venerdì 28 settembre 2012

Conta la musica



Conta la musica

Metti insieme un deliziosissimo libro, due geniacci, quattro musicisti di vaglia, due splendide voci e due grandi promesse del teatro.
Ne viene fuori una miscela esplosiva che non lascia scampo.
Chi è stato presente all’arena Santa Croce martedì sera è rimasto inchiodato alla poltroncina anche dopo la fine. E di sera tardi la temperatura non era certo altissima.
Il libro è “Conta la musica”, scritto da Claudio Buccheri, un avvocato lentinese che vive a Catania (questo è il secondo della sua giovane carriera di scrittore, il primo è stato “Riflessi d’argento su blu cobalto”).
Un libro scoppiettante, pieno di brio e di trovate: la storia, raccontata in prima persona, di un giovane avvocato “per caso” che detesta amabilmente la propria professione che ormai non può cambiare (forse per eccesso di pigrizia). E siccome certi incontri li fa solo chi li sa raccontare, i suoi clienti (ma anche i suoi amici e le sue donne) sono tutti un po’ stravaganti: qualcosa a metà strada tra i clienti della pensione del nipote di Totò nel “Medico dei pazzi” e i protagonisti di “I civitoti in pretura”. Egli li osserva tutti con grande bonomia e il disincanto di chi si sente in quello studio di passaggio. E siccome la sua vera (e unica) passione è la musica ad ogni incontro professionale non può fare a meno di assegnare una colonna sonora, un brano musicale scelto tra quelli che conosce (e sono tanti) e che canticchia nella sua mente mentre i suoi clienti si impegnano in vere e proprie performance per convincerlo delle loro innegabili ragioni e per interessarlo anche dal punto di vista emotivo.
I geniacci sono Giuseppe Cardello, poeta, cuntastorie e regista e Salvo Amore musicista e compositore sopraffino, i quali hanno ideato una presentazione del libro a dir poco creativa, nel senso che hanno messo in piedi un’altra opera d’arte e fortunata, figlia dello libro e della musica.
I musicisti, oltre allo stesso Salvo Amore ore, sono talenti notevolissimi: Luca Aletta, compositore, pianista e fisarmonicista, Stefano Cardillo, bassista, Alessandro Borgia, batterista.
Il canto è affidato a Pippo Cardello,a Simona Sciacca e Rachele Amore.
Le voci recitanti sono quelle di Ginevra Cicatello e Nicolò Lasciato giovanissimi e molto promettenti attori. Nicolò canta anche alcuni brani, mentre il maestro Cardello fa quasi tutto, tranne che danzare: regista, sceneggiatore, narratore, cantante. A Ginevra e Nicolò sono particolarmente legato per avere avuto in passato qualche esperienza in comune difficile da dimenticare.
La serata si è svolta martedì 25 settembre, e un’altra volta aveva avuto luogo nella primavera scorsa nel salone del Sant’Alphio Palace. Io, però continuo a parlarne al presente. Lo faccio proprio perché non si tratta più della presentazione di un libro, bensì, come dicevo prima, di u’opera letteraria musicale nuova e con una sua vita autonoma. Un’opera non cessa di esistere dopo essere stata rappresentata una, due o dieci volte: esiste e basta.
Prima di chiudere, voglio ricordare l’assessore Nuccia Tronco, se posso dire così, madrina di questa creatura , giacché l’ha sostenuta, incoraggiata, per qualche verso anche suggerita.
Con buona pace di chi continua a dire che Lentini è una città moribonda, se non addirittura morta.
A me questa città mi piace.

