venerdì 15 agosto 2008

La musica notturna dell'Alcantara

L’8 di agosto ho avuto la fortuna di recitare, assieme a Pippo Galatà, Giovanna Costantino, Nicolò Lasciato, Valeria Roccella, Erica Ragazzi e Peppino Castello, in un piccolo teatro all’aperto poggiato su una sponda del fiume Alcantara, dentro le omonime Gole, un centinaio di metri più a monte dal punto in cui normalmente sono avviati i visitatori, doveil fiume esce dalla stretta e alta fessura di lava ed entra in un letto piuttosto ampio e costeggiato dal verde, da oleandri, da olivastri.
È un posto in cui le pareti distano tra loro non più di otto o dieci metri e sono di altezza differente.
Noi ci trovavamo sulla sponda di sinistra (con riferimento alla sorgente), alta circa 20 metri rispetto al fiume. La parete opposta è alta almeno il doppio. Per osservare il fiume, dunque, dovevamo sporgerci un poco da un parapetto in legno, mentre di fronte a noi si offriva in tutto il suo splendore lo straordinario spettacolo del basalto prismatico. Tutto attorno i profumi inebrianti e i colori della natura rigogliosa tipica dei posti umidi e freschi. Ma ben presto un particolarissimo fenomeno, probabilmente unico al mondo, superò per potenza e suggestione tutto quello che fino a quel momento ci era sembrato di bellezza ineguagliabile: il suono del fiume. Niente a che vedere con lo sciacquio, il gorgoglio, il borbottio, il brontolio, il mormorio, il borboglio, il turbinio di tutti gli altri piccoli fiumi del mondo. L’Alcantara, di notte, suona. L’acqua che scivola, si insinua, turbinìa tra quelle stretti pareti cristalline e ferrose, aspre e rugose, dalle mille protuberanze e mille rientranze, simili a bassorilievi informali scolpiti da Efeso, produce un suono assolutamente irripetibile, indescrivibile, indimenticabile. Ho suggerito (potrei anche dire che ho chiesto) al gestore dell’area e al sindaco di Motta Camastra di offrire ai visitatori questo spettacolo unico e incantevole organizzando passeggiate notturne. Solo per ascoltare la straordinaria musica del fiume Alcantara quando attraversa le Gole. O almeno di farmi fare là altri spettacoli notturni.

Un poesia per San Valentino

Sul sito di San Valentino (www.sanvalentinolentini.it) mi
sono giunte tre poesie di un autore che si firma
Il Giullare di Ciricò.
Le ho trovate tutte e tre molto divertenti, oltre che
scritte bene.
Non resisto alla vanità di pubblicare questa che riguarda
la festa della poesia di San Valentino, ringraziando l'autore
che spero di conoscere presto. Guglielmo

Valintinu

Ogni annu a Lintini
C'è a festa di l'amuri
Valintinu si cunveni
E' u santu prutitturi
Tanta genti s'arricogghi
Né pi soddi o pi dinari
E nammancu pi miragghi
Ma po piaceri di puisiari

Su pueti dilittanti
Ca si virunu ndo ghianu
Fanu rimi vessi e canti
O 'ndialettu o'n'italianu
C'è cu parra da so zita
E cu scrivi niminagghi
C'è cu cunta da so vita
Cu di mari cu di scogghi

Nto misi di fibbraru
No ionnu santificatu
Sa spatti nu libbru raru
A sti pissuni didicatu
Unni ci sunu i fantasii
Storii vere e 'nvintati
Sogni fatti a puisii
Cu malicunii e cu risati

Ora iu vi vulissi riri
A st'amici ca m'ascutati
Mittiti nda catta i pinseri
Nun vi scrupuliati
Chiddu ca v'ispira u cori
Facitilu canusciri a tutti
Gioia tristizza e duluri
Cosi belli e cosi brutti

Su gnionnu avissi a capitari
Stu libbru nte vostri manu
Liggitulu senza criticari
Putannu rispettu e pianu
Ricitatulo na vostra menti
Picchì a cosa mputtanti
Ie ca tutta sta genti
Rici chiddu ca ndo cori senti.

