Il video del Convegno "1948-'49, gli arresti della Vaddàra e la strage di Melissa".
Lentini- Aula Consiliare - Sabato 14 novembre, ore 18
giovedì 19 novembre 2009
venerdì 6 novembre 2009
Padre Carlo D'Antoni sul Crocifisso da togliere
Mi fa piacere condividere con gli amici che di tanto in tanto mi fanno visita questo intervento di padre Carlo D'Antoni sul dibattito nato dalla direttiva della UE i togliere i crocifissi dalle ascuole e dagli altri luoghi pubblici.
Padre Carlo è un sacerdote di Siracusa, a mio modo di vedere "un eroe del nostro tempo, per l'impegno senza sosta e senza risparmio nei confrenti dei più poveri, i più bistrattati, i più emarginati (gli immigrati).
Io sarei d'accordo per far togliere il Crocifisso dalle scuole. Ma anche dagli ospedali e da tanti enti pubblici. E questo per rispetto del Crocifisso.
Per amore di verità. Questo "segno" che altro non è che la carta di identità
del Dio creduto dai cristiani, non dovrebbe continuare ad essere usato per
ornare luoghi che forse hanno smarrito il loro spirito costitutivo. La scuola,
ad esempio, è luogo educante dove la persona è accompagnata nella sua maturazione prima umana e poi professionale (a cominciare dalla scuola primaria
e secondaria) ? Oppure, nelle aule dei tribunali, dove l'amministrazione
della giustizia non sempre è rispettosa della dignità e dell'uguaglianza
dei cittadini (sia per i tempi biblici che le sono caratteristici, sia per la
cavillosità e costo davvero scoraggianti).
E' desolante che tanti difensori del Crocifisso dicano che esso è un simbolo
della nostra cultura e della nostra storia.
Il crocifisso è un segno non di queste cose (potrebbero esserlo forse le
nostre opere d’arte anche di ispirazione religiosa), ma è segno parlante di
una rivelazione da parte di Dio, per chi ci crede. Il suo luogo naturale è
costituito da tutti i Golgota dove si continua a crocifiggere quell'uomo con il quale Dio ha voluto essere solidale. Se a qualcuno interessa sul serio il Crocifisso, deve cercarlo là e non negli uffici o nei palazzi spesso distanti dai pensieri e dal cuore di quell'uomo di Nazaret. E neanche, aggiungerei, in tante chiese ed edifici ecclesiastici.
Così come dovrebbe essere proibito stupidiare con il Crocifisso ridotto ad orecchino, accessorio di collanine eccetera. In oro, diamanti… Ma oggi si usa anche metterselo sul culo (si dice piersing?)
La vera questione secondo me è allora un'altra: è giusto che si continuino
ad eliminare, sommersi e sepolti da tonnellate di profitto ed indifferenza, i
crocifissi della terra (abitanti del terzo mondo, i nostri giovani senza
futuro, gli immigrati, i popoli devastati dal non rispetto dell'ambiente, i sottoposti ai regimi della mafia, camorra...)?
Ma so bene che questa campagna di eliminazione dei crocifissi in carne e ossa non entusiasma tante nostre associazioni che pur si dicono di ispirazione cattolica. I
crocifissi languono e ci muoiono tra i piedi. Ci inciampiamo sopra e li malediciamo
sperando che presto le nostre città vengano ripulite.
Ma giustamente, mi si farà notare che sono andato fuori strada rispetto al
tema sul quale ci è stato ordinato di perdere tempo.
padre Carlo.
Padre Carlo è un sacerdote di Siracusa, a mio modo di vedere "un eroe del nostro tempo, per l'impegno senza sosta e senza risparmio nei confrenti dei più poveri, i più bistrattati, i più emarginati (gli immigrati).
Io sarei d'accordo per far togliere il Crocifisso dalle scuole. Ma anche dagli ospedali e da tanti enti pubblici. E questo per rispetto del Crocifisso.
Per amore di verità. Questo "segno" che altro non è che la carta di identità
del Dio creduto dai cristiani, non dovrebbe continuare ad essere usato per
ornare luoghi che forse hanno smarrito il loro spirito costitutivo. La scuola,
ad esempio, è luogo educante dove la persona è accompagnata nella sua maturazione prima umana e poi professionale (a cominciare dalla scuola primaria
e secondaria) ? Oppure, nelle aule dei tribunali, dove l'amministrazione
della giustizia non sempre è rispettosa della dignità e dell'uguaglianza
dei cittadini (sia per i tempi biblici che le sono caratteristici, sia per la
cavillosità e costo davvero scoraggianti).
E' desolante che tanti difensori del Crocifisso dicano che esso è un simbolo
della nostra cultura e della nostra storia.
