domenica 7 giugno 2009
Io non respingo
Finite le elezioni, finalmente si può riprendere a parlare di questioni importanti senza essere accusati di “strumentalizzare” per fini elettorali.
Per me tra le questioni importanti c’è anche quella dei cosiddetti respingimenti dei migranti. In realtà i poveracci che cercano di fuggire dalla fame, dalle malattie e dalle guerre non vengono respinti, ma spediti in Libia, il cui ruolo in questa vicenda è solo quello di carceriere. Ora, non credo possa esserci uno sciocco così sciocco da credere che la Libia, ricevuti in consegna gruppi di persone non libiche né italiane, faccia grandi sforzi economici e organizzativi per rifocillarli, curarli, farli riposare, garantire loro il minimo di igiene e di privacy, evitare violenze. E in realtà le notizie che trapelano lasciano pensare più ai lager nazisti che non a centri di accoglienza (che già non sono il massimo della vita). Io sono italiano ma non mi passa neanche per l’anticamera del cervello di condividere questa oscena scelta del governo italiano, di Berlusconi, Maroni, Coda, Calderoli.
Io non respingo. E sto con la CEI, con l’ONU, con la Caritas, con le organizzazioni umanitarie, con quelli che danno qualcosa e non con quelli che sbattono le porte in faccia a chi ha bisogno. E sono convinto di essere una infinitesima parte di una grande moltitudine di italiani. E penso pure che sia importante dirlo, reagire, fare qualcosa. Come padre Carlo D’Antoni, il parroco della Chiesa di Bosco Minniti a Siracusa. Proprio nella sua parrocchia sabato prossimo, 13 giugno alle 18, ci sarà un’importante iniziativa durante la quale sarà proiettato il documentario "Come un uomo sulla terra" e si incontreranno tante bellissime persone provenienti da ogni parte del mondo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Peccato che abbia letto in ritardo questo tuo articolo, caro fratello. Sono conte anch'io e io pure non respingo anzi accolgo, come anni fa ho accolto un extracomunitario aiutandolo a trovare casa, lavoro e,quel che più gli importava, a regolarizzare la sua posizione in Italia. Per questi motivi, dopo tanti anni, quando mi vede continua sempre a dirmi "Andonio du essere mio fradello". Questo amico/fratello è un senegalese di etnia Wolof.Saluti fraterni. Antonio.
Posta un commento