lunedì 30 aprile 2012

Il fratello più piccolo di Berlusconi e Bossi




Dopo 19 anni di berlusconismo e bossi-leghismo c’era da credere che gli italiani si fossero stancati dei capi carismatici, dei tribuni, dei capi senza controllo.
E non soltanto per noia, solo perché diciannove anni sono lunghi e si può avere voglia di cambiare, ma anche perché è sotto gli occhi di tutti la fine che normalmente fa che non ha contraddittorio interno, chi non ascolta nessuno, chi per paura o per pochezza della  sua corte incassa solo approvazioni e complimenti.
A Bossi e Berlusconi sicuramente avrebbero fatto bene delle critiche, delle correzioni, dei suggerimenti, di tanto in tanto. E facendo bene a loro avrebbero fatto bene anche all’Italia. Ma i capi non gradiscono.
È accaduto così che un cosa seria come il governo di una Nazione è stata guidata e interpretata come una “burlesque”, per dirla con una parola diventata di moda in questi giorni.
I capi non governano seguendo canoni oggettivi rigidi, sulla base della conoscenza dei problemi e della ricerca delle possibili soluzioni, in base alla conoscenza della storia, della società, dell’economia, ma secondo caratteristiche soggettive, inventiva e improvvisazione, dove la cifra personale supera tutte le altre.
I guai in cui ci ha portato l’esserci affidato ai grandi capi senza partito alle spalle sono vivissimi sulla nostra pelle. Ancora i due rais sono caldi caldi che già molti italiani si stanno innamorando follemente di un altro rais, un altro capo incontrastato e incontrastabile, ad un altro taumaturgo: Beppe Grillo.
E chi è costui? Cos’ha fatto, cos’ha studiato, cos’ha inventato? Dice cose già sentite proprio dalla rinomata ditta B&B: “tutti rubano”, “tutti ladri”, “il teatrino della politica”, “i professionisti della politica” e così via irridendo.
Quelli in cambio ci hanno dato scenette da avanspettacolo: fondazione di nuovi partiti col piede sul predellino, riti pagani alle fonti del Po, l’invenzione di nemici nuovi e vecchi, l’apertura al linguaggio delle taverne.
E cos’hanno fatto i due ex compari per cambiare le cose negli ultimi diciannove anni? Altri giochi di prestigio: il ponte sullo stretto, L’Aquila ricostruita, centrali nucleari ogni tre passi, i ministeri a Monza... per non dire della barzelletta dell’Italia uscita dalla crisi e per giunta meglio degli altri Paesi Europei, degli aerei e dei ristoranti sempre pieni, ecc. Teatro di periferia, farsa, burlesque, appunto.
Certo, Se loro non ci sono riusciti, direte voi, Grillo potrebbe riuscirci. Ma a cambiare che cosa? Ma governare vuol dire cambiare? Governare vuol dire governare. E non si può né cambiare  né governare se non si ha in testa cosa fare, dove andare, con chi.
Tutti in Italia diciamo no all’IMU. Basta per dire che tutti siamo in grado di governare?
Perché mai per insegnare il latino e per curare i denti c’è bisogno di studiare pe anni, per fare il parrucchiere o il sarto c’è bisogno di anni di apprendistato mentre per governare un Paese di 60 milioni di abitanti dovrebbe essere sufficiente sapere urlare, avere una barca di soldi, avere la faccia tosta?
Ricordo come negli anni ’70-’80 si ripeteva in tutte le salse al PCI che non poteva governare in Italia perché al suo interno vigeva il centralismo democratico e da un partito che si autogovernava con quella regola ci si doveva aspettare che appena giunto al potere quella regola l’avrebbe imposta a tutti gli italiani.
La regola di autogoverno del movimento di Grillo è quella del capo che parla, critica, urla, incita, inveisce e dei seguaci-fans che hanno la sola facoltà di applaudirlo. Di nuovo un’Italia così? Questa è roba buona per protestare o per distrarsi po’, non per governare.
Intanto il Beppe di moda ha cominciato a mettere le Cose in chiaro. Se il fratello Silvio diceva che il mafioso Mangano era un eroe, lui ha affermato che la mafia alla fin fine si limita a “chiedere” il pizzo, mica strangola le sue vittime come fa lo Stato. Mangano Eroe, mafia da preferire allo Stato. Se il fratello Umberto rischia di perdere un mare di voti dopo gli scandali che lo riguardano, il fratellino Beppe ha dichiarato che andrà lui a recuperare quei voti (evidentemente promettendo ciò che prima ha promesso Umberto). E d’altra parte Silvio, che è sveglio, qualche anno fa lo dichiarò chiaro e tondo: “Grillo è il mio miglire alleato”. Va bene così, in democrazia si può fare. Il guaio è che i “sedotti” di Grillo oo convinti che finalmente con il fraello più piccolo di Berlusconi e Boss arriverà la novità.

