venerdì 21 novembre 2008

Viva Villa(ri)

I messicani avevano Pancho Villa e tuttora ne vanno fieri, noi dobbiamo accontentarci del mastelliano Villari. Non avrei mai immaginato, però, che un giorno questo senatore, mastelliano anche nelle fattezze, mi sarebbe diventato simpatico. Eppure è accaduto. Oggi mi appare come un fenomeno nuovo che può portare a grandi cambiamenti nelle regole che tengono insieme la corporazione dei politici italiani. Villari è un senatore elevato inopinatamente a tale carica direttamente dal PD. Un bel giorno il partito antagonista del PD, quel PdL oggi al governo, lo sceglie come suo controllore gradito in una delle articolazioni del potere di chi governa (la RAI). A lui, uomo semplice e concreto, non interessa molto chi lo nomina e a che cosa, gli interessa solo essere nominato. PdL o PD per lui non cambia molto (a Lentini si diceva una volta "cu ti runa pani ghiamulu pattri" (chiama padre chi ti dà da mangiare). Nonostante nell’accettazione della carica di Presidente della Vigilanza RAI c’entra molto l’etica e la cultura del Villari, Di Pietro non sbaglia nel dire che Berlusconi in questo caso è stato un corruttore: il Cavaliere lo ha nominato (l’elezione alla Camera è una pantomima) non perché non ne avesse altri a disposizione ma solo per mettere in difficoltà (riuscendoci magnificamente) l’opposizione e il PD (il padre-partito che a Villari aveva dato "pane" pochi mesi fa). Tutto era chiaro, già visto mille volte in Italia, all’estero, in ogni comune, osceno e banale. Un semplice caso di corruzione, tradimento, cambio di casacca per interesse, ecc. ecc. In una parola, un caso rassicurante, perché fenomeno noto, variabile sempre messa in conto. All’improvviso, però accade il fatto nuovo: il senatore-oggetto che si era venduto per il classico piatto di lenticchie si ribella al suo compratore. Ma, attenzione, non è questo che mi manda in sollucchero. Se la storia finisse qui il Villari avrebbe parzialmente ricucito una grave ferita inferta da se medesimo alla sua propria dignità. E questo rimarrebbe un fatto suo personale difficilmente in grado di emozionare altri al di fuori di se stesso e della sua famiglia. La mia simpatia nei suoi confronti sgorga perché egli, involontariamente, è diventato il granello di sabbia che fa inceppare il sofisticato meccanismo di autodifesa della corporazione dei politici italiani. Con il suo doppio tradimento ha dimostrato la fallibilità delle segreterie dei partiti nello scegliere "loro" i nostri rappresentanti, e la fallibilità del corruttore nello scegliere il domestico. Questa finestra aperta improvvisamente e inaspettatamente dal caso Villari ha permesso a tutti di vedere quanto povera e priva di gusto sia la mobilia del Palazzo. E questo assomiglia molto a quel racconto di Gianni Rodari dal titolo “Gli abiti nuovi dell’imperatore”. Chissà cosa accadrebbe se da Campione d’Italia a Marzamemi si levasse finalmente una grande, rumorosa, maleducata risata in faccia a questa cinquantina di individui che ogni giorno ci rubano un po' di democrazia. Potrebbe finalmente verificarsi il miracolo dello sghignazzo tanto caro a Dario Fo.

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