venerdì 24 agosto 2012

Cicogne, tartarughine e capperi



Vent’anni fa proprio nel nostro territorio, sui terreni che un giorno ospitavano le acque del Biviere nidificò una coppia di cicogne.
Erano le prime cicogne, dopo cinque secoli di assenza, che poggiarono piede in Sicilia. Oggi vene sono 140 esemplari, tutti discendenti da quella prima coppia.
In Sicilia ci sono molte zone umide, dall’Oasi del Simeto all’Area Protetta del Ciane, per restare alle più vicine, ma loro scelsero Lentini. Non badarono che fosse bella o brutta.
La sera del 21 agosto è accaduto un altro evento bellissimo e misterioso: sulla spiaggia di Agnone, tra i lentinesi al mare, sono nate una cinquantina di tartarughine caretta-caretta. Sbucavano fuori con la loro andatura buffa da sotto una barca capovolta. (potete vederle su http://www.lanotizia.tv/).
Sapete tutti quanta spiaggia c’è non frequentata da bagnanti, eppure la loro mamma scelse questo posto per deporre le uova. Si fidò, vorrei dire, di noi lentinesi.
Neanche mamma tartaruga badò al fatto che Agnone fosse bella o brutta. Qualcosa la spinse là.
A me piace immaginare che siano dei segnali, dei messaggi rivolti a noi lentinesi.
Dal libro di Nino Risuglia presentato proprio la sera della nascita delle tartarughine emerge un messaggio: la tua città è tua madre. Non è importante che sia bella o brutta, povera o ricca, calma o nervosa. È tua madre, e tu la ami, la rispetti, la fai rispettare e non dimenticherai niente di lei.
Il bellissimo movimento che è nato per il recupero della chiesetta di San Giuseppe Giusto sembra confermare quanto ho appena detto, non è nato perché San Giuseppe Giusto sia bello o perché può essere sfruttabile ai fini turistici e dunque economici, ma perché questa chiesetta è memoria, identità, anima. È un monumento seminascosto all’incuria. Alla incomprensione e alla superficialità dei nostri concittadini. Vogliamo trasformarlo in monumento alla generosità, alla partecipazione, alla ricerca delle radici, della cultura e dell’arte sacra nel nostro territorio.
L’abbiamo abbracciato, appunto, come si fa con la madre, senza secondi fini e senza badare a questioni estetiche. Ma essa ci sta subito donando emozioni straordinarie. Anche legate alla bellezza.
Il vano dedicato al culto è di metri cinque per sette. La superficie dei muri e del soffitto sarà quindi di poco più di 150 metri quadrati. Ebbene, in questo piccolo spazio sono racchiusi affreschi senza nessun valore, ma di straordinaria bellezza.
È una regalo inaspettato e graditissimo. Un premio e uno stimolo, ma lavoreremmo al suo recupero anche se non fosse così.
Perché è così che ci si comporta con la madre.
Onorandola e difendendola da tutti gli insulti a qualsiasi costo e a prescindere da tutto.
E ci sta dando un altro dono forse,  ancora più grande ed inaspettato.
Intanto le foto: tante, scattate fotografi provetti e improvvisati con cui abbiamo già messo in piedi una mostra on line (http://www.facebook.com/media/set/?set=oa.461980100501916&type=1) e ne vogliamo realizzare una itinerante nel periodo natalizio.
E poi la grande  offerta del proprio impegno da parte di decine di giovani e adulti.
Vorrei citarli tutti, uno per uno, ma sono troppi. Credo che nessuno si offenderà  se ne cito solo due: Corinne Valenti e Giuseppe Guercio. La prima, una dolcissima ragazza lentinese, tra le altre cose ne ha fatta una straordinaria: ha interpretato e donato ai contemporanei una scritta ormai quasi del tutto illeggibile.
Il secondo è un ingegnere carlentinese che vive e lavora a Reggio Emilia e sta dedicando con generosità estrema tutti i pochi giorni di vacanza in Sicilia al nostro progetto.
Tra l’altro ha scritto una relazione storico-strutturale della chiesetta, che, con razionalità competenza, ne mette in luce aspetti interessantissimi e tracce in grado di giungere presto ad altre scoperte.
Infine, un pensiero particolare lo dedico al professo Paolo Giansiracusa, il quale si è dichiarato subito pronto a mettere tutta la sua competenza ed il suo prestigio a disposizione del nostro progetto, mentre l’Accademia di Belle Arti “Rosario Gagliardi” da lui diretta si è dichiarata disponibile ad occuparsi del restauro degli affreschi.
Anche qua c’è un chiarissimo segnale di incoraggiamento da parte della natura, l’indicazione della strada da seguire da parte della vita: Su un muro scrostato di San Giuseppe Giusto si è abbarbicato un cappero e ha fatto casa. Le foglioline minute dal verde intenso mostrano che la vita non si ferma davanti al banale ostacolo della mancanza d’acqua e di riparo e rende vivo un muro che gli uomini stolti dichiarano morto.
Gli amici che stanno lavorando alacremente per recuperare San Giuseppe Giusto sono cicogne, tartarughine, capperi. Sono ragazze, ragazzi, donne e uomini vivi che portano vita tra le braccia della loro Lentini.


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