mercoledì 25 aprile 2012

Polemiche buone e polemiche cattive




Questa settimana vorrei commentare un vivace scambio di opinioni che ha visto protagonisti due personaggi veri di Lentini.
Giustappunto entrambi sono miei cari amici e li ho definiti  “personaggi veri” perché svolgono ruoli diversi ma importanti nella città e li svolgono con grande passione e, sincerità e disinteresse.
Sto parlando di Enzo Caruso, il Presidente dell’Associazione P.A.C.E., l’eroico apostolo dell’animalismo di Lentini, l’uomo che sacrifica buona parte della sua vita, del suo tempo, della sua bile per curare, proteggere, salvare, gli animali abbandonati ma anche per limitare gli effetti negativi del randagismo.
L’altro è Saverio Bosco, giovanissimo consigliere comunale, eletto nella lista di Sinistra Ecologia e Libertà, dalle idee chiare, attento, dalla forte personalità. Uno che, come tutti può anche sbagliare una valutazione ma che non si nasconde mai, che affronta sempre le discussioni e le eventuali critiche che ne conseguono a viso aperto.
La questione forse è nota a tutti: Saverio Bosco in una riunione di commissione consiliare ha dato parere contrario alla concessione di un contributo comunale all’associazione P.A,C.E. e ad un’altra associazione di Sortino per il ricovero e l’assistenza dei cani randagi di Lentini. Io non voglio entrare nel merito perché sono un convinto animalista e sostenitore delle iniziative di Enzo Caruso ma so anche che Bosco non si è macchiato di alcun crimine: egli ha espresso parere negativo non vincolante, assieme ad altri, non contro gli animali e gli animalisti, ma contro una deliberazione molto complessa, in cui convergono anche altri problemi: uno riguarda la prassi talvolta inevitabile, ma comunque deprecabile, dei debiti fuori bilancio, l’altro riguarda la presenza di un’associazione di Sortino accanto a quella lentinese.
Insomma se i motivi che hanno spinto Caruso alla polemica sono dettati d preoccupazioni nobilissimi, quelli che hanno indotto Bosco a votare in un certo modo non sono né banali né personali.
Totale: due autentiche risorse di questa città, il campione del volontariato e il giovane e brillante consigliere comunale hanno polemizzato per un tema vero, importante e serio.
E hanno spinto la gente a parlare e a riflettere di due temi autentici e seri.
Viva Caruso, viva Bosco e viva i confronti seri, anche se vivaci.

La scorsa domenica sarà ricordata come quella del disonore, della resa, della prepotenza, ecc. ecc. dello Stadio di Genova.
Ipocrisia a palate. Il presidente del CONI, il presidente della Lega Calcio, il presidente del Genoa, e chissà quanti altri presidenti, nelle decine di interviste del dopo partita sono sembrati gli uomini giusti l posto giusto, tutti col petto in fuori, tutti a evocare un eroismo che a loro non fa difetto. Nella sostanza poi cos’hanno fatto? Non hanno squalificato neanche per un giorno quei codardi calciatori che si sono lasciati denudare in campo e hanno consegnato la bandiera (perché la maglia è anche bandiera) al primo segno che poteva interpretarsi come una minaccia. Non hanno speso una sola parola di elogio per l’unico calciatore (Sculli) che non si è fatto spogliare ed anzi è andato ad affrontare a muso duro i cosiddetti tifosi.
Ho nominato i presidenti, ma ancora peggio si sono comportati  giornalisti.

