giovedì 24 luglio 2008
mercoledì 23 luglio 2008
Un'incredibile sottovalutazione
A me pare che tra le tante cose dette, sentite, lette e ascoltate sul famigerato intervento di Bossi dell’altro giorno, manchi la giusta considerazione nei confronti di una frase contenuta in quell’intervento: il ministro razzista disse che avrebbe cacciato via gli insegnanti meridionali perché colpevoli di “bastonare” gli studenti padani (“i nostri ragazzi”). Bisogna aver vissuto sulla luna per non temere che questa frase potrebbe essere interpretata, dagli immancabili idioti-bulli-razzisti, ome una specie di lasciapassare per qualche bastonatura (stavolta non metaforica) nei confronti di professori meridionali a loro parere “nemici della padania”. Chi crede sia esagerato il mio timore, ripensi a quante aggressioni e calunnie hanno subito zingari, rom e rumeni da quando un altro esponente dello schieramento neo razzista, al servizio più di bossi che dello Stato, ha cominciato ad additare questi ultimi come massima minaccia del Paese. È stato sempre così ed è probabile che sarà così anche con gli insegnanti meridionali additati come persecutori di bravi ragazzi padani.Sembra che il mondo politico sia stato turbato solo dall’offesa all’Inno Nazionale, trascurando del tutto il fatto che un Ministro della Repubblica abbia espresso sentimenti così brutali su una parte della popolazione inerme, indifesa e facilmente aggredibile (stiamo parlando di emigrati per lavoro, spesso giovani all’inizio di cariera e soli in città non loro).
martedì 22 luglio 2008
Il ministro avvinazzato, l'oppositore esangue e il Presidente distratto
Umberto Bossi, incredibilmente ministro della Repubblica Italiana, ha commentato con l’educazione ed il buon gusto tipico del soggetto, un verso dell’Inno nazionale. Le reazioni politiche sono state improntate al bon ton: si va dal classico “non bisogna strumentalizzare” all’annoiato “sapete com’è fatto” fino all’arditissimo “Berlusconi si dissoci” (Veltroni, quando s’incazza, diventa una tigre!).
Ci saremmo aspettati più vigore, Ma forse il caldo di questi giorni ha fiaccato un po’ tutti. Il ministro del fiasco, probabilmente tradito da un pessimo vino padano (perché non prova qualche buon rosso siciliano? Sono garantite sbornie meno cupe) non si è fermato a questo: ha continuato dicendo che al Nord non vuole più insegnanti meridionali. Vi ricordate quell’arbitro che ha sbancato su You Tube per essere entrato in campo ubriaco fradicio? Forse Bossi voleva superarlo in popolarità. E la cosa, se finisse qui, non sarebbe niente male: finalmente un po’ d’allegria. Ma se un ministro dice che gli insegnanti meridionali nelle scuole padane “bastonano” gli studenti padani, beh, le cose si fanno serie. Qua si sta parlando di razzismo nelle scuole. E i razzisti sono gli insegnanti meridionali. Suppongo che un 5% di imbecilli così come negli stadi, nelle discoteche, nelle strade, nelle fabbriche, ci sarà anche nelle scuole. E vi sembra impossibile che qualcuno di questi imbecilli possa sentirsi moralmente autorizzato a ricambiare (stavolta non metaforicamente) le “bastonate” ricevute dal professore meridionale “ladro di posti di lavoro e antipadano”?
Ma state tranquilli. L’inflessibile Veltroni pretenderà che il preside della scuola dove questo avverrà si dissoci dai suoi alunni. E il Presidente della Repubblica emetterà un altro severo comunicato sui processi-spettacolo. E il dialogo non si interromperà. E il Ministro delle Riforme, anche se col bicchiere in mano, quando darà vita al federalismo si ricorderà che mentre sull’Inno nazionale quacuno sussurrò qualcosa, sui professori meridionali nessuno non fiatò. E tirerà dritto.