Conta la musica


  
Metti insieme un deliziosissimo libro, due geniacci, quattro musicisti di vaglia, due splendide voci e due grandi promesse del teatro.
Ne viene fuori una miscela esplosiva che non lascia scampo.
Chi è stato presente all’arena Santa Croce martedì sera è rimasto inchiodato alla poltroncina anche dopo la fine. E di sera tardi la temperatura non era certo altissima.
Il libro è “Conta la musica”, scritto da Claudio Buccheri, un avvocato lentinese che vive a Catania (questo è il secondo della sua giovane carriera di scrittore, il primo è stato “Riflessi d’argento su blu cobalto”).
Un libro scoppiettante, pieno di brio e di trovate: la storia, raccontata in prima persona, di un giovane avvocato “per caso” che detesta amabilmente la propria professione che ormai non può cambiare (forse per eccesso di pigrizia). E siccome certi incontri li fa solo chi li sa raccontare, i suoi clienti (ma anche i suoi amici e le sue donne) sono tutti un po’ stravaganti: qualcosa a metà strada tra i clienti della pensione del nipote di Totò nel “Medico dei pazzi” e i protagonisti di “I civitoti in pretura”. Egli li osserva tutti con grande bonomia e il disincanto di chi si sente in quello studio di passaggio. E siccome la sua vera (e unica) passione è la musica ad ogni incontro professionale non può fare a meno di assegnare una colonna sonora, un brano musicale scelto tra quelli che conosce (e sono tanti) e che canticchia nella sua mente mentre i suoi clienti si impegnano in vere e proprie performance per convincerlo delle loro innegabili ragioni e per interessarlo anche dal punto di vista emotivo.
I geniacci sono Giuseppe Cardello, poeta, cuntastorie e regista e Salvo Amore musicista e compositore sopraffino, i quali hanno ideato una presentazione del libro a dir poco creativa, nel senso che hanno messo in piedi un’altra opera d’arte e fortunata, figlia dello libro e della musica.
I musicisti, oltre allo stesso Salvo Amore ore, sono talenti notevolissimi: Luca Aletta, compositore, pianista e fisarmonicista, Stefano Cardillo, bassista, Alessandro Borgia, batterista.
Il canto è affidato a Pippo Cardello,a Simona Sciacca e Rachele Amore.
Le voci recitanti sono quelle di Ginevra Cicatello e Nicolò Lasciato giovanissimi e molto promettenti attori. Nicolò canta anche alcuni brani, mentre il maestro Cardello fa quasi tutto, tranne che danzare: regista, sceneggiatore, narratore, cantante. A Ginevra e Nicolò sono particolarmente legato per avere avuto in passato qualche esperienza in comune difficile da dimenticare.
La serata si è svolta martedì 25 settembre, e un’altra volta aveva avuto luogo nella primavera scorsa nel salone del Sant’Alphio Palace. Io, però continuo a parlarne al presente. Lo faccio proprio perché non si tratta più della presentazione di un libro, bensì, come dicevo prima, di u’opera letteraria musicale nuova e con una sua vita autonoma. Un’opera non cessa di esistere dopo essere stata rappresentata una, due o dieci volte: esiste e basta.
Prima di chiudere, voglio ricordare l’assessore Nuccia Tronco, se posso dire così, madrina di questa creatura , giacché l’ha sostenuta, incoraggiata, per qualche verso anche suggerita.
Con buona pace di chi continua a dire che Lentini è una città moribonda, se non addirittura morta.
A me questa città mi piace.

martedì 25 settembre 2012

Fiorito ha dichiarato che intende ricandidarsi


Fiorito, sfiorito, caduto per peculato
tenta di rifiorire per ripeculare.

lunedì 24 settembre 2012

Regione Lazio

Polverini - povere di stelle - poverina
Soldoni - maialoni . ladroni
Batman - battinani - battone .

