Il 21 di
agosto, alle 19. all’Arena Santa Croce sarà presentato il libro “Lentini. Un
amore nella memoria”. L’autore è il mio caro amico e splendido lentinese Nino
Risuglia. L’editore è la Aped
di Angelo Parisi.
A
presentarlo sarà la preside Maria Arisco ed anch’io avrò il privilegi di dire
qualche parola in proposito. Saranno presenti il Sindaco Alfio Mangiameli,
l’assessore alla cultura Nuccia Tronco, la professoressa Antonella Battaglia,
presidente della Commissione letteraria dell’Aped ed alcuni attori
dell’associazione Anteas di Siracusa. A condurre la serata sarà il giornalista
Salvatore Di Salvo. Tra gli ospiti, anche il tenore Tino Incontro.
“Lentini.
Un amore nella memoria” è uno di quei libri che dovevano essere scritti e che
ognuno di noi dovrebbe leggere e conservare a casa. Ma non nella libreria, dove
essi vengono riposti tra molti altri bensì sul comodino, accanto al computer,
sul tavolino del salotto, cioè sempre a portata di mano perché siano sempre consultabili e sempre possano essere mostrati agli
amici.
Di cosa
parla questo libro? Il titolo dice molto ma, ovviamente, non tutto. In un fitto
dialogo con i nipotini l’autore racconta la Lentini degli anni in cui anche lui bambino,
ragazzino, giovanotto. Vengono descritti i giochi, i quartieri, i personaggi, i
mestieri, i rapporti tra amici, tra vicini,
tra familiari, di certi aspetti, direi magici, della natura. Ai ragazzini
mostra un mondo sconosciuto, quello in cui sono cresciuti e si sono formati i
nonni e, indirettamente, i loro genitori. Agli adulti propone una rilettura
pacata e distaccata dei valori che governavano la nostra società: il rispetto
reciproco tra le persone il rispetto profondo per la natura.
C’è tanta
gente che ogni giorno parla delle bellezze di Lentini, le bellezze fisiche.
Talvolta, per affetto, esagerando, altre volte minimizzando, spesso per farne
un uso politico ed elettorale.
Raramente
si trova qualcuno come Nino Risuglia, che guarda all’anima della comunità, cioè
alla parlata, alle relazioni tra i suoi membri, alle dolcezze dei sentimenti.
Nino ne ha
capito l’importanza ed ha capito quanto sia utile, doveroso conservarne la
memoria, mostrarle, tramandarle
Uno delle osservazioni
che più mi hanno colpito è la totale differenza tra i modi di giocare di allora
(siamo negli anni ’50) ed adesso. Oggi i bambini hanno i “loro” giocattoli,
giocattoli che “usano”, spesso da soli, isolati dal resto del mondo. Allora, in
mancanza di giocattoli, si giocava “assieme” agli altri bambini, on gli altri
si faceva “squadra”, ci si coordinava, ci si confrontava, ci si conosceva e rispettava.
Parlare di
questo è per l’autore anche l’occasione per sciorinare decine di giochi con i
loro nomi, le loro regole, i loro trucchi, dalla Ria a quaranta alla Ria a
cento, da A nomu di Diu alla Vacca scinni e ‘ncravacca alla Fussetta, a
Pappantoni di vilanza. E poi il lungo elenco di personaggi molto popolari
(commovente il ritratto che Nino fa di Padre Cantella), i mestieri come l’ugghiularu,
u vanniaturi, u conzapiatti,
l’umbrillaru.
Sul suo primo libro, “Glossario. Parole e detti lentinesi”,
scrissi, nel gennaio dello scorso anno: Quanto amore ci vuole per scrivere una ad una circa
cinquemila parole e un migliaio di modi di dire? Lo immagino seduto, non a
scrivere ma a prendere ogni parola da uno di quei canestrini colorati in cui un
tempo si spedivano le arance in regalo e lucidarla delicatamente col fiato e
con un panno e deporla amorevolmente nello scrigno che poi è diventato libro.
Per quest’altro dovrei ripetere le
stesse cose, e aggiungo che questo suo straordinario e incondizionato amore per
la sua e nostra città è molto simile a quello per la madre: bella o brutta che sia, povera o
ricca, vivace o tranquilla, è la nostra città, la madre. E come la madre va
amata e rispettata senza condizioni. Il solo pensarlo, il solo dirlo rappresentano
un primo contributo per farla amare e per migliorarla.
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