Ci saremmo aspettati più vigore, Ma forse il caldo di questi giorni ha fiaccato un po’ tutti. Il ministro del fiasco, probabilmente tradito da un pessimo vino padano (perché non prova qualche buon rosso siciliano? Sono garantite sbornie meno cupe) non si è fermato a questo: ha continuato dicendo che al Nord non vuole più insegnanti meridionali. Vi ricordate quell’arbitro che ha sbancato su You Tube per essere entrato in campo ubriaco fradicio? Forse Bossi voleva superarlo in popolarità. E la cosa, se finisse qui, non sarebbe niente male: finalmente un po’ d’allegria. Ma se un ministro dice che gli insegnanti meridionali nelle scuole padane “bastonano” gli studenti padani, beh, le cose si fanno serie. Qua si sta parlando di razzismo nelle scuole. E i razzisti sono gli insegnanti meridionali. Suppongo che un 5% di imbecilli così come negli stadi, nelle discoteche, nelle strade, nelle fabbriche, ci sarà anche nelle scuole. E vi sembra impossibile che qualcuno di questi imbecilli possa sentirsi moralmente autorizzato a ricambiare (stavolta non metaforicamente) le “bastonate” ricevute dal professore meridionale “ladro di posti di lavoro e antipadano”?
Ma state tranquilli. L’inflessibile Veltroni pretenderà che il preside della scuola dove questo avverrà si dissoci dai suoi alunni. E il Presidente della Repubblica emetterà un altro severo comunicato sui processi-spettacolo. E il dialogo non si interromperà. E il Ministro delle Riforme, anche se col bicchiere in mano, quando darà vita al federalismo si ricorderà che mentre sull’Inno nazionale quacuno sussurrò qualcosa, sui professori meridionali nessuno non fiatò. E tirerà dritto.
venerdì 18 luglio 2008
mercoledì 16 luglio 2008
La Biblioteca di Lentini, un prezioso volume e il donatore nascosto
In un articolo dal titolo “Tutto bene, tranne i locali” pubblicato da“La Sicilia” il 15 luglio, il giornalista Gaetano Gimmillaro ha illustrato con grande chiarezza quali sono i motivi di orgoglio e i grandi crucci della Biblioteca Comunale di Lentini.Tra gli aspetti positivi, il giornalista annovera, ben a ragione, il beneficio che la Biblioteca trae dalle donazioni di cittadini generosi, tra cui si cita il sig. Salvatore Brancato. Poi fa cenno ad un volume preziosissimo, il più antico tra quelli in dotazione, quello dei proverbi di Re Salomone. Vista l’importanza che immediatamente prima si è attribuita al gesto della donazione e il grande valore riconosciuto al libro, mi aspettavo di leggere finalmente da qualche parte che anche questo volume fa parte del patrimonio della biblioteca grazie ad una donazione e che il donatore si chiama Salvatore Cultrera. Conosco benissimo il professor Gimmillaro, la sua impeccabile professionalità e l’estrema meticolosità con cui svolge il suo lavoro, e conosco altrettanto bene la ritrosia di Salvatore Cultrera. Sono certo, quindi, che la responsabilità della incompletezza dell’informazione non è da attribuirsi al giornalista bensì al donatore, il quale non ha mai richiesto un riconoscimento scritto e ufficiale per il suo gesto. Mi permetto questa segnalazione non solo per “dare a Cesare quel che è di Cesare”, per quanto banale possa essere considerato dal mio amico Salvatore Cultrera, ma anche per additare un altro esempio auspicabilmente da seguire.
domenica 13 luglio 2008
Angelo Brancato
La scomparsa, prematura e inaspettata, di Angelo Brancato, mi ha molto addolorato e mi ha sollecitato due riflessioni forse di qualche interesse pubblico.
Il dolore è stato doppio: per la scomparsa di un amico ma anche per la scomparsa di un uomo dolce, buono e fragile. E avverto un piccolo senso di colpa nel pensare solo ora quanto egli fosse dolce, buono e fragile. Anch’io, come quasi tutti quelli che avevano rapporti con lui, l’ho conosciuto e gli sono diventato amico nell’ambito della politica, ed è per questo che la sua “maschera” di politico caparbio, furbo e sempre perdente ha prevalso, agli occhi nostri, sulla sua più intima e complessa personalità. Anche chi ha pronunciato il discorso funebre, in chiesa, ha parlato della maschera, della sua immagine pubblica: “uomo di partito” “sempre candidato per servizio”, “furbo come una volpe”, trascurando l’uomo.
