Quello che è accaduto (sperando, mentre leggete questo articolo, non stia ancora accadendo) a Rosarno e Gioia Tauro ci mette davanti ad una realtà assolutamente incontestabile: questo è un Paese razzista, ipocrita e arretrato.
Parole grosse? Vediamo.
Rosarno è una cittadina calabrese, in provincia di Reggio Calabria, che conta poco meno di 16 mila abitanti. Secondo un rapporto di “Medici senza Frontiere” essa, ospita più di 5000 immigrati, 23 diverse nazionalità, tra extra-comunitari e comunitari, che ne fanno la terza zona d'Italia ad alta densità di stranieri in rapporto alla popolazione residente, dopo Napoli e Foggia. Vuol dire che ogni quattro persone che circolano nel suo territorio una è straniera (quasi sempre di pelle nera che più nera non si può). Per anni hanno convissuto pacificamente. Nessuno (autorità, amministrazione, bravi cittadini) si è posto il problema di distinguere tra immigrati regolari e clandestini. Sapete perché? Perché tutti e 5 mila facevano comodo. Perché in campagna, a raccogliere arance e mandarini, quelli lavorano dall’alba al tramonto, come gli italiani di ottant’anni fa, a metà paga e senza ingaggi, diritti, assicurazioni, ecc. E i clandestini facevano più comodo, perché ancora più deboli e meno protetti e anche ricattabili.
Sono stati trattati così male (nel lavoro e fuori) da avviare una vera e propria rivolta. E giustamente tutti ci indigniamo per la rivolta. I bianchi sparano sui corpi dei neri e la cosa non ci turba granché, poi i neri sfasciano i cassonetti e le automobili dei bianchi e siamo tutti preoccupati dell’invasione dei neri. Il Ministro degli Interni (il geniale inventore delle ronde che dovevano salvare l’Italia e che neanche nelle sue valli prealpine hanno trovato gente disposta a farle) ha dichiarato che il problema è dovuto alla eccessiva tolleranza verso i clandestini. Lui quando ha fatto quella dichiarazione non sapeva perché le prime due persone straniere di colore erano state colpite con armi da fuoco, né sapeva se erano regolari o clandestini. Sapeva solo che erano neri. Pertanto, e solo per tanto, erano causa e non vittime di violenza (a quando, sig. ministro, le ronde coi cappucci bianchi e le croci incendiate?). Questo si chiama razzismo e il far finta di non accorgersi che in Italia migliaia e migliaia di poveracci sono tenuti in condizioni di semi schiavitù si chiama ipocrisia.
E l’arretratezza? Questo tipo di razzismo è da Mississippi, Georgia, Louisiana della prima metà del secolo scorso, è quello che abbiamo visto in tanti vecchi film americani da Mississippi burning a Il buio oltre la siepe a La calda notte dell’ispettore Tibbs. La contemporaneità è un nero, figlio di immigrato, Presidente degli Stati Uniti d’America.
sabato 9 gennaio 2010
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1 commento:
I will not acquiesce in on it. I think nice post. Expressly the title-deed attracted me to study the sound story.
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