Domenica è stata anche la giornata del Gran Premio del Bahrein. In questo ricchissimo staterello da anni sono in corso durissime proteste contro il monarca e il suo governo composto da parenti e amici, un re e un governo troppo di stanti dal popolo e dai suoi bisogni.
Le proteste vengono da più parti della società civile dai movimenti studenteschi alle forze politiche di opposizione in cui sciiti e sunniti militano insieme, dai rappresentanti delle classi medie, dai professionisti, fino alle organizzazioni sindacali. Quello che chiedono sono vere riforme politiche e sociali, riforme democratiche, le stesse per cui hanno lottato i giovani tunisini, egiziani e libici. Tutti lo sapevano. Eppure ci sono andati. Il Bahrein è una specie di Las Vegas del medio Oriente. Da  tutto il mondo ci si va per i casino,  per fare shopping, per vivere qualche notte da nababbi. I benefici però ricadono solo sulla famiglia del re. La disputa del gran premio di F1 è uno spot formidabile per la famiglia reale e i suoi affari ed anche na significativa testimonianza a favore del regime. Per questo il popolo in lotta vi si oppone. Gli straricchi padroni del circo a quei soldi non vogliono rinunciare e disputano il gran premio trasformandosi per un giorno in ambasciatori dei tiranni nel mondo.
Ecco. Il vero motivo di disonore per lo sport per me è questo. Ed è un disonore anche per la stampa questo silenzio servile su una situazione che non puoi non vedere neanche se tieni gli occhi chiusi.



domenica 22 aprile 2012

Circolo “Alfio Scrofani”