Il Giullare di Ciricò


sabato 9 agosto 2008

Un grande regalo di Fino Giuliano

Lo scrittore lentinese Fino Giuliano (recentemente abbiamo presentato il suo bellissimo "Ritorno in Sicilia") ha un magnifico e seguitissimo blog, che consiglia a tutti di visitare (http://finuzzo.blog.lastampa.it). Oggi i ho letto questo scritto che mi ha incantato e commosso. Mi piace pubblicarlo per Miroslav Tichý e per Fino. Comunque, consiglio di andarlo a rileggere sul blog di Fino perché lì soo pubblicate anche due foto strepitose che io non sono capace di inserire qua. Ringrazio Fino per averci presentato Tarzan e per avermi autorizzato a pubblicare il suo scritto. Guglielmo

Tarzan ce l'ha fatta
Il fotografo ceco Miroslav Tichý, soprannominato Tarzan espone le sue foto a Parigi al Centro Pompidou. La mostra sarà aperta fino al 22 settembre.
Le foto esposte risalgono quasi tutte agli anni Cinquanta e il soggetto è a senso unico: la donna nella sua fisicità. Si tratta di un centinaio di foto in bianco e nero a volte sfocate. Dice a questo proposito l’artista: “Andavo in città, facevo almeno cento foto al giorno, mi veniva automatico, senza il minimo sforzo".
Ma chi è Miroslav Tichý? Senza dubbio l’artista più estroso e naif che abbia oggi la Repubblica ceca. Nato 82 anni fa in un villaggio vicino a Brno, Tichý si è allontanato rare volte da casa. La prima volta lo fa per andare a studiare pittura all’Accademia di Belle Arti di Praga.
Il regime comunista lo rinchiude in un ospedale psichiatrico e poi in una prigione: non sopporta il suo radicalismo e il suo aspetto trasandato e la barba incolta sono in contrasto con la figura dell’uomo nuovo che bisogna creare.
Uscito di prigione, non trova più il suo atelier. I comunisti l’avevano distrutto. Tichý a questo punto si dedica totalmente alla fotografia.
A scoprire il suo genio è il vicino di casa Roman Buxaum, psichiatra e artista che oggi vive in Svizzera.
E’ lui che lo”costringe” a mostrare ai critici le foto, è lui che produce il documentario Tarzan in pensione, grazie al quale il mondo può conoscere uno degli ultimi artisti cresciuti fuori dalla civiltà.
E sì. Il nostro Tarzan, oggi nonostante il successo, continua a vivere nella sua capanna di legno priva di riscaldamento e di servizi igienici.
La consacrazione a livello mondiale avviene nel 2004 alla Biennale di Siviglia quando le sue foto vengono recensite dal New YorkTimes.
Il mondo dell’arte e i normali amanti della fotografia si meraviglieranno conoscendo gli strumenti di lavoro di quest’artista. Tichý le macchine fotografiche se le fa da sé. In quella che vedete nella foto la lente è un fondo di bottiglia legato a una scatola di latta che un tempo conteneva pelati. il tutto viene tenuto insieme dal catrame.
Quest’anno il sogno di Tarzan, che è quello di ogni artista, si realizza. Le sue immagini sono esposte a Parigi.


giovedì 7 agosto 2008

La scomparsa di Pippo La Pira

Mentre scrivo la Chiesa di Sant’Alfio si sta riempendo di gente che assisterà ai funerali del dottor Giuseppe La Pira.
Ci sarà gran parte della città, alla messa e al corteo. E molti dei presenti rivolgeranno a lu l’ultimo saluto chiamandolo Pippo e non Giuseppe. Mi dispiace non esserci. Dal punto di vista personale non avrei nessun obbligo, ma come cittadino lentinese mi sento molto in debito con lui. Ha dato molto alla città. È stato protagonista di molti momenti importanti per Lentini e al centro di situazioni cruciali: il Centro Studi, il Premio Lentini, la FUCI, l’Archeo Club. Ma personalmente gli sono molto grato per quello che di questa città ha osservato, ha raccontato, ha divulgato. Per avere raccontato e fatto conoscere, anche alle generazioni che sono venute dopo e a coloro che non avevano avuto l’opportunità di frequentarli, personaggi come Monsignor La Rosa, Alfio Sgalambro, Carlo Lo Presti. Fu in contatto, spesso anche amico e talvolta collaborò, con tutti i personaggi che dal dopoguerra all’altro ieri hanno avuto ruoli importanti nella città. Ma scrisse di pochi (almeno rispetto a quelli che conobbe): è evidentissimo che sceglieva di chi parlare. E la sua selezione era piuttosto chiara: parlava solo di chi amava Lentini e per essa si era impegnato tutta la vita. Perché era a questo che credeva più di ogni altra cosa: che erano apprezzabili e degni di stima e di rispetto i cittadini che vedevano la loro città come l’anziana madre da accudire, da rispettare, da amare, da abbellire, da valorizzare. Perché lui, Pippo La Pira, era così. Un grande Maestro di amore filiale per Lentini. Spero ci sia qualcuno in grado di raccontarcelo, di farcelo conoscere, di parlarci della sua struggente lentinesità come lui ha fatto egregiamente per tanti anni per gli altri.