Un anno dopo i fatti della Vaddàra, il 29 ottobre del 1949, a Melissa, allora in provincia di Catanzaro ora in provincia di Crotone, alcune decine di braccianti, spinti anche loro dall’estremo bisogno e convinti di applicare la legge, occupavano un fondo incolto di proprietà del barone Filingieri, in contrada Fragalà. Questa volta le forze dell’ordine non vollero correre rischi: spararono quasi immediatamente sui lavoratori. Rimasero sul terreno, uccisi, un ragazzo di 17 anni, una ragazza di 25 e un giovane, sposato e padre, di 33 anni, oltre a decine di feriti. Il sacrificio dei braccianti di Melissa non è mai stato dimenticato dai loro concittadini e dal movimento bracciantile e contadino italiano. Né può considerarsi vano, giacché il clamore della strage di Melissa portò sotto i riflettori le dure condizioni dei lavoratori della terra e le posizioni egoistiche e reazionarie di gran parte dei grandi proprietari terrieri, che erano anche la spina dorsale del potere politico italiano dell’epoca. A parte il tragico epilogo, sono molti i punti in comune tra i fatti della Vaddàra e quelli di Melissa, prima di tutto il contributo di idee, la volontà di emancipazione, la determinazione nel rivendicare giustizia sociale che costrinsero il Governo a promulgare la Legge di Riforma Agraria del 1950.
L’Associazione “Amici di Iacopo” (Guglielmo Tocco, Luigi Boggio, Elio Magnano) ha avviato una serie di iniziative che si concluderanno con il gemellaggio tra Lentini e Melissa.
Giovedì 29 ottobre, a Melissa si terranno delle manifestazioni in ricordo della strage di 60 anni fa. L’Amministrazione Comunale e l’Associazione “Amici di Iacopo” sono state invitate a partecipare con una delegazione.
domenica 25 ottobre 2009
martedì 20 ottobre 2009
61 anni fa i fatti della Vaddàra
Il 19 ottobre del 1948 Lentini e i Lentinesi scrissero una delle pagine più intense della lorostoria.
Si era da poco usciti dalla guerra e non si riusciva a fronteggiare adeguatamente la fame e la disoccupazione. Da circa un anno era in vigore il decreto sull’imponibile di manodopera, che avrebbe dovuto spingere i proprietari terrieri ad eseguire i lavori necessari sui terreni agricoli, ma una forte e generalizzata resistenza ne impediva la piena applicazione. I braccianti lentinesi, spinti dal bisogno e guidati dalla Federterra, da alcuni giorni cercavano di costringere i proprietari all’applicazione del decreto andando a lavorare abusivamente negli agrumeti bisognosi, dato il momento, di zappatura (sciopero a rovescio). La mattina del 19 ottobre, dunque, circa 85 lavoratori disoccupati scavalcarono i cancelli di una delle proprietà del barone Beneventano, in contrada Reina-Vaddara, e iniziarono a zappare. Verso le 10,30, su richiesta del proprietario sopraggiunse un nutrito gruppo di poliziotti e carabinieri per identificarli e mandarli via. L’arresto immediato e, a parere dei lavoratori, ingiustificato del dirigente delle Federterra Mario Strano (successivamente deputato all’ARS) diede vita ad una vibratissima protesta che man mano degenerò fino a diventare scontro fisico tra braccianti e forze dell’ordine. Vi furono diversi feriti da una parte e dall’altra e altri arresti. I lavoratori nella stessa mattinata inscenarono una violenta protesta presso il Municipio dove i registrarono il ferimento del sindaco Filadelfo Castro e dell’assessore Severino Ielo e vari danni a porte e vetrate. Alla fine centinaia di persone denunciate, processate e condannate.
I fatti misero in luce lo straordinario senso di solidarietà del popolo lentinese in due modi: nella stessa mattinata degli scontri centinaia di braccianti che lavoravano regolarmente ingaggiati nei fondi vicini a quello di Benventano lasciarono il lavoro per sostenere i loro compagni (per questa ragione i denunciati furono molto di più dei lavoratori abusivi); nei mesi successivi i 240 denunciati latitanti furono ospitati da famiglie di parenti ed amici; tenuto conto della necessità di cambiare spesso “rifugio”, si può calcolare che le famiglie solidali con i braccianti furono almeno un migliaio (Lentini all’epoca contava circa 6.000 famiglie)
Si era da poco usciti dalla guerra e non si riusciva a fronteggiare adeguatamente la fame e la disoccupazione. Da circa un anno era in vigore il decreto sull’imponibile di manodopera, che avrebbe dovuto spingere i proprietari terrieri ad eseguire i lavori necessari sui terreni agricoli, ma una forte e generalizzata resistenza ne impediva la piena applicazione. I braccianti lentinesi, spinti dal bisogno e guidati dalla Federterra, da alcuni giorni cercavano di costringere i proprietari all’applicazione del decreto andando a lavorare abusivamente negli agrumeti bisognosi, dato il momento, di zappatura (sciopero a rovescio). La mattina del 19 ottobre, dunque, circa 85 lavoratori disoccupati scavalcarono i cancelli di una delle proprietà del barone Beneventano, in contrada Reina-Vaddara, e iniziarono a zappare. Verso le 10,30, su richiesta del proprietario sopraggiunse un nutrito gruppo di poliziotti e carabinieri per identificarli e mandarli via. L’arresto immediato e, a parere dei lavoratori, ingiustificato del dirigente delle Federterra Mario Strano (successivamente deputato all’ARS) diede vita ad una vibratissima protesta che man mano degenerò fino a diventare scontro fisico tra braccianti e forze dell’ordine. Vi furono diversi feriti da una parte e dall’altra e altri arresti. I lavoratori nella stessa mattinata inscenarono una violenta protesta presso il Municipio dove i registrarono il ferimento del sindaco Filadelfo Castro e dell’assessore Severino Ielo e vari danni a porte e vetrate. Alla fine centinaia di persone denunciate, processate e condannate.
I fatti misero in luce lo straordinario senso di solidarietà del popolo lentinese in due modi: nella stessa mattinata degli scontri centinaia di braccianti che lavoravano regolarmente ingaggiati nei fondi vicini a quello di Benventano lasciarono il lavoro per sostenere i loro compagni (per questa ragione i denunciati furono molto di più dei lavoratori abusivi); nei mesi successivi i 240 denunciati latitanti furono ospitati da famiglie di parenti ed amici; tenuto conto della necessità di cambiare spesso “rifugio”, si può calcolare che le famiglie solidali con i braccianti furono almeno un migliaio (Lentini all’epoca contava circa 6.000 famiglie)
mercoledì 7 ottobre 2009
Finalmente una prepotenza andata male (per lui)
Questa è una bella giornata. Quando a un malandrino non riesce una prepotenza è sempre una bella giornata per tutti. E se quel malandrino si chiama Berlusconi, con tutto il potere politico ed economico, con tutti quegli avvocati e quei leccapiedi che si ritrova attorno, bisogna fare due cose: inviargli una bella, lunga, stereofonica e sincopata pernacchia e andare a cena fuori. La prima l'ho fatta, la seconda la farò fra poco.
Saluto tutti con un sorriso, stasera l'italia mi sembra un po' più bella.
Saluto tutti con un sorriso, stasera l'italia mi sembra un po' più bella.
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