mercoledì 8 agosto 2012

Salvo Fusco, grande artista.



Oggi vi parlerò di un mio amico. Si chiama Salvo Fusco. Ricordatevi il nome perché prima che io finisca di parlare sarà diventato anche vostro amico.
Salvo è lentinese, è fotografo e vive a Falconara Marittima, in provincia di Ancona, insieme alla moglie Tiziana e alle due figliole, Beatrice e Denise.
Perché ve ne parlo? Perché sono stregato dalle sue foto.
Salvo è, insieme, un delicato artista e un formidabile uomo d’avventura.
Va a raccogliere immagini sui bordi della bocca di un cratere vulcanico fumante e tra le nevi perenni della Siberia, nella giungla keniota o dentro una tempesta. E le sue foto esprimono la forza, i colori, i contrati della natura selvaggia, violenta, incontrastabile.
In altre foto riesce ad esaltare la voglia dell’uomo di gareggiare con la natura stessa, il suo epico sforzo e i suoi strabilianti risultati.
Ce n’è una in cui sono colti alcuni momenti di una esibizione di frecce tricolori: La libertà del volo, il ruggito dei motori, la geometrica precisione delle traiettorie ad altissima velocità sembrano un grido di libertà e di vittoria dell’uomo sulle leggi della gravità. Salvo è riuscito a raccogliere e a rendere a noi tutto questo con un solo scatto. Forse un millesimo di secondo. Ma il millesimo di secondo giusto, quello in cui gli aerei sono racchiusi in uno spazio fotografabile ed esprimono la potenza, la velocità, la precisione ai massimi livelli.
E ci sono altre tre foto di tutt’altro tenore che mi hanno colpito particolarmente e che dimostrano la straordinaria versatilità e la profondità della poetica di Salvo.
Una racconta un tramonto. I tramonti sono spesso fotografati e altrettanto spesso dipinti. Sono sempre suggestivi. Le nuvole arrossate dal sole declinante, i campi, in primo piano tendenti al verde scuro. Questa foto è bella come tante altre foto, come tanti dipinti. È la drammaticità del passaggio dal giorno alla notte, alla luce al buio che rende il tutto  molto suggestivo.
Ma qua c’è qualcosa di diverso. C’è l’artista Salvo Fusco che racconta un’altra storia. E ci racconta di sei cipressi di cui potremmo non accorgerci vista la straordinaria potenza di quella luce al tramonto. Ebbene, Salvo riesce a cogliere e ad offrirci uno spettacolo poetico e commovente: il brivido che attraversa e fa vibrare quei cipressi che dopo una giornata di luce sanno di dovere affrontare una notte al buio, al freddo, in solitudine, senza canti d’uccelli.
Poi ce n’è una che sembra avere come soggetto l’Etna in eruzione sullo sfondo di un paesino che fa da quinta.
In realtà, a guardarla bene, ci si accorge che il paesino è muto, deserto, attonito, spaventato. E l’eruzione ne è la spiegazione.
La stessa poesia si coglie in una foto completamente diversa.
In questa il soggetto è la reliquia di Sant’Alfio portata in spalla da alcuni devoti. Lo sfondo è eccezionale: l’ingresso della Grotta dei Santi. Attorno i sacerdoti e i portatori. Quasi a fare da sfondo i semplici fedeli. E mentre tutto è bellissimo, qua, in questa corona di fedeli, donne e uomini, anziani e bambini, si manifesta la grandezza dell’artista. Quei volti esprimono tutta la commozione, l’affetto per il Santo, la contemplazione, lo stupore di essere là in quel momento tipica di lentinesi per Sant’Alfio. E ogni volto sembra esprimere un suono dolce e malinconico. E da questa corona di fedeli sembra elevarsi un coro, un inno ai loro martiri.
Ecco, Salvo riesce a fotografare anche i canti muti, le emozioni più profonde, lo sgomento, lo stupore.






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