SEL Lentini è orgogliosa di comunicarvi che finalmente il nostro circolo avrà un nome: circolo "Alfio Scrofani". Alfio Scrofani è stato un involontario eroe lentinese, morto mentre svolgeva onestamente il suo lavoro. Attraverso il suo ricordo SEL Lentini vuole manifestare la sua vicinanza alle famiglie delle vittime sul lavoro e la sua sensibilità nei confronti di questo tema, ahimè, sempre troppo attuale.
Con queste poche parole, semplici e prive di retorica, il giovane gruppo dirigente del SEL di Lentini ha annunciato una scelta che, secondo me, ha un altissimo significato e che rivela una straordinaria sensibilità verso alcuni dei valori fondamentali ma troppo trascurati della nostra società: la vita, il lavoro, la famiglia.
Siamo in tempi in cui i partiti (almeno quelli nazionali) sembrano molto distanti dagli uomini e dalle donne e assomigliano a macchine programmate per alimentare se stesse; in tempi in cui sembra ci si sia scordato che il fattore centrale del progresso, della produzione di ricchezza e di innovazione è l’uomo, tempi in cui il lavoro è considerato solo un componente secondario della produzione e l’uomo un macchinario come un altro, che si usa se è economico e si butta se non lo è; tempi in cui sembra tutto dipendere da banche, mercati e mediazione politica; tempi in cui la vita di un uomo vale quanto quella di una macchina.
Pensate a quante vite rimangono stroncate nello svolgimento di un lavoro, nel percorso per andare o per tornare dal lavoro o dalla disperazione per mancanza di lavoro. E pensate a come si passa oltre rapidamente ogni volta che si inciampa in una notizia riguardante un incidente di questo tipo.
Nei giorni scorsi è morto un giovane calciatore: l’Italia, non solo quella sportiva, ha espresso il proprio dolore in mille luoghi e in mille modi. Così era accaduto per un giocatore di pallavolo e per un corridore motociclista. Quando muore un uomo normale mentre svolge il proprio lavoro, o mentre si reca al lavoro o preso dalla disperazione per mancanza di lavoro, non succede niente. Non ci si ferma, non si perde tempo per piangere, solo qualche trafiletto sui giornali locali.
È qualcosa che accettiamo tranquillamene. È una delle possibilità. Eppure si parla di una vita. Succede che in una famiglia resta una ferita non più rimarginabile, viene a mancare un punto di riferimento, un reddito (spesso l’unico); programmi, sogni, obbiettivi, speranze subiscono violenti modifiche.
Battezzando la loro sezione con il nome di Alfio Scrofani i giovani dirigenti di SEL ci hanno riportato in un attimo con i piedi per terra, ci hanno riportato alla dimensione vera della vita, dove c’è rispetto per la persona, capacità di commuoversi e di piangere, dove il  lavoro non è concepito solo come via necessaria per vivere ma anche come possibilità di realizzarsi e come modo per rendere la vita dignitosa e degna di essere vissuta, dove ci sono le mogli, i mariti, i compagni, i figli, i fratelli, i genitori che piangono la scomparsa di persone care, dove il lutto nel cuore, nell’anima, nel volto è autentico, dove esistono problemi quotidiani come fare la spesa e comprare i libri per fare studiare i ragazzi.
Un plauso e un abbraccio ai dirigenti e ai militanti del SEL di Lentini.
Lentini che fra pochi giorni scoprirà una targa in ricordo di Placido Rizzotto e di tutti quegli altri eroi che negli anni ’40 e ’50, per un pezzo di terra da lavorare, per il lavoro, per una vita dignitosa andarono consapevolmente incontro alla morte di lupara mafiosa.
Lentini, che si ritrova e cresce nella cultura dell’uomo, del lavoro e della libertà.
Io ho avuto modo di conoscere Alfio Scrofani. Era un artigiano industrioso, intelligente, instancabile. apprezzato ed amato dal suo socio, dai suoi collaboratori, dai suoi clienti. Ed anche da chi, come me, aveva solo un rapporto di amicizia. Un giorno d’estate, andò via da casa di mattina presto, come sempre, senza neppure salutare i figli per non svegliarli. Si sarebbero incontrati e salutati la sera, attorno al tavolo della cena. Là si parlava egli accadimenti lieti e tristi della giornata, dell’andamento degli studi dei ragazzi, a volte di politica.
Quella sera non poté salutare la propria moglie, i propri figli. Si fermò per sempre sul lavoro.
Grazie, ragazzi, per averci ricordato Alfio Scrofani e i mille altri che non possono più tornare a casa. E grazie, soprattutto, per averci ricordato il valore della vita umana, degli affetti e del lavoro.