giovedì 20 settembre 2012

Disabili


http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1775

Disabili

Martedì della scorsa settimana ho affrontato un problema molto delicato o, per meglio dire, un aspetto di esso.
Impressionato dal coraggio di vivere e la straordinaria forza d’animo mostrata qualche giorno prima da Alex Zanardi, avevo parlato di disabilità. Ne avevo parlato, appunto, influenzato da quell’uomo e dal suo sorriso. E forse anche dal piccolo trucco che metto in atto tutti i giorni per non sentire tutto il peso di una vita in carrozzina: non guardare solo a ciò che ci manca ma anche a ciò che abbiamo. Anzi, concentrarsi e valorizzare ciò che abbiamo.
Ho citato anche degli esempi di persone che non sono supereroi, ma che affrontano la vita con serenità, coraggio e creatività: citavo la poetessa Marzia Ferri, Emmanuela Cagnola, autrice, insieme a me, del libro “Con le mani di Dio”, un’amica insegnante di Lentini.
Non mi sognavo affatto di dire che chi ha una limitazione fisica è felice e fortunato. Volevo solo dire che la vita continua ad essere bella e interessante anche quando subisce delle modifiche in negativo, che è sempre un dono da non sprecare, che nasconde mille opportunità che tocca a noi trovare. Volevo anche dire che i “normodotati”, anche i più buoni e comprensivi, anche i più generosi e intelligenti, talvolta ci guardano con un sentimento sbagliato: la compassione.
Mi sono giunti, però, dei messaggi privati da amici disabili (uso questo termine perché è questo che usano loro), i quali mi hanno riportato con i piedi per terra, ricordandomi le difficoltà quotidiane, le limitazioni, le nostalgie, i rimpianti.
Ricorrenti, tra le difficoltà citate, quelle di ordine economico (dice una, giustamente, “con meno di cinquecento euro al mese dove la trovo una persona che mi accudisca 24 ore su 24?”) e quelle determinate dalle barriere architettoniche. non sempre così difficili da rimuovere.
Cosa posso rispondere? Posso solo chiedere scusa per avere affrontato una questione così delicata con la mia personale irruenza con il mio personale modo d’essere e di pensare.
Evidentemente martedì scorso non sono stato all’altezza di affrontare un argomento così complesso in tutte le sue sfaccettature. E confesso di non essere in grado di farlo nemmeno oggi. E non so se potrò mai riuscirci.
Certo è, però, che non posso sfuggire ad un impegno: quello di occuparmi, nel mio piccolo, un po’ di più di questo problema.
E comincio subito con una proposta piccola piccola che faccio al sindaco di Lentini
La mancanza di mobilità delle gambe o la mancanza della vista o della parola non debbono impedirci di vivere da cittadini, cioè da membri della comunità con diritti e doveri. Per i cittadini il punto di riferimento più prossimo è il Sindaco. Ma coloro che sono affetti da limitazioni motorie non possono incontrarlo perché il suo ufficio è al secondo piano di un palazzo senza ascensori.
C’è un modo rapido ed estremamente economico per abbattere questa barriera: il sindaco e gli assessori, a turno, una volta alla settimana per un’ora, ricevano il pubblico dei portatori di limitazioni motorie in una stanzetta del piano terra del comune.
Dicevo prima che la vita è costellata da opportunità: ecco, sig. Sindaco, non guardi a questa mia proposta solo come un impegno a favore dei cittadini limitati nei movimenti. La guardi come un’opportunità anche per lei; lei potrebbe diventare il primo sindaco d’Italia a fare un scelta così nobile e politicamente apprezzabile. Ci pensi su e al primo di questi ricevimenti verremo in numerosa delegazione per ringraziarla e festeggiare insieme a lei.

