costrette a lavorare fino all’ottavo, nono mese, pena la perdita delle giornate lavorative.
Il nostro movimento stava crescendo, e si iniziava a pensare a cosa fare a Siena. Avevamo deciso di esserci, e di portare a conoscenza di tutti la problematica nostra ma anche quella dei nostri colleghi maschi. E a questo punto mi contatta Astrid D’Eredità, la nostra splendida coordinatrice. Io c’ero sin dall’inizio, ma non avevo valutato la possibilità di parteciparvi attivamente. Mi ritrovo fra le fondatrici senza quasi rendermene conto, e capisco che non è un caso. Ci si inizia ad organizzare per Siena, e da un momento all’altro, decido di andarci anche io... sono un’archeologa, anche io ho faticato tanto per esserlo, e se c’è da rivendicare dei diritti voglio farlo anche io!
Il 9 luglio per me è stata una giornata esaltante. Ero partita il giorno prima da Catania, per Roma, e casualmente ero sullo stesso volo di un gruppo di donne del comitato SNOQ di Siracusa. E’ stata una festa ritrovarci insieme. La mattina dopo, un altro gruppo di donne fantastiche, del comitato di Roma, mi offre un passaggio dalla capitale a Siena. Sentire i loro discorsi, il loro entusiasmo lungo la strada, la condivisione degli stessi sogni, sebbene fossimo di età diverse, delle stesse aspettative e visioni della vita, mi ha galvanizzata e fatto capire come stessi per prendere parte a qualcosa di grande, che ci univa al di là delle provenienze e delle professioni di ognuna di noi. Una volta arrivate a Siena, l’incontro con le mie colleghe “(r)esistenti”. E’ stato un ritrovarsi senza conoscerci, un sorridere, abbracciarci e dirci quanto eravamo state brave a venire fin lì, chi dalla Puglia, chi da Roma, chi dalla Sardegna, dall’Abruzzo, dal Trentino. Ci siamo messe una maglia, che una collega aveva disegnato, con il nostro logo, uno striscione con il nostro nome sorretto da delle figurine stilizzate di archeologhe, e siamo andate. In una bottega di Piazza del Campo, la proprietaria guarda la mia maglia, mi dice che è orgogliosa di noi che stiamo andando a dire la nostra, e mi restituisce i soldi dell’acqua che avevo comprato: è un piccolo contributo, aggiunge, ma anche io voglio offrirvi qualcosa!
Piazza Sant’Agostino, luogo scelto per la manifestazione, gremita di donne...se ne conteranno circa duemila. Di tutte le età, di tutte le estrazioni sociali e provenienze. Striscioni rosa ovunque, e tanti sorrisi. Per tutto il giorno si susseguono interventi di 3 minuti ciascuno, di vari comitati: ricordo quello di Locri, che si batte per la legalità in una terra così difficile; l’intervento di una ragazza di Gela, che abita a Roma perchè lì ha trovato lavoro, ma che rivendica a gran voce il proprio sacrosanto diritto a diventare un giorno madre anche lei, in questo paese che non ti permette di sognare un futuro “normale”; la giovanissima e bella rappresentante della rete dei licei, che afferma che la donna deve avere coscienza sin da giovane del valore del proprio corpo e della propria persona in quanto tale, e non in quanto oggetto sessuale, ma soggetto. Prima di noi hanno parlato le donne di SNOQ Siracusa, che hanno fatto proposte concrete, per l’assistenza alle donne vittime di violenza e abusi, e alle madri che spesso, dopo il parto, vengono lasciate sole. Ci sono stati moltissimi interventi, di volti noti, applauditi o fischiati, ma io ricordo soprattutto i sorrisi e la grande forza calma che emanava la piazza.
Poi siamo salite noi sul palco, tutte insieme. Davanti c’era Astrid, un fiore delicato pieno di forza e di passione, con in mano un caschetto da cantiere simbolo del nostro mestiere. E noi eravamo con lei, e permettetemi di dirlo, siamo state grandi. Eravamo incazzate ma gioiose di essere lì, e di esistere, e di resistere. Abbiamo raccontato i nostri problemi con un breve video girato da alcune di noi, amaro ma allegro. Astrid ha parlato brevemente di chi siamo, della passione che ci vuole per fare questo lavoro stupendo ma difficile e terribilmente logorante, fisicamente e psicologicamente, pieno di responsabilità, frustrazioni ma anche gratificazioni. Quando ci ha presentate ha detto: “Siamo qua, siamo venute da Lentini al Trentino, dalla Sardegna, dalla Puglia, all’Abruzzo”. Proprio così, Lentini, senza provincia e senza regione. In quel momento ho compreso che il mio viaggio da così lontano era una simbolica chiusura di un cerchio, fatto di voglia di andarmene e tentazione di cedere al lamento e alla rassegnazione. E se ne apriva un altro. La nuova sfida sarà a quanto pare a novembre, quando ci riuniremo tutte per fare il punto della situazione e vedere che cosa abbiamo fatto di concreto e quali progetti abbiamo realizzato. La nostra azione sarà di essere noi le portavoce dei diritti dei nostri colleghi, maschi o femmine che siano, e di prenderci noi in prima persona la responsabilità di questo. La mia azione, il mio nuovo cerchio, si apre in Sicilia, a Lentini, da dove è partito tutto e dove io avrò il dovere e il piacere di restare, e seminare i fiori del cambiamento nella MIA terra.

FESTA DEL LIBRO E DELLA LETTURA

Immaginate che in una città gli adulti (professionisti, imprenditori, operai, impiegati, pensionati, casalinghe) decidano di fare qualcosa perché i loro giovani concittadini leggano di più, perché circolino più libri, perché un libro in regalo sia considerato un regalo importante.
Immaginate che ognuno di questi cittadini per raggiungere tale scopo sia disposto a regalare un libro ad un a ragazza o un ragazzo sconosciuto.
Immaginate che la città sia Lentini e che questo accada ogni anno con una cerimonia gioiosa, all’Odeon Lo Presti, e con la partecipazione di scrittori nazionali e locali e che durante la cerimonia un adulto legga un brano del suo libro e un ragazzo continui la lettura. Non credete che sarebbe una
GRANDE, UNICA, BELLISSIMA
FESTA DEL LIBRO E DELLA LETTURA?
Per dare vita a questa splendida avventura ci vuole poco.
Cominciamo con l’aderire all’Associazione virtuale
PROGETTO LETTURA LENTINI

1. Donne e uomini adulti di Lentini, di qualsiasi professione ed estrazione sociale, danno vita ad un’Associazione che ha lo scopo di promuovere la lettura e la diffusione del libro nella loro città
2. Per raggiungere tale fine, ognuno degli associati, ogni anno, offrirà un libro. I libri saranno donati a tutti i ragazzi che in quell’anno compiranno 15 anni.
3. Il passaggio del libro e l’invito alla lettura avverrà durante una cerimonia pubblica con la partecipazione del Sindaco e dell’Assessore alla cultura e la testimonianza di autori lentinesi e nazionali l’ultima domenica di ottobre.
4. L’Associazione è aperta anche a Lentinesi non residenti a Lentini, a cittadini italiani o stranieri a enti pubblici o privati e ad aziende, ad associazioni e club service che ne condividono lo spirito e vogliono contribuire alla realizzazione del PROGETTO LETTURA LENTINI.

PROGETTO LETTURA LENTINI è su FACEBOOK. Chiedi l’amicizia
oppure scrivi a me stesso dichiarando che vuoi aderire.