martedì 17 aprile 2012

Una statua per Gaetano

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1652

Buona parte di Lentini è in fermento.
Il 20 maggio in piazza Taormina sarà installata la statua di Gaetano.
L’Associazione P.A.C.E., con in testa il meraviglioso apostolo dell’animalismo lentinese, Enzo Caruso, ha preparato tutto: statua, piedistallo, programma, inviti, banda musicale. E per essere certi che la piazzetta di Gaetano sarà sempre pulita ed in ordine hanno avanzato al comune richiesta di adottarla. Si prenderanno loro cura del verde e della pulizia. L’artista Luana Pellegrini che ha realizzato la scultura continua a guardarla, alla ricerca della seppur minima imperfezione e, mentre freme in attesa del 20 maggio, ogni tanto avverte un filo di commozione al pensiero di doversene separare. Come se quella sagoma, così somigliante a Gaetano, fosse un essere vivente. E in realtà gli slogan e i pensieri raccontano di un “Gaetano sempre con noi”, ripetono che “Gaetano vive”, dichiarano “Gaetano ti vogliamo bene”.
Gaetano morì nel gennaio del 2010.
Aveva vissuto una vita molto intensa, tra feste paesane, prima di tutte quella di S. Alfio, a guidare le bande musicali, e consigli comunali, calorosi benvenuti ai treni della stazione e partecipazione a cortei funebri, quasi quotidiani viaggi in autobus da Lentini a Carlentini e ritorno e degustazioni varie in paninerie, ristoranti, salumerie e pizzerie (era molto democratico, non disdegnava neanche i locali più piccoli), lunghe passeggiate al mercato del giovedì dove poteva salutare le sue centinaia di amici e tanti, tanti, tanti amori (qualcuno dei quali gli procurò anche dei seri guai). Andava molto fiero della divisa e del titolo onorifico di vigile urbano.
Morì sulla strada, da Libero Randagio, com’era vissuto.
I lentinesi sanno tutto di lui: vita, storia e leggende. Per i pochi non lentinesi che mi leggono dirò tutta la verità: Gaetano era un bellissimo, pacifico, curioso, affettuoso, intraprendente fratello cane. La sua presenza, per circa dieci anni ha sconvolto Lentini: ha fatto cadere paure, pregiudizi, preoccupazioni e certezze.
Ci ha fatto accorgere di quanta bellezza e delicatezza, quanta simpatia e umanità può esserci in un animale.
Un vero, grande ambasciatore di un pianeta che spesso guardiamo con pregiudizio e paura e quasi sempre non conosciamo.
La sua statua la merita tutta, il caro Gaetano.
Ma un altro monumento dovremmo farlo a Enzo Caruso, che ha saputo cogliere per primo e più degli altri il grande insegnamento di Gaetano e lo ha tradotto per tutti noi.
Enzo, che ha dedicato la sua vita al salvataggio ed alle cure degli animali randagi, affamati, feriti, abbandonati, senza assistenza.
Enzo che ci sta educando giorno per giorno ai sentimenti più alti e più disinteressati, perché un cane o un gatto non ci ripagheranno mai con del denaro o con un voto. Se sappiamo apprezzarlo, però, ci ripagheranno con tanto amore insegnandoci ad amare.
Gaetano, Enzo e tutte le ragazze e i ragazzi dell’Associazione P.A.C.E. stanno aggiungendo a Lentini un tocco di bellezza e tanta dolcezza che nessun’altra città può vantare.
Ed io considero un privilegio essere un loro concittadino.