venerdì 14 settembre 2012

La mostarda di Elio



La Mostarda di Elio

Nel giro di quattro giorni a Lentini abbiamo avuto due eventi particolari: la preparazione della “quagghiata” in piazza Taormina e una “Festa della Mostarda” in piazza Guido Rossa.
La prima è stata organizzata dall’associazione PACE, la seconda da Elio Cardillo.
Mi colpisce questa coincidenza: i entrambi i casi sono protagonisti sapori antichi, legati alla terra, al nostro territorio e alle nostre tradizioni. Spero sia l’inizio di un processo di recupero e di rivalutazione di cibi e attività umili ma preziosissime, di un’identità da non perdere.
Dell’associazione ho parlato recentemente, in occasione dell’installazione della statua del cane Gaetano e dell’”adozione” della piazza Taormina che, grazie al lavoro continuo e puntiglioso dei suoi soci è sempre pulitissima e curata.
Di Elio forse non ho mai parlato in questa rubrica, ma credo di averlo citato in mille circostanza diverse. E d’altro canto, credo che siano in pochissimi a non sapere di lui vita e miracoli.
Parlare di Elio non è difficile: basta avere a disposizione una decina di fogli A4 e alcune ore. Il problema sarà dopo, quando ti verranno in mente, un po’ alla volta, mille altre cose che non hai scritto.
Elio è docente di scienze matematiche in pensione. Come insegnante ha elaborato originali sperimentazioni didattiche applicate nella realtà scolastica del territorio.
È autore, regista e attore di teatro. I suoi lavori, recitati quasi sempre insieme alla moglie, la formidabile Salvina Antico, sono rimasti indelebili nella memoria dei lentinesi.
Straordinario fotografo e amante appassionato della sua città, ha realizzato la classificazione del patrimonio artistico del lentinese mediante 400 diapositive custodite nel distretto scolastico di Lentini,
ha promosso o partecipato a decine di mostre fotografiche ed è stato per diversi anni Ispettore Onorario ai Beni Culturali
E' poeta raffinatissimo, autore di diversi volumi e vincitore del premio letterario "Ciccio Carrà Tringali",
Tra le mille altre cose che hanno sorpreso e lasciato ammirati i lentinesi ce ne sono alcuni legati alla sua profonda fede e che voglio citare: il rinnovamento della festa di Sant’Alfio con la creazione del corpo dei Devoti Spingitori della Vara di San’Alfio. Quando, una trentina d’anni fa, a spingere la Vara erano soltanto persone che lo facevano per quel poco di denaro che il comitato della festa riusciva a racimolare per loro, egli fu capace di creare questa associazione di professionisti, insegnanti, medici. Da allora entrare a far parte di quel gruppo è una grande aspirazione per molti giovani
Sempre nell’ambito della Festa del Patrono Straordinari e ancora ricercatissimi, specialmente da parte dei nostri concittadini emigrati,
rimangono la ventina di video realizzati e commentati sui momenti salienti della festa, dalla Reliquia, ai nudi, dalla Nisciuta al giro d’onore al percorso nei quartieri popolari.
Indimenticabili sono le due dizioni del Presepe Vivente realizzate nel quartiere San Paolo, che coinvolsero centinaia di figuranti e migliaia di visitatori.
E degno di un applauso lungo cent’anni il rilancio della festa di San Giuseppe, quando, una quindicina d’anni fa, stava spegnendosi la tradizione dei 33 piatti e l a vendita dei doni all’asta sembrava declinare inesorabilmente.
Questo e molto altro è Elio Cardillo, orgoglio lentinese.
Una doppia grande risorsa: per le cose speciali che pensa e che fa e per l’esempio e l’insegnamento che offre a giovani e coetanei. 

mercoledì 12 settembre 2012

PER TUTTI COLORO CHE HANNO SUPERATO I 15 ANNI

PER TUTTI COLORO CHE HANNO SUPERATO I 15 ANNI

Il 10 novembre p.v. si svolgerà la seconda edizione della FESTA DEL LIBRO e a tutti i quindicenni di Lentini e Carlentini sarà regalato un libro per avviarli all’AVVENTURA DELLA LETTURA.
I giovani ci sono, mancano i libri.
Un primo grande donatore ne ha già offerti 160, ma almeno dovremo arrivare a 300. L’anno scorso ce l’abbiamo fatta.
Se anche tu vuoi essere protagonista di questa storia unica e della crescita culturale dei nostri due comuni, porta o invia uno o più libri alla BIBLIOTECA COMUNALE DI LENTINI (via Aspromonte). 
Poi ci incontreremo tutti, giovani ed adulti, il 10 novembre in luogo da stabilirsi.