Ma se, finalmente, la smettessimo, ora che è morto, di parlare del personaggio e guardassimo all’uomo, diremmo così: “uomo dalle idee chiare e dalle forti idealità: non si allontanò mai dall’area politica da lui identificata come quella più vicina ai bisogni della parte più povera della società”; “insuperabile, incorreggibile, strepitoso rompiscatole che si candidava sempre in qualsiasi competizione pur sapendo di non essere eletto, per il gusto di rifiutare esclusioni e per sparigliare le carte a chi, di volta in volta, faceva da mazziere”; E la smetteremmo anche con quella sciocchezza della “furbizia”, massima concessione degli scolarizzati nei confronti di chi scolarizzato non è. Per quanto riguarda la dolcezza, la bontà e la fragilità, sfido chiunque a smentirmi citando un solo caso in cui sia stato colto sgarbato, scortese, tirchio, meschino, vendicativo, rabbioso, prepotente, protetto.
Prima riflessione. Angelo è stato l’ultimo dei consiglieri-amministratori di estrazione ultra popolare. L’ultimo a rappresentare, a sentirsi ed essere riconosciuto come parte di una larga fascia di gente povera, emarginata, dalla vita difficile. Di questi cittadini ce ne sono tanti a Lentini. In consiglio comunale, in giunta ed ora anche nei partiti non c’è nessuna loro espressione.
Seconda riflessione. C’è stato un tempo in cui in tutti i partiti c’era spazio, rispetto e parità di diritti anche per i militanti alla Angelo Brancato. Era la democrazia, e tendeva a dare voce a tutti e mettere a frutto il contributo di tutti. Oggi i diritti, il rispetto e lo spazio all’interno dei partiti e, più complessivamente, della politica, sono direttamente proporzionali alle potenzialità elettorali del soggetto: disponibilità economica per sostenere spese elettorali, ragguardevole dotazione di voti, bella presenza, ambizione, aggressività. È competizione tra individui, e tende a favorire la vittoria dei più forti.
Il dolore è stato doppio: per la scomparsa di un amico ma anche per la scomparsa di un uomo dolce, buono e fragile. E avverto un piccolo senso di colpa nel pensare solo ora quanto egli fosse dolce, buono e fragile. Anch’io, come quasi tutti quelli che avevano rapporti con lui, l’ho conosciuto e gli sono diventato amico nell’ambito della politica, ed è per questo che la sua “maschera” di politico caparbio, furbo e sempre perdente ha prevalso, agli occhi nostri, sulla sua più intima e complessa personalità. Anche chi ha pronunciato il discorso funebre, in chiesa, ha parlato della maschera, della sua immagine pubblica: “uomo di partito” “sempre candidato per servizio”, “furbo come una volpe”, trascurando l’uomo.
Ma se, finalmente, la smettessimo, ora che è morto, di parlare del personaggio e guardassimo all’uomo, diremmo così: “uomo dalle idee chiare e dalle forti idealità: non si allontanò mai dall’area politica da lui identificata come quella più vicina ai bisogni della parte più povera della società”; “insuperabile, incorreggibile, strepitoso rompiscatole che si candidava sempre in qualsiasi competizione pur sapendo di non essere eletto, per il gusto di rifiutare esclusioni e per sparigliare le carte a chi, di volta in volta, faceva da mazziere”; E la smetteremmo anche con quella sciocchezza della “furbizia”, massima concessione degli scolarizzati nei confronti di chi scolarizzato non è. Per quanto riguarda la dolcezza, la bontà e la fragilità, sfido chiunque a smentirmi citando un solo caso in cui sia stato colto sgarbato, scortese, tirchio, meschino, vendicativo, rabbioso, prepotente, protetto.
Prima riflessione. Angelo è stato l’ultimo dei consiglieri-amministratori di estrazione ultra popolare. L’ultimo a rappresentare, a sentirsi ed essere riconosciuto come parte di una larga fascia di gente povera, emarginata, dalla vita difficile. Di questi cittadini ce ne sono tanti a Lentini. In consiglio comunale, in giunta ed ora anche nei partiti non c’è nessuna loro espressione.