lunedì 16 aprile 2012

Sempre più distanti

Filippo Motta fa certamente bene a dare l’allarme sui rischi che corre una società senza o con scarsa coscienza politica.
Ed è vero anche che in questo periodo un’onda lunga e alta di antipolitica rischia di travolgere gli italiani. Giustissimo è anche l’appello alla responsabilità dei cittadini consapevoli, presenti, non subalterni.
Ma diciamoci la verità, qua e ora a me non sembra che il gusto della politica si stia perdendo per colpa di chissà quale misterioso virus. A me sembra che proprio i politici, i titolari dell’azienda, i sacerdoti del tempio. si stiano dando un gran da fare per cacciarci via, per allontanare i cittadini, per togliere ogni interesse alla Politica. Sembra si stia avverando il sogno di Berlusconi, quello di trasformare i cittadini in tifosi: vocianti, partigiani, pronti a mobilitarsi ma sempre consci che il loro spazio è di qua della rete: i gol. Le parate, i dribbling e gli eventuali accordi sottobanco sono di loro competenza. Il pubblico può solo pagare, applaudire o fischiare.
Certo PDL, PD, Lega, IDV e UDC sono diversi tra loro, ma spesso ci ricordano (fanno di tutto per ricordarci) che comunque tra loro c’è un comune denominatore: loro sono quelli che entrano in campo. noi elettori, che pure siamo una cinquantina di milioni siamo “gli altri”, i semplici spettatori-tifosi.
Non voglio parlare ancora dei casi Lusi-Margherita e Belsito-Bossi-Lega, intrecci di malaffare, cinismo e autocertificazioni di inadeguatezza a dirigere perfino un condominio (parlandone ancora corriamo il rischio di essere risucchiati da mille discorsi assai oziosi: tesorieri infedeli o ladri, segretari di partito complici o stupidi, soldi spesi al di fuori delle regole ma non rubati, investimenti inopportuni ma non illegali ecc. ecc.)
Ma da questi casi voglio partire.
Dopo l’ultimo, clamoroso caso-Lega tutti si sono finti scandalizzati ed hanno gridato ai quattro venti “alla riforma, alla riforma”.
E subito l’hanno fatta.
Ma sbagliata. Sbagliata nella forma, tanto che non è passata alla Camera proprio per questioni formali, e insulsa nella sostanza.
Noi cittadini e buona parte della stampa chiedevamo una cosa, loro ne hanno pensata un’altra. Una che non affronta il problema, non dà alcun ascolto ai cittadini, che serve solo a prenderci un po’ di più in giro.
Se mai questa riforma passerà, la Corte dei Conti ed altri organismi di controllo dovranno verificare come i partiti spenderanno i soldi. Ma quali soldi? Quelli che prenderanno dallo Stato sotto forma di rimborso spese. Cosa vorrà dire? Che prendere tutti quei soldi da parte dello Stato è cosa giusta, mentre sbagliato sarà lasciarseli fregare da cassieri infedeli. Ma a noi di tutto ciò cosa ce ne importa? Il furto avviene quando i partiti politici dirottano somme ingenti di denaro dalle casse dello Stato alle loro casse.
Dopo, che li usino per stampare manifesti o pagare spot televisivi, che ci giochino in borsa o comprino la macchina sportiva ai loro rampolli, è una questione estetica.
Intanto fra qualche mese, in piena crisi, in piena stillicidio di suicidi, negli stessi giorni in cui gli “spettatori” si dovranno recare a pagare l’IMU, alle casse delle squadre del cuore andranno la bellezze di 180 milioni di euro (traduco in lire: 360 miliardi).
Ma lo hanno deciso tutti insieme, appassionatamente (e tutti sanno che noi “spettatori” non siamo per niente d’accordo)
La Lega ha deciso di dare la sua quota in beneficenza. Come dire che l’ha utilizzata prima ancora di ritirarla per un formidabile spot elettorale e di immagine.
Ancora una volta la “Federazione” dei partiti ce l’ha fatta: niente tagli ai vitalizi, niente tagli ai benefit, niente tagli agli stipendi e niente tagli al rimborso spese abusivo (ricordo che quasi vent’anni fa un referendum il finanziamento pubblico ai partiti) ed eccessivo (a quanto pare nessun partito è riuscito a spendere mai in attività politiche quanto ha ricevuto dallo stato).
Ma un gesto, anche minimo, che faccia pensare al desiderio di rimanere sintonizzati al cosiddetto popolo, quando? Mai?

martedì 10 aprile 2012

Uncontro con Marco Leonzio

Presentazione del libro: L'Etna, il vino, i mercanti, di Marco Leonzio
GIOVEDI’ 12 APRILE, alle ore 17 presso l’Istituto Turistico Alberghiero Moncada di via Tringali, dal professor Rosario Mangiameli, con la presenza dell’autore e dell’assessore alla cultura, professoressa Nuccia Tronco, in un incontro organizzato dal Comune di Lentini. sarà presentato il libro di Marco Leonzio “L’Etna, il vino, i mercanti”,
Il giovane storico racconta oltre un secolo di storia del vino dell’Etna, da quando era solo e tutto vino, senza altri nomi, quasi tutto destinato al taglio dei più raffinati vini francesi, ad oggi, prezioso prodotto dell’agricoltura e della ricerca enologica più avanzate, richiesto in tutto il mondo con nomi diversi, affascinanti e notissimi.
Vino che da “prodotto” diventò protagonista in grado di dare una notevole spinta economica a tutta un’area geografica, che diede splendore e ricchezza a Riposto, dal cui caricatore veniva imbarcato, determinò nuove gerarchie sociali ed economiche, favorì la nascita di nuove classi imprenditoriali e mercantili, di banche, di molte attività di supporto.
Un libro di storia che per il ritmo, le immagini e la velocità si legge come un romanzo
E una Riposto molto somigliante alla Lentini della metà del secolo scorso per la vitalità e l’inventiva dei suoi produttori, degli operatori commerciali e dell’indotto,