... e li chiamano disabili


http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1767

… e li chiamano disabili

Venni a conoscenza delle Paraolimpiadi nel 1972.
Allora non si chiamavano così e quella fu la prima edizione di interesse mondiale, la prima che si disputò nello
 stesso Paese che organizzava le Olimpiadi (in quel caso si disputarono qualche settimana dopo a Monaco di Baviera). Le gare non si svolsero negli impianti sportivi riservati ai Giochi Olimpici ma nell’impianto sportivo dell’Università di Heidelberg Insomma, per dirla tutta non mi lasciò una buona impressione: sembrava qualcosa da retrobottega, sembrava che gli atleti venissero quasi nascosti per non turbare l’animo sensibile dei cosiddetti “abili”, a suo modo, un ghetto, insomma.
Mi interessai alla manifestazione perché vi gareggiò, nel tiro con l’arco sulla sedia a rotelle, un mio idolo, mai più dimenticato: il magnifico Abebe Bikila, l’etiope che aveva vinto la Maratona di Roma correndo scalzo, di notte in un percorso cittadino che sfiorava il Colosseo, i Fori Imperiali, Piazza San Pietro. Egli vinse anche a Tokio nel ’64 e partecipò alla maratona di Città del Messico nel ’72. Un eroe che colpì la fantasia e rimase indelebile nella memoria non solo di quelli che nei primi anni ’60 eravamo giovanissimi e interessati alle vicende sportive.
La sua presenza a quelle Paraolimpiadi contribuì moltissimo a renderle popolari, ma, almeno per quanto mi riguarda, non riuscirono a togliere quel velo di tristezza, di disagio, di rifiuto nel vedere quelle donne e quegli uomini chiamati “disabili” emarginati in un palcoscenico seminascosto, lontani dagli sguardi degli “abili” (?).
Ancora si chiamavano Giochi di Stoke Mandeville, dal nome della cittadina inglese dove si erano svolte le edizioni precedenti, riservate solo ai soldati inglesi tornati dalla Guerra con gravi menomazioni
Abebe riuscì nell’impresa di fare conoscere al mondo una manifestazione poco nota, solo grazie alla sua presenza.
Ma il grande fascino che la sua figura esercitava su tanta parte del mondo era di tipo emotivo: lo straordinario atleta che correva a piedi scalzi, magrissimo e taciturno, colpito da tante sfortune, l’ultima delle quali lo aveva reso paraplegico.
Quest’anno il grande testimonial è stato Alex Zanardi. Tutt’altra figura: comunicativo, poliglotta, coltissimo, intelligente, sempre sorridente. Un uomo di grandi riflessioni, protagonista di una vita ricca di eventi, risultati, rischi, avventure. Come Abebe anche lui vittima di un incidente automobilistico che avrebbe stroncato la voglia di vivere di chiunque.
Dietro le quinte dei giochi di quest’anno, anche Augusto Pancalli, il Presidente del Comitato Paraolimpico Nazionale e vice Presidente del CONI. Anche lui ex atleta ora in carrozzina e partecipante e tre edizioni di giochi paraolimpici. Avvocato di straordinaria intelligenza e di grandi doti organizzative.
Zanardi, Pancalli, Annalisa Minetti e tutti quegli altri che non hanno vinto o addirittura non hanno partecipato ai giochi sono i migliori testimonials di un mondo che cambia.
Insomma, cosa voglio dire? Voglio dire che forse è tempo di cambiare qualche vocabolo. Forse bisognerebbe mettere da parte termini come “disabile” e “diversamente abile”, o almeno l’uso massiccio e indiscriminato che se ne fa.
Ho una cara amica che alcuni decenni fa sarebbe stata una disabile, cioè non abile alla sua stessa sopravvivenza. Invece ha frequentato le scuole e l’università, è diventata insegnante, e con una macchina adattata alle sue esigenze è riuscita a non perdere un giorno di lavoro, è amatissima da colleghi e alunni.
Tutti disabili? Rispetto a chi?