Seconda riflessione. C’è stato un tempo in cui in tutti i partiti c’era spazio, rispetto e parità di diritti anche per i militanti alla Angelo Brancato. Era la democrazia, e tendeva a dare voce a tutti e mettere a frutto il contributo di tutti. Oggi i diritti, il rispetto e lo spazio all’interno dei partiti e, più complessivamente, della politica, sono direttamente proporzionali alle potenzialità elettorali del soggetto: disponibilità economica per sostenere spese elettorali, ragguardevole dotazione di voti, bella presenza, ambizione, aggressività. È competizione tra individui, e tende a favorire la vittoria dei più forti.
mercoledì 9 luglio 2008
Iacopo e Camilleri portano Lentini in prima pagina.
Il 7 luglio un articolo di Repubblica, con inizio in prima pagine e poi in tutto un paginone interno, è apparso un articolo dal titolo "L'amore raccontato dai poeti della mia Sicilia", contenente una notizia bellissima: la Mondadori ha edito tre volumi ai poeti della Scuola Siciliana, e di questi volumi, il primo è interamente dedicato a Giacomo da Lentini (“e non poteva che essere dedicato a lui” precisa l’autore dell’articolo).
Eh già, l’autore! Dimenticavo di dirlo: si chiama Andrea Camilleri. Qualcuno lo conosce?
I libri scritti sul Notaro e le pubblicazioni della sua poesia non si contano (un pregevole testo del nostro concittadino Gianni Cannone ha visto la luce solo pochi mesi fa). Ma quest’opera (da Camilleri definita "grandiosa") pare destinata a conquistare il primo posto per importanza scientifica e per potenzialità divulgative. Il protopoeta lentinese da secoli è letto, studiato, apprezzato in ogni latitudine, non solo per le sue poesie ma anche per "la strepitosa invenzione di quella forma metrica perfetta che è il sonetto" (sono ancora parole di Camilleri) e per essere stato citato da Dante nella sua "De vulgari eloquentia" come il primo poeta della Scuola Siciliana, a sua volta fondamento della lingua volgare, l'italiano delle origini. Ma non possiamo fare a meno di commuoverci e provare anche noi un fremito di orgoglio se leggiamo ora, nel 2008, circa otto secoli dopo il suo passaggio su questa terra, che Giacomo è considerato il fondatore della lirica italiana (Roberto Antonelli, curatore del libro).
In quest’epoca tutta incentrata sulla comunicazione, un articolo firmato da Andrea Camilleri e pubblicato su un giornale di larghissima diffusione avrà un effetto dirompente: l’interesse e la curiosità attorno a Giacomo da Lentini crescerà enormemente.
Anche la sua città natale, tra l’altro mai disgiunta dal suo nome, entrerà, volente o nolente, sotto la luce dei riflettori. E a questo punto è d’obbligo la domanda: cosa intende fare questa città? Intende riconoscersi e farsi riconoscere come la città di Iacopo e assumersi certe responsabilità oppure no? Per chiarire il seno della mia domanda, voglio dire che qua non si tratta più solo di una questione riguardante la letteratura, la poesia, gli studiosi, le scuole e neppure una questione di orgoglio campanilistico (e i due aspetti, comunque, non mi sembrano di poco conto). Qui si tratta di decidere se “diventare” città di Iacopo, cioè città in cui un turista che venga perché qui nacque Iacopo non rimanga deluso come non lo rimane chi visita Recanati perché città natale di Leopardi (e sono tanti, quelli che visitano Recanati). Si tratta di diventare città in cui in ogni via, in ogni piazza, nella Biblioteca comunale, nelle librerie abbondino le tracce di Iacopo. Questa di cui fino ad ora ho parlato come di un onere, in realtà si rivelerebbe per Lentini non solo un onore, ma anche una straordinaria e inaspettata possibilità di crescita culturale ed economica. Un gruppo di persone e di associazioni è già al lavoro per organizzare un primo convegno su Iacopo con la presenza di Camilleri, Antonelli, Silvano Nigro, ecc., alla fine di ottobre, Il livello del Convegno e le prospettive che potrebbe aprire non dipenderanno solo dagli organizzatori, ma anche dal ruolo che il Comune, la Regione, la Provincia e le scuole vorranno giocare.