Enzo Incontro e Il mare di Joe

http://www.lanotizia.tv/index_tg_detail.asp?id=1648

Domenica scorsa, il giorno di Pasqua, su RAI Uno è andato in onda un film-documentario dal titolo “Il mare di Joe”.
È un’opera di eccezionale bellezza, girato parte in Sicilia, parte in California e parte in Alaska.
Racconta la storia di un gruppo di pescatori di Marettimo, un’isoletta dell’arcipelago delle Egadi, in provincia di Trapani, emigrati in America negli anni ’50 spinti dal bisogno.
Là hanno dato vita ad una comunità bene accolta dagli americani e aperta all’accoglienza di altri immigrati, una comunità di pescatori audaci e innovativi. Un film epico, dalle straordinarie riprese marine, dalla fotografia impeccabile, ma soprattutto un film sullo spirito e la forza di certi siciliani.
Regista e autore di questo film è un altro siciliano. Un siciliano di Lentini. Enzo Incontro.
Un altro dei gioielli di Lentini. Un altro di cui forse si parla poco.
Un film-maker, documentarista e operatore d riprese subacquee di eccezionale valore, conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo.
Oggi è direttore dell’Area Marina Protetta del Plemmirio, di cui è stato l’ideatore e il fondatore e ricopre anche il ruolo di esperto alla segreteria tecnica del Ministero dell’Ambiente per le tematiche marine e fa parte del comitato tecnico scientifico di Federparchi.
Insomma, ha raggiunto traguardi altissimi e di enorme prestigio, partendo da Lentini e facendo leva solo sulle sue straordinarie doti di vitalità, intelligenza, forza e lungimiranza. Nel frattempo non ha mai perso le sue caratteristiche di uomo alla mano, rispettoso, educato e sempre sorridente.
E non ha mai abbandonato la sua grande passione, quella di film-maker, appunto, da cui è nato il piccolo capolavoro “Il mare di Joe”.
Credo che tutti ricordino la sua costante presenza nel fortunato programma di RAI Uno Lineablu, a cui collaborò per otto anni come coautore e consulente subacqueo e di cui realizzò la quasi totalità delle immagini subacquee.
Non si contano i documentari subacquei da lui realizzati o a cui ha collaborato, andati in onda sulle televisioni italiane e straniere e con i quali ha vinto numerosi e importanti premi in Italia e all’estero.
“Il mare di Joe” è l’opera più importante, famosa, premiata, adesso è giunta alla Rai, di domenica e in seconda serata. Vorremmo augurargli tutto il bene del mondo, ma non rinunciamo ad augurare a noi stessi che ci regali opere emozionanti, istruttive ed artistiche come “Il mare di Joe”.
E che continui a portare in giro per il mondo il suo sorriso, il suo nome e il nome di Lentini.

lunedì 9 aprile 2012

Basta, a' papà

L'IDITROTA SI E' DIMESSO DAL CONSIGLIO REGIONALE.
HA DICHIARATO: "DO L'ESEMPIO".
Ancora esempi? Basta, cucciolotto, riposati.

