giovedì 20 settembre 2012

Disabili


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Disabili

Martedì della scorsa settimana ho affrontato un problema molto delicato o, per meglio dire, un aspetto di esso.
Impressionato dal coraggio di vivere e la straordinaria forza d’animo mostrata qualche giorno prima da Alex Zanardi, avevo parlato di disabilità. Ne avevo parlato, appunto, influenzato da quell’uomo e dal suo sorriso. E forse anche dal piccolo trucco che metto in atto tutti i giorni per non sentire tutto il peso di una vita in carrozzina: non guardare solo a ciò che ci manca ma anche a ciò che abbiamo. Anzi, concentrarsi e valorizzare ciò che abbiamo.
Ho citato anche degli esempi di persone che non sono supereroi, ma che affrontano la vita con serenità, coraggio e creatività: citavo la poetessa Marzia Ferri, Emmanuela Cagnola, autrice, insieme a me, del libro “Con le mani di Dio”, un’amica insegnante di Lentini.
Non mi sognavo affatto di dire che chi ha una limitazione fisica è felice e fortunato. Volevo solo dire che la vita continua ad essere bella e interessante anche quando subisce delle modifiche in negativo, che è sempre un dono da non sprecare, che nasconde mille opportunità che tocca a noi trovare. Volevo anche dire che i “normodotati”, anche i più buoni e comprensivi, anche i più generosi e intelligenti, talvolta ci guardano con un sentimento sbagliato: la compassione.
Mi sono giunti, però, dei messaggi privati da amici disabili (uso questo termine perché è questo che usano loro), i quali mi hanno riportato con i piedi per terra, ricordandomi le difficoltà quotidiane, le limitazioni, le nostalgie, i rimpianti.
Ricorrenti, tra le difficoltà citate, quelle di ordine economico (dice una, giustamente, “con meno di cinquecento euro al mese dove la trovo una persona che mi accudisca 24 ore su 24?”) e quelle determinate dalle barriere architettoniche. non sempre così difficili da rimuovere.
Cosa posso rispondere? Posso solo chiedere scusa per avere affrontato una questione così delicata con la mia personale irruenza con il mio personale modo d’essere e di pensare.
Evidentemente martedì scorso non sono stato all’altezza di affrontare un argomento così complesso in tutte le sue sfaccettature. E confesso di non essere in grado di farlo nemmeno oggi. E non so se potrò mai riuscirci.
Certo è, però, che non posso sfuggire ad un impegno: quello di occuparmi, nel mio piccolo, un po’ di più di questo problema.
E comincio subito con una proposta piccola piccola che faccio al sindaco di Lentini
La mancanza di mobilità delle gambe o la mancanza della vista o della parola non debbono impedirci di vivere da cittadini, cioè da membri della comunità con diritti e doveri. Per i cittadini il punto di riferimento più prossimo è il Sindaco. Ma coloro che sono affetti da limitazioni motorie non possono incontrarlo perché il suo ufficio è al secondo piano di un palazzo senza ascensori.
C’è un modo rapido ed estremamente economico per abbattere questa barriera: il sindaco e gli assessori, a turno, una volta alla settimana per un’ora, ricevano il pubblico dei portatori di limitazioni motorie in una stanzetta del piano terra del comune.
Dicevo prima che la vita è costellata da opportunità: ecco, sig. Sindaco, non guardi a questa mia proposta solo come un impegno a favore dei cittadini limitati nei movimenti. La guardi come un’opportunità anche per lei; lei potrebbe diventare il primo sindaco d’Italia a fare un scelta così nobile e politicamente apprezzabile. Ci pensi su e al primo di questi ricevimenti verremo in numerosa delegazione per ringraziarla e festeggiare insieme a lei.

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