(publicato su "Murganzio")
Eh già, l’autore! Dimenticavo di dirlo: si chiama Andrea Camilleri. Qualcuno lo conosce?
I libri scritti sul Notaro e le pubblicazioni della sua poesia non si contano (un pregevole testo del nostro concittadino Gianni Cannone ha visto la luce solo pochi mesi fa). Ma quest’opera (da Camilleri definita "grandiosa") pare destinata a conquistare il primo posto per importanza scientifica e per potenzialità divulgative. Il protopoeta lentinese da secoli è letto, studiato, apprezzato in ogni latitudine, non solo per le sue poesie ma anche per "la strepitosa invenzione di quella forma metrica perfetta che è il sonetto" (sono ancora parole di Camilleri) e per essere stato citato da Dante nella sua "De vulgari eloquentia" come il primo poeta della Scuola Siciliana, a sua volta fondamento della lingua volgare, l'italiano delle origini. Ma non possiamo fare a meno di commuoverci e provare anche noi un fremito di orgoglio se leggiamo ora, nel 2008, circa otto secoli dopo il suo passaggio su questa terra, che Giacomo è considerato il fondatore della lirica italiana (Roberto Antonelli, curatore del libro).
In quest’epoca tutta incentrata sulla comunicazione, un articolo firmato da Andrea Camilleri e pubblicato su un giornale di larghissima diffusione avrà un effetto dirompente: l’interesse e la curiosità attorno a Giacomo da Lentini crescerà enormemente.
Anche la sua città natale, tra l’altro mai disgiunta dal suo nome, entrerà, volente o nolente, sotto la luce dei riflettori. E a questo punto è d’obbligo la domanda: cosa intende fare questa città? Intende riconoscersi e farsi riconoscere come la città di Iacopo e assumersi certe responsabilità oppure no? Per chiarire il seno della mia domanda, voglio dire che qua non si tratta più solo di una questione riguardante la letteratura, la poesia, gli studiosi, le scuole e neppure una questione di orgoglio campanilistico (e i due aspetti, comunque, non mi sembrano di poco conto). Qui si tratta di decidere se “diventare” città di Iacopo, cioè città in cui un turista che venga perché qui nacque Iacopo non rimanga deluso come non lo rimane chi visita Recanati perché città natale di Leopardi (e sono tanti, quelli che visitano Recanati). Si tratta di diventare città in cui in ogni via, in ogni piazza, nella Biblioteca comunale, nelle librerie abbondino le tracce di Iacopo. Questa di cui fino ad ora ho parlato come di un onere, in realtà si rivelerebbe per Lentini non solo un onore, ma anche una straordinaria e inaspettata possibilità di crescita culturale ed economica. Un gruppo di persone e di associazioni è già al lavoro per organizzare un primo convegno su Iacopo con la presenza di Camilleri, Antonelli, Silvano Nigro, ecc., alla fine di ottobre, Il livello del Convegno e le prospettive che potrebbe aprire non dipenderanno solo dagli organizzatori, ma anche dal ruolo che il Comune, la Regione, la Provincia e le scuole vorranno giocare.