Il crocifisso è un segno non di queste cose (potrebbero esserlo forse le
nostre opere d’arte anche di ispirazione religiosa), ma è segno parlante di
una rivelazione da parte di Dio, per chi ci crede. Il suo luogo naturale è
costituito da tutti i Golgota dove si continua a crocifiggere quell'uomo con il quale Dio ha voluto essere solidale. Se a qualcuno interessa sul serio il Crocifisso, deve cercarlo là e non negli uffici o nei palazzi spesso distanti dai pensieri e dal cuore di quell'uomo di Nazaret. E neanche, aggiungerei, in tante chiese ed edifici ecclesiastici.
Così come dovrebbe essere proibito stupidiare con il Crocifisso ridotto ad orecchino, accessorio di collanine eccetera. In oro, diamanti… Ma oggi si usa anche metterselo sul culo (si dice piersing?)
La vera questione secondo me è allora un'altra: è giusto che si continuino
ad eliminare, sommersi e sepolti da tonnellate di profitto ed indifferenza, i
crocifissi della terra (abitanti del terzo mondo, i nostri giovani senza
futuro, gli immigrati, i popoli devastati dal non rispetto dell'ambiente, i sottoposti ai regimi della mafia, camorra...)?
Ma so bene che questa campagna di eliminazione dei crocifissi in carne e ossa non entusiasma tante nostre associazioni che pur si dicono di ispirazione cattolica. I
crocifissi languono e ci muoiono tra i piedi. Ci inciampiamo sopra e li malediciamo
sperando che presto le nostre città vengano ripulite.
Ma giustamente, mi si farà notare che sono andato fuori strada rispetto al
tema sul quale ci è stato ordinato di perdere tempo.
padre Carlo.
martedì 3 novembre 2009
Il sindaco di Lentini e "gli amici di Iacopo" a Melissa
Il 29 ottobre si sono svolte a Melissa le solenni e commoventi iniziative in memoria della tragica giornata di sessanta anni prima, in cui tre giovani braccianti, Francesco Nigro, Angelina Mauro e Giovanni Zito, persero la vita. La manifestazione durante la quale furono colpiti a morte dalla polizia di Scelba non era dissimile dalle altre migliaia che si svolsero in Italia, e soprattutto nel meridione, tra il 1943 e il 1950: si chiedeva lavoro e l’assegnazione delle terre incolte ai contadini. E non fu neanche l’unica a concludersi così tragicamente, se in quel periodo i manifestanti uccisi furono 75, i feriti oltre 5.000, quelli processati 93.000 e quelli condannati 61.243 (i numeri, da soli, bastano a spiegare che non si trattava di “facinorosi”, come li definiva Scelba, e che le loro istanze non erano estemporanee o di tipo corporativo ).
Anche i braccianti lentinesi furono protagonisti di quella stagione di lotte. Tra questi non si contarono morti, ma neanche a loro furono risparmiati dolori e drammi: vi furono decine di feriti e centinaia di processati.
Il sindaco di Lentini, Alfio Mangiameli è stato presente, insieme ad una delegazione di cui faceva parte anche il sottoscritto. Il primo cittadino a nome della città ha espresso tutta la solidarietà al comune e alla popolazione della cittadina calabrese ed ha voluto ricordare il contributo di lotta, sofferenza e sacrificio che i nostri braccianti diedero negli anni ’40 e ’50 per il progresso e la giustizia sociale in Italia. Ed ha raccolto apprezzamenti e chiari segni di stima e simpatia da amministratori pubblici, sindacalisti, pubblico e relatori. Tra questi spiccavano il sindaco di Melissa, Gino Murgi, il coordinatore della Fondazione G. Di Vittorio, Andrea Gianfagna, i docenti Gino Massullo, dell’Università La Sapienza di Roma, Cesare Pitto, dell’Università della Calabria, Tommaso Baris, dell’Università di Palermo, il segretario della CGIL Calabria, Sergio Genco e il segretario della CGIL di Crotone, Antonio Spataro.
Anche i braccianti lentinesi furono protagonisti di quella stagione di lotte. Tra questi non si contarono morti, ma neanche a loro furono risparmiati dolori e drammi: vi furono decine di feriti e centinaia di processati.
Il sindaco di Lentini, Alfio Mangiameli è stato presente, insieme ad una delegazione di cui faceva parte anche il sottoscritto. Il primo cittadino a nome della città ha espresso tutta la solidarietà al comune e alla popolazione della cittadina calabrese ed ha voluto ricordare il contributo di lotta, sofferenza e sacrificio che i nostri braccianti diedero negli anni ’40 e ’50 per il progresso e la giustizia sociale in Italia. Ed ha raccolto apprezzamenti e chiari segni di stima e simpatia da amministratori pubblici, sindacalisti, pubblico e relatori. Tra questi spiccavano il sindaco di Melissa, Gino Murgi, il coordinatore della Fondazione G. Di Vittorio, Andrea Gianfagna, i docenti Gino Massullo, dell’Università La Sapienza di Roma, Cesare Pitto, dell’Università della Calabria, Tommaso Baris, dell’Università di Palermo, il segretario della CGIL Calabria, Sergio Genco e il segretario della CGIL di Crotone, Antonio Spataro.
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