Non dimenticarsi di Bossi

Venti o trent’anni fa quello che è accaduto nei giorni scorsi a Umberto Bossi sarebbe stato considerato motivo di disonore, una macchia non più cancellabile nella vita di un uomo e nella carriera di un politico.
Oggi, nel 2012, dopo quello che abbiamo visto (e perdonato, ingoiato e subìto) da politici ancora in sella e spesso più importanti di lui, le sue sembrano più le malefatte di uno scapestrato che vero e proprio malaffare. C’è motivo di temere che tra un mese non se ne parlerà più. E l’Umberto da Gemonio sarà ricordato come l’unico martire della furia moralistica, l’unico dimissionario per generosità verso il suo partito, la vittima del complotto interno della Lega. E chissà se non ci scapperà una lacrimuccia pensando all’eroico padre di famiglia che per aiutare un figlio minus habens e per dare alla famiglia un tetto sotto cui ripararsi si è lasciato crocifiggere senza lamentarsi.
Qualcuno si ricorderà di lui come un Politico in grado di mettere in piedi un movimento importante con il solo supporto della sua intelligenza e della sua sagacia (questa l’ho letta personalmente su facebook).
E si corre, dunque, il rischio che la pozzanghera in cui è scivolato e si è imbrattato di melma sarà ridipinta come un ameno prato fiorito e profumato con il sentiero che porta verso la definitiva consacrazione.
Dimenticheremo così amenamente chi è stato veramente Umberto Bossi per la politica italiana e per l’Italia stessa.
E invece dovremo ricordarci sempre che è stato il cialtrone e l’avventuriero che, per costruirsi una carriera nella politica, come l’apprendista stregone ha evocato mostri che avrebbero potuto diventare incontrollabili: il razzismo, la xenofobia, l’invenzione di etnie contrapposte e ostili tra loro nella stessa nazione. Attorno a questo e a fare da colonna sonora e scenografia, un linguaggio rozzo e volgare, rumori corporei, dita alzate, offese alla bandiera, all’inno nazionale, alle persone, ai giornalisti, ai suoi stessi colleghi parlamentari; tutto un catalogo di volgarità, infantilismi e oscenità da suggerire di vietarne la vista ai minori.
L’unico vero capolavoro politico di cui può vantarsi è quello di avere messo la sua pattuglia di “guerrieri” al servizio cieco di un capo molto ricco e molto potente, in cambio di una visibilità nazionale per molti anni e forse anche di vino e denaro in abbondanza.
Così dovremo ricordare Bossi, ma non perché sia degno di essere ricordato o per guardarci da lui, che non ha mai concluso niente né di bene né di male, ma per vigilare affinché non si presenti sulla scena un suo emulo e ci colga di nuovo di sorpresa.

lunedì 2 aprile 2012

Morti senza lacrima

I suicidi di persone povere non si contano più. Non passa quasi giorno che dalla Sicilia o dalla Puglia, dall’Emilia o dal Veneto non giunga notizia di un artigiano che si è impiccato, di un disoccupato che si è dato fuoco, di un piccolo imprenditore che si è sparato. Chiedo scusa se uso un linguaggio così crudo, ma come si fa ad addolcirlo? E per chi?
Si tratta di persone che fino a ieri hanno vissuto una vita quasi normale, anche se priva di una quel minimo di sicurezza economica che oggi avrebbe potuto dare loro un po’ di coraggio in più. Evidentemente non credevano che con le proprie forze avrebbero potuto mettere la loro vita sui binari giusti.
Si tratta di persone che lasciano mogli, figli, affetti, sogni. Si uccidono perché non vedono sbocchi, futuro. Che rimanga o si cancelli l’articolo 18, che si abbassi o si alzi lo spread, che arrivino investimenti dalla Cina ormai per loro non conta niente. Sarà arrivato tutto troppo tardi.
Questa, signori, si chiama disperazione.
Quand’ero giovane un mio amico mi insegnò che il problema che riguarda una persona è un problema, quello che riguarda dieci persone è una questione politica. Ed ha bisogno di risposte politiche.
E che cos’è una catena di suicidi tutti legati a condizioni economiche precarie, se non una questione politica?
E allora penso a Napolitano e a Monti, alla Fornero e alla Cancellieri, alla Camusso, a Bonanni e ad Angeletti, a Bersani e ad Alfano, a Fini e a Casini, a Di Pietro e a Ventola. Penso anche al Papa e al cardinale Bertone, penso ai giornalisti della carta stampata e a quelli dei salotti televisivi, penso ai Grillo e ai Celentano. Penso alle migliaia di giovani che si stanno avvicinando adesso alla politica e che rappresentano la grande speranza dell’Italia. Penso a ciascuno di noi. C’è un problema politico così drammatico e sconvolgente e non ne parliamo.
Non esiste un grido d’aiuto più forte di quello di chi si suicida, eppure sembra che tutti abbiano le orecchie tappate.
C’è bisogno di fermarsi un attimo per capire se mentre aspettiamo gli effetti benefici delle cure del dottor Monti non ci sia qualche altra cosa da fare subito, senza esitazioni e senza badare a spese, per salvare vite umane dalla morte e noi stessi dall’ignominia.
C’è bisogno di indignarsi, ma anche di piangere