venerdì 14 gennaio 2011

IL GLOSSARIO DELLE PAROLE E DEI DETTI LENTINESI

Nino Risuglia è un bell’uomo che deve faticare molto per convincere i suoi interlocutori di essere pensionato e quasi settantenne. Da giovane fu un buon atleta (salto in lungo), poi si laureò in legge e per un breve periodo fece l’avvocato, per il resto della sua vita lavorativa è stato dirigente di varie industrie petrolchimiche. Adesso divide il suo tempo tra la sempre affascinante sua Valeria e i suoi tre nipotini.
E in gran parte lo dobbiamo proprio a questi ultimi se possiamo godere di un piccolo gioiello, un delizioso libro dal titolo: “Glossario. Parole e detti lentinesi”: Perché Nino quando parla con loro non usa solo l’italiano. Anzi fa di tutto per infarcire le sue discussioni con i più bei vocaboli del suo amato lentinese, suscitando decine di “E che vuol dire, nonnino?” e godendo di poter dare le dovute spiegazioni. Alla lunga è accresciuta la sua convinzione che questa parlata andava rispolverata, conservata, trasmessa. E non solo ad Alessandro, Federico e Andrea. Ed eccolo, allora, prendere carta e penna e spremere le meningi per ricordare le migliaia di parole, molte delle quali ormai in disuso anche tra i più anziani dei quartieri popolari:
Quanto amore ci vuole per scrivere una ad una circa cinquemila parole e un migliaio di modi di dire? Lo immagino seduto, non a scrivere ma a prendere ogni parola da uno di quei canestrini colorati in cui un tempo si spedivano le arance e lucidarla delicatamente col fiato e col panno e deporla amorevolmente nello scrigno che poi è diventato libro.
Per offrirlo a loro tre. Ed anche a noi tutti,
Nel Glossario troviamo tutti (ma proprio tutti) i termini che usiamo quotidianamente noi che ancora parliamo in dialetto, ma anche tante parole e verbi dei nostri nonni, in buona parte dimenticati: i giuiuzza, curinedda, ciatuzzu,, sangu miu della madre verso i piccolini, i fussetti, u moccuru, i muttetti dei bambini, a cozzicannata e i cozzicatummula di quelli più grandicelli, e poi, a fossetta e u labbisi i tumbuluna, i iangati, i sucazzuna, i masciddati, i pusteddi, l’ossupizziddu, chiddu affrivagghiatu, chiddu ‘nzalanutu, chiddu ‘mpipiriddatu, chiddu mogghiu, chiddu acculantatu, u bazzariotu, e asciari, lammiccari, purraschiari , i fruttati, i manopiri,a critaglia….
Insomma, un lavoro importante che mancava e che adesso c’è. Un vuoto che è stato colmato? Noooo! Qualcosa di più, molto di più.
Senza tanta retorica il nostro Nino ha raccolto lo spirito, il profumo i suoni della nostra parlata, li ha racchiusi in un palloncino trasparente e li ha esposti, mostrandoci così il collante che ci tiene assieme come lentinesi e che avvicina i nipoti ai nonni.
Davvero grande, Nino. Complimenti e grazie.

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