(publicato su "Murganzio")
Una dolcissima fiaba e uno splendido video per ricostruire l’Antico Lavatoio
Recentemente ho scritto, desolato, del silenzio caduto sull’Antico Lavatoio. Mi è giunta subito la più deliziosa delle smentite. Se è vero che ne parlano poco e male amministratori e politici (a volte sconsolatamente lontani dalla città), ne parla, tanto e bene, il mondo della scuola. Un paio di mesi fa la questione dell’Auditorium fu uno dei temi centrali in un convegno organizzato dal Liceo Classico Gorgia insieme alla Fondazione Pisano e al Comitato Antico Lavatoio; adesso c’è in circolazione uno splendido, incantevole, commovente piccolo capolavoro: un video realizzato e interpretato da alunni di quinta elementare e prima media del Terzo Istituto Scolastico Comprensivo (ovviamente con l’aiuto di alcuni insegnanti ed animatori sensibili e bravissimi) su una fiaba scritta da loro stessi. Una fiaba che inizia raccontando fatti veramente accaduti. Questi bambini avevano lavorato per mesi alla preparazione di una recita da portare in scena proprio all’auditorium (come ogni anno, come tutte le scuole). Ma qualche giorno prima della data tanto attesa, un triste lunedì mattina, andando a scuola, che è proprio lì di fronte, si accorsero che quello che per un giorno avrebbe dovuto essere il “loro” teatro, era andato in fumo. E con esso andava in fumo anche la recita che li avrebbe visti protagonisti davanti a compagni, amichetti, genitori, insegnanti. Da qui prende slancio il film che ha per titolo “I mostri di Lentini” e che mostra quanto bravi siano questi ragazzi come autori, come attori e come cittadini. Sissignore, come cittadini, perché ciò che emerge splendidamente dall’opera è la voglia di reagire davanti ad un avvenimento che ha privato un’intera comunità del prezioso bene di uno spazio comune e di un edificio storico. Insomma, una bella lezione anche per molti adulti immediatamente rassegnatisi alla resa davanti all’incendio ed ai danni da esso provocati. Mi piacerebbe parlarne ancora a lungo, ma un film che si rispetti non va raccontato, ma visto. Penso sarà possibile proiettarlo per un grande pubblico quest’estate alla Villa Gorgia o all’Arena Santa Croce (se sarà disponibile prima che finisca l’estate). Complimenti e molte grazie, dunque ai piccoli interpreti ed autori Simone Costanzo, Andrea Deus-scit, Tecla Fazio, Federica Ferro, Salvo Forte, Stefano La Ferla, Arianna Mangiameli, Isabella Marino, Luca Samo, Irene Scalia, Simone Scalia, Martina Sortino e agli animatori del progetto, Mario Bonica, Concetta Rovere e Maria Rosa Conti. Un plauso particolare va rivolto a Mario Bonica, che ha curato la regia, il montaggio e produzione del video con risultati a dir poco eccezionali e all’insegnante Mari Rosa Conti , che si è cimentata anche come attrice, assieme agli alunni, con grande senso del gioco e altrettanta bravura.
(Pubblicato su "Murganzio")
(Pubblicato su "Murganzio")
"Magia sulle ali del Cigno" un altro film lentinese alla Rassegna di Motta Camastra
Giovedì sera, A Motta Camastra, alla Rassegna Internazionale del Documentario naturalistico verrà proiettato un altro video realizzato da lentinesi. Il titolo è “Magia sulle ali del cigno” e la regia è di Alfredo Martines. La produzione è di Infinity Media, la sceneggiatura di Sergio Militti..
Tratta di un duplice viaggio nello spazio e nel tempo dentro Catania (monumenti, chiese, edifici storici, barocco, mercato, pescheria, ecc), nel suo territorio (Etna, S. Giovanni Li Cuti, Ognuna, Plaia). Il tempo è quello che a ritroso ci porta fino agli anni in cui visse Vincenzo Bellini. Ed è il suo fantasma, o meglio, una sua statua che prende vita, sentimenti e voce, a farci da guida, accompagnando il percorso con le note della sua musica immortale. L’animazione della statua del “Cigno” è una dimostrazione di bravura straordinaria da parte del gruppo (ripeto, tutto lentinese) che ha realizzato il film. Alla rassegna è presentato fuori concorso. Sarebbe auspicabile poterlo proiettare, prima o poi, anche a Lentini
Tratta di un duplice viaggio nello spazio e nel tempo dentro Catania (monumenti, chiese, edifici storici, barocco, mercato, pescheria, ecc), nel suo territorio (Etna, S. Giovanni Li Cuti, Ognuna, Plaia). Il tempo è quello che a ritroso ci porta fino agli anni in cui visse Vincenzo Bellini. Ed è il suo fantasma, o meglio, una sua statua che prende vita, sentimenti e voce, a farci da guida, accompagnando il percorso con le note della sua musica immortale. L’animazione della statua del “Cigno” è una dimostrazione di bravura straordinaria da parte del gruppo (ripeto, tutto lentinese) che ha realizzato il film. Alla rassegna è presentato fuori concorso. Sarebbe auspicabile poterlo proiettare, prima o poi, anche a Lentini
martedì 8 luglio 2008
Leontinoi - Hic sunt leones, video lentinese alla Rassegna del Documentario
Mercoledì a Motta Camastra nella secondo serata della Rassegna Internazionale del Documentario Naturalistico, assieme a "I mostri di Lentini" sarà proiettato il video "Lontinoi - hic sunt leones" prodotto da Infinity Media e diretto da Alfredo Martines.