lunedì 10 settembre 2012

martedì 4 settembre 2012

La centrale idroelettrica di Lentini


http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1762
Cinquant’anni fa, nel novembre del 1962, nasceva l’ENEL, l’Ente Nazionale per l’ Energia Elettrica. Fu il frutto più importante del primo Governo del Centro Sinistra, presieduto da Amintore Fanfani (Democrazia Cristiana), di cui facevano parte il Partito Socialista, il quale aveva posto la nazionalizzazione dell’Energia Elettrica come conditio sine qua non.
Fino ad allora l’energia elettrica veniva prodotta e distribuita da alcune aziende di dimensione regionale o interregionale e da una miriade, circa 2.800 di piccole e piccolissime aziende di dimensione locale.
Lentini era servita da una piccola azienda comunale. Anche questa, come, come tutte le altre, grandi, medie e piccole, fu assorbita dall’ENEL e, come tutte le piccole, fu immediatamente dismessa.
La sua esistenza era durata 56 anni, ma vale la pena di essere raccontata.
Fu progettata alla fine dell’800 come ciliegina sulla torta dell’ambizioso e avveniristico, per allora, acquedotto comunale.
Il sindaco che ideò e avviò i lavori fu il barone Giuseppe Luigi Beneventano, quello che li concluse fu Alfio Incontro, latinista di grande valore, eroe garibaldino, instancabile e generosissimo volontario ai tempi dell’epidemia della Spagnola.
Tra loro, evidentemente, un gruppo dirigente lungimirante, colto, impegnatissimo nel rilancio di Lentini, dall’avvocato Bruno, al dottor Consiglio, al barone San Lio e via via ai vari Arcidiacono, Santapaola, Conti, Falcia, Portogallo per citarne qualcuno.
Dapprima, nel 1898, fu acquistata la fontana Paradiso, che nasce nella valle omonima nei pressi di Pedagaggi.
La fontana ha una portata di circa 27 litri d’acqua al secondo e, sfruttando il dislivello tra la sorgete e la contrada Cozzonetto situata sul costone nord del monte Pancali, giunge in due grandi serbatoi attraverso una canalette sotterranea lunga circa 12 chilometri e costruita con pietre e pozzolana, l’antenato del cemento, un capolavoro di ingegneria idraulica.
Dia serbatoi l’acqua viene intubata sfruttando la forte pendenza tra lo stesso e l’edificio ospitante le macchine (178 metri) permetteva di dare forza motrice ad una turbina-dinamo in grado di produrre energia elettrica. La turbina, di tipo Becher, fu acquistata dal Comune di Lentini dalla Casa Ganz di Budapest.
Il 17 dicembre del 1897 il Consiglio Comunale di Lentini approvò il contratto d’acquisto del macchinario.
Il locale che ospita la turbina è situato a metà della valle di Sant’Eligio. In questi giorni, parlando della chiesa di San Giuseppe Giusto abbiamo nominato più volte questa valle, compresa tra i colli San Mauro e Ciricò.
In realtà San Giuseppe Giusto è il migliore punto di osservazione per vedere dall’alto i serbatoi, la centralina e il perorso della tubazione.
Per i tempi fu una rivoluzione: tutto era avveniristico e inimmaginabile per un paese agricolo di meno di ventimila abitanti. Si era agli albori della elettrificazione in Sicilia e nessuna città produceva l’energia per i propri fabbisogni.
Il merito fu di una classe dirigente coraggiosa e lungimirante, guidata dal barone Beneventano

sabato 1 settembre 2012

L’AVVENTURA DELLA LETTURA


Ricominci l’avventura più bella. L’AVVENTURA DELLA LETTURA.
Gli adulti di Lentini e Carlentini scelgano i loro libbri più belli. Fra qualche giorno diremo loro dove inviarli.
Il 10 novembre in un grande incontro in presenza di amministratori, presidi, insegnanti e genitori i libri saranno regalati a tutti i quindicenni di Lentini e Carlentini.
Un grande incontro tra giovani ed adulti, un invito alla lettura, una serata indimenticabile, un’iniziativa unica al mondo.