Oggi vi
parlerò di un mio amico. Si chiama Salvo Fusco. Ricordatevi il nome perché
prima che io finisca di parlare sarà diventato anche vostro amico.
Salvo è
lentinese, è fotografo e vive a Falconara Marittima, in provincia di Ancona,
insieme alla moglie Tiziana e alle due figliole, Beatrice e Denise.
Perché ve
ne parlo? Perché sono stregato dalle sue foto.
Salvo è,
insieme, un delicato artista e un formidabile uomo d’avventura.
Va a
raccogliere immagini sui bordi della bocca di un cratere vulcanico fumante e
tra le nevi perenni della Siberia, nella giungla keniota o dentro una tempesta.
E le sue foto esprimono la forza, i colori, i contrati della natura selvaggia,
violenta, incontrastabile.
In altre
foto riesce ad esaltare la voglia dell’uomo di gareggiare con la natura stessa,
il suo epico sforzo e i suoi strabilianti risultati.
Ce n’è una
in cui sono colti alcuni momenti di una esibizione di frecce tricolori: La
libertà del volo, il ruggito dei motori, la geometrica precisione delle
traiettorie ad altissima velocità sembrano un grido di libertà e di vittoria
dell’uomo sulle leggi della gravità. Salvo è riuscito a raccogliere e a rendere
a noi tutto questo con un solo scatto. Forse un millesimo di secondo. Ma il
millesimo di secondo giusto, quello in cui gli aerei sono racchiusi in uno
spazio fotografabile ed esprimono la potenza, la velocità, la precisione ai
massimi livelli.
E ci sono
altre tre foto di tutt’altro tenore che mi hanno colpito particolarmente e che
dimostrano la straordinaria versatilità e la profondità della poetica di Salvo.
Una
racconta un tramonto. I tramonti sono spesso fotografati e altrettanto spesso
dipinti. Sono sempre suggestivi. Le nuvole arrossate dal sole declinante, i
campi, in primo piano tendenti al verde scuro. Questa foto è bella come tante
altre foto, come tanti dipinti. È la drammaticità del passaggio dal giorno alla
notte, alla luce al buio che rende il tutto
molto suggestivo.
Ma qua c’è
qualcosa di diverso. C’è l’artista Salvo Fusco che racconta un’altra storia. E
ci racconta di sei cipressi di cui potremmo non accorgerci vista la
straordinaria potenza di quella luce al tramonto. Ebbene, Salvo riesce a
cogliere e ad offrirci uno spettacolo poetico e commovente: il brivido che
attraversa e fa vibrare quei cipressi che dopo una giornata di luce sanno di
dovere affrontare una notte al buio, al freddo, in solitudine, senza canti d’uccelli.
Poi ce n’è
una che sembra avere come soggetto l’Etna in eruzione sullo sfondo di un
paesino che fa da quinta.
In realtà,
a guardarla bene, ci si accorge che il paesino è muto, deserto, attonito,
spaventato. E l’eruzione ne è la spiegazione.
La stessa
poesia si coglie in una foto completamente diversa.
In questa
il soggetto è la reliquia di Sant’Alfio portata in spalla da alcuni devoti. Lo
sfondo è eccezionale: l’ingresso della Grotta dei Santi. Attorno i sacerdoti e
i portatori. Quasi a fare da sfondo i semplici fedeli. E mentre tutto è
bellissimo, qua, in questa corona di fedeli, donne e uomini, anziani e bambini,
si manifesta la grandezza dell’artista. Quei volti esprimono tutta la
commozione, l’affetto per il Santo, la contemplazione, lo stupore di essere là
in quel momento tipica di lentinesi per Sant’Alfio. E ogni volto sembra
esprimere un suono dolce e malinconico. E da questa corona di fedeli sembra
elevarsi un coro, un inno ai loro martiri.
Ecco,
Salvo riesce a fotografare anche i canti muti, le emozioni più profonde, lo
sgomento, lo stupore.
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