Ecco la scheda:
Titolo: Leontinoi – Hic sunt leones
Produzione: Infinity Media
Anno di produzione: 2001
Sceneggiatura e fotografia: Sergio Militti
Musica originale: Carlo Cattano
Regia e montaggio: Alfredo Martines
Sinossi:
Viaggio nella campagna, nel lago, nelle aree archeologiche, tra le chiese e gli edifici storici dei comuni di Lentini, Carlentini e Francofonte, il triangolo dell’agrumeto
Ecco la scheda:
Titolo: Leontinoi – Hic sunt leones
Produzione: Infinity Media
Anno di produzione: 2001
Sceneggiatura e fotografia: Sergio Militti
Musica originale: Carlo Cattano
Regia e montaggio: Alfredo Martines
Sinossi:
Viaggio nella campagna, nel lago, nelle aree archeologiche, tra le chiese e gli edifici storici dei comuni di Lentini, Carlentini e Francofonte, il triangolo dell’agrumeto
Un video di bambini lentinesi alla rassegna del Documentario
Mercoledì 9 luglio, a Motta Camastra, nella Rassegna Internazionale del Documentario Naturalistico, fuori concorso
Titolo: I Mostri di Lentini
Produzione: Terzo Istituto Scolastico Comprensivo – Lentini. Progetto Legalità Scuola.
Storia scritta, interpretata e realizzata da
Valentina Camerata, Salvo Castiglia, Manuel Catinella, Simone Costanzo, Andrea Deus-scit, Tecla Fazio, Federica Ferro, Salvo Forte, Stefano La Ferla, Arianna Mangiameli, Isabella Marino, Luca Samo, Irene Scalia, Simone Scalia, Martina Sortino.
Animatori: Mario Bonica, Concetta Rovere, Maria Rosa Conti.
Regia, montaggio e produzione video: Mario Bonica.
Data produzione: Marzo 2008
Sinossi
Una favola scritta, interpretata e realizzata da alunni di quinta elementare e prima media del Terzo Istituto Scolastico Comprensivo di Lentini.
Una favola nata dal dolore, dall’indignazione e dalla delusione dei bambini quando, tornando a scuola un lunedì dell’estate scorsa, si accorsero che l’Auditorium comunale ubicato di fronte al loro istituto era stato distrutto da un incendio. Essi, nei giorni seguenti, avrebbero dovuto portare in scena, in quell’auditorium, un lavoro teatrale a lungo preparato con i loro insegnanti, così come ogni anno facevano tutti gli alunni di Lentini. La recita, ovviamente, non si tenne più.
Da qui il bisogno di immaginare che da qualche parte esiste la giustizia (in questo caso sotto forma di una matita magica) in grado di rifare l’edificio com’era prima dell’incendo, anzi ancora più bello, ed anche di trasformare i mostri che hanno bruciato l’auditorium in ragazzi normali e sereni.
Titolo: I Mostri di Lentini
Produzione: Terzo Istituto Scolastico Comprensivo – Lentini. Progetto Legalità Scuola.
Storia scritta, interpretata e realizzata da
Valentina Camerata, Salvo Castiglia, Manuel Catinella, Simone Costanzo, Andrea Deus-scit, Tecla Fazio, Federica Ferro, Salvo Forte, Stefano La Ferla, Arianna Mangiameli, Isabella Marino, Luca Samo, Irene Scalia, Simone Scalia, Martina Sortino.
Animatori: Mario Bonica, Concetta Rovere, Maria Rosa Conti.
Regia, montaggio e produzione video: Mario Bonica.
Data produzione: Marzo 2008
Sinossi
Una favola scritta, interpretata e realizzata da alunni di quinta elementare e prima media del Terzo Istituto Scolastico Comprensivo di Lentini.
