Dopo 19
anni di berlusconismo e bossi-leghismo c’era da credere che gli italiani si
fossero stancati dei capi carismatici, dei tribuni, dei capi senza controllo.
E non soltanto
per noia, solo perché diciannove anni sono lunghi e si può avere voglia di
cambiare, ma anche perché è sotto gli occhi di tutti la fine che normalmente fa
che non ha contraddittorio interno, chi non ascolta nessuno, chi per paura o
per pochezza della sua corte incassa
solo approvazioni e complimenti.
A Bossi e
Berlusconi sicuramente avrebbero fatto bene delle critiche, delle correzioni,
dei suggerimenti, di tanto in tanto. E facendo bene a loro avrebbero fatto bene
anche all’Italia. Ma i capi non gradiscono.
È accaduto
così che un cosa seria come il governo di una Nazione è stata guidata e
interpretata come una “burlesque”, per dirla con una parola diventata di moda
in questi giorni.
I capi non
governano seguendo canoni oggettivi rigidi, sulla base della conoscenza dei
problemi e della ricerca delle possibili soluzioni, in base alla conoscenza
della storia, della società, dell’economia, ma secondo caratteristiche
soggettive, inventiva e improvvisazione, dove la cifra personale supera tutte
le altre.
I guai in
cui ci ha portato l’esserci affidato ai grandi capi senza partito alle spalle
sono vivissimi sulla nostra pelle. Ancora i due rais sono caldi caldi che già
molti italiani si stanno innamorando follemente di un altro rais, un altro capo
incontrastato e incontrastabile, ad un altro taumaturgo: Beppe Grillo.
E chi è
costui? Cos’ha fatto, cos’ha studiato, cos’ha inventato? Dice cose già sentite
proprio dalla rinomata ditta B&B: “tutti rubano”, “tutti ladri”, “il
teatrino della politica”, “i professionisti della politica” e così via irridendo.
Quelli in
cambio ci hanno dato scenette da avanspettacolo: fondazione di nuovi partiti
col piede sul predellino, riti pagani alle fonti del Po, l’invenzione di nemici
nuovi e vecchi, l’apertura al linguaggio delle taverne.
E cos’hanno
fatto i due ex compari per cambiare le cose negli ultimi diciannove anni? Altri
giochi di prestigio: il ponte sullo stretto, L’Aquila ricostruita, centrali
nucleari ogni tre passi, i ministeri a Monza... per non dire della barzelletta
dell’Italia uscita dalla crisi e per giunta meglio degli altri Paesi Europei,
degli aerei e dei ristoranti sempre pieni, ecc. Teatro di periferia, farsa,
burlesque, appunto.
Certo, Se
loro non ci sono riusciti, direte voi, Grillo potrebbe riuscirci. Ma a cambiare
che cosa? Ma governare vuol dire cambiare? Governare vuol dire governare. E non
si può né cambiare né governare se non
si ha in testa cosa fare, dove andare, con chi.
Tutti in Italia
diciamo no all’IMU. Basta per dire che tutti siamo in grado di governare?
Perché mai
per insegnare il latino e per curare i denti c’è bisogno di studiare pe anni,
per fare il parrucchiere o il sarto c’è bisogno di anni di apprendistato mentre
per governare un Paese di 60 milioni di abitanti dovrebbe essere sufficiente sapere
urlare, avere una barca di soldi, avere la faccia tosta?
Ricordo come
negli anni ’70-’80 si ripeteva in tutte le salse al PCI che non poteva
governare in Italia perché al suo interno vigeva il centralismo democratico e
da un partito che si autogovernava con quella regola ci si doveva aspettare che
appena giunto al potere quella regola l’avrebbe imposta a tutti gli italiani.
La regola
di autogoverno del movimento di Grillo è quella del capo che parla, critica,
urla, incita, inveisce e dei seguaci-fans che hanno la sola facoltà di applaudirlo.
Di nuovo un’Italia così? Questa è roba buona per protestare o per distrarsi po’,
non per governare.
Intanto il
Beppe di moda ha cominciato a mettere le Cose in chiaro. Se il fratello Silvio
diceva che il mafioso Mangano era un eroe, lui ha affermato che la mafia alla
fin fine si limita a “chiedere” il pizzo, mica strangola le sue vittime come fa
lo Stato. Mangano Eroe, mafia da preferire allo Stato. Se il fratello Umberto
rischia di perdere un mare di voti dopo gli scandali che lo riguardano, il fratellino
Beppe ha dichiarato che andrà lui a recuperare quei voti (evidentemente
promettendo ciò che prima ha promesso Umberto). E d’altra parte Silvio, che è
sveglio, qualche anno fa lo dichiarò chiaro e tondo: “Grillo è il mio miglire
alleato”. Va bene così, in democrazia si può fare. Il guaio è che i “sedotti”
di Grillo oo convinti che finalmente con il fraello più piccolo di Berlusconi e
Boss arriverà la novità.