Una favola nata dal dolore, dall’indignazione e dalla delusione dei bambini quando, tornando a scuola un lunedì dell’estate scorsa, si accorsero che l’Auditorium comunale ubicato di fronte al loro istituto era stato distrutto da un incendio. Essi, nei giorni seguenti, avrebbero dovuto portare in scena, in quell’auditorium, un lavoro teatrale a lungo preparato con i loro insegnanti, così come ogni anno facevano tutti gli alunni di Lentini. La recita, ovviamente, non si tenne più.
Da qui il bisogno di immaginare che da qualche parte esiste la giustizia (in questo caso sotto forma di una matita magica) in grado di rifare l’edificio com’era prima dell’incendo, anzi ancora più bello, ed anche di trasformare i mostri che hanno bruciato l’auditorium in ragazzi normali e sereni.
lunedì 7 luglio 2008
giovedì 3 luglio 2008
Betancourt ingrata
Anche Silvio Belusconi (pardon, il Premier Silvio Berlusconi) ha rilasciato una commossa e commovente dichiarazione dopo la liberazione di Ingrid Betancourt. Ha detto (quasi esclusivamente) “…una liberazione per cui l’Italia si è battuta concretamente”. Come tutti sanno, il premier Silvio Berlusconi non avrebbe pronunciato mai quelle parole se l’Italia si fosse battuta concretamente nel periodo (o “anche” nel periodo) in cui a capo del governo c’era Prodi, è ovvio, quindi dedurre che LUI si è battuto concretamente per la liberazione. E siccome lui non dice mai bugie, spacconate, smargiassate, bisogna dedurre che è proprio vero: Silvio Berlusconi si è battuto concretamente. E siccome “concretamente” vuol dire “con risultati concreti” e qua l’unico risultato è la liberazione stessa, è chiaro che la liberazione della signora Betancourt è dovuta, almeno in parte (e certamente, conoscendo il tipo, non in piccola parte) al Berlusconi medesimo. Ebbene, vi sembra giusto che l’ex prigioniera non lo abbia ringraziato pubblicamente appena liberata?
Mi sa che quella, in fondo in fondo, anche le è un magistrato.
Mi sa che quella, in fondo in fondo, anche le è un magistrato.
Ingrid come Mandela
La liberazione di Ingrid Betancourt mette fine ad uno dei più grandi orrori dell’umanità in epoca contemporanea. Una donna rapita e tenuta in prigionia nella foresta per sei anni!. Purtroppo abbiamo avuto notizie ancora più raccapriccianti, anche recentemente, ma si trattava di pazzi che seguivano istinti oscuri, animaleschi, inspiegabili da loro stessi. In questo caso si è trattato di un gruppo di persone fredde, lucide, raziocinanti, a loro dire portatori di idee utili alla società e di valori. Ed hanno rubato non solo i sei ultimi anni, ma una buona parte degli anni che ancora vivrà, alla loro vittima. Le hanno inflitto sofferenze fisiche e morali, l’hanno tenuta lontano dai familiari, dagli amici, dai compagni di partito, ma anche da tutte quelle cose piccole e grandi che costituiscono la vita. Le hanno lasciato solo la vita biologica (ma chissà quanto logorata) e la risicatissima possibilità matematica (che per fortuna si è verificata) di essere liberata da altri esseri umani. Con terribile angoscia dobbiamo constatare che quei mostri sono stati generati da un’ideologia, come altre volte nel passato. C’è un modo di dire che in qualche caso suona beffardo: “tutto ciò che non uccide rafforza”. Io non riesco assolutamente ad immaginare sotto quale profilo oggi Ingrid Betancourt possa essere più forte di prima. Per fortuna c’è un caso che e aiuta tutti ad avere speranza: quello di Nelson Mandela, che fu tenuto nelle carceri razziste del Sudafrica per circa trent’anni e che nei giorni scorsi è stato festeggiato da tutto il mondo per i suoi novant’anni, diventato, dopo la prigionia, presidente del suo Paese. Possa Ingrid proseguire la sua vita come Nelson Mandela. Non sarebbe un risarcimento per lei, ma per l’intera umanità.
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