La scomparsa, prematura e inaspettata, di Angelo Brancato, mi ha molto addolorato e mi ha sollecitato due riflessioni forse di qualche interesse pubblico.
Il dolore è stato doppio: per la scomparsa di un amico ma anche per la scomparsa di un uomo dolce, buono e fragile. E avverto un piccolo senso di colpa nel pensare solo ora quanto egli fosse dolce, buono e fragile. Anch’io, come quasi tutti quelli che avevano rapporti con lui, l’ho conosciuto e gli sono diventato amico nell’ambito della politica, ed è per questo che la sua “maschera” di politico caparbio, furbo e sempre perdente ha prevalso, agli occhi nostri, sulla sua più intima e complessa personalità. Anche chi ha pronunciato il discorso funebre, in chiesa, ha parlato della maschera, della sua immagine pubblica: “uomo di partito” “sempre candidato per servizio”, “furbo come una volpe”, trascurando l’uomo.
Ma se, finalmente, la smettessimo, ora che è morto, di parlare del personaggio e guardassimo all’uomo, diremmo così: “uomo dalle idee chiare e dalle forti idealità: non si allontanò mai dall’area politica da lui identificata come quella più vicina ai bisogni della parte più povera della società”; “insuperabile, incorreggibile, strepitoso rompiscatole che si candidava sempre in qualsiasi competizione pur sapendo di non essere eletto, per il gusto di rifiutare esclusioni e per sparigliare le carte a chi, di volta in volta, faceva da mazziere”; E la smetteremmo anche con quella sciocchezza della “furbizia”, massima concessione degli scolarizzati nei confronti di chi scolarizzato non è. Per quanto riguarda la dolcezza, la bontà e la fragilità, sfido chiunque a smentirmi citando un solo caso in cui sia stato colto sgarbato, scortese, tirchio, meschino, vendicativo, rabbioso, prepotente, protetto.
Prima riflessione. Angelo è stato l’ultimo dei consiglieri-amministratori di estrazione ultra popolare. L’ultimo a rappresentare, a sentirsi ed essere riconosciuto come parte di una larga fascia di gente povera, emarginata, dalla vita difficile. Di questi cittadini ce ne sono tanti a Lentini. In consiglio comunale, in giunta ed ora anche nei partiti non c’è nessuna loro espressione.
Seconda riflessione. C’è stato un tempo in cui in tutti i partiti c’era spazio, rispetto e parità di diritti anche per i militanti alla Angelo Brancato. Era la democrazia, e tendeva a dare voce a tutti e mettere a frutto il contributo di tutti. Oggi i diritti, il rispetto e lo spazio all’interno dei partiti e, più complessivamente, della politica, sono direttamente proporzionali alle potenzialità elettorali del soggetto: disponibilità economica per sostenere spese elettorali, ragguardevole dotazione di voti, bella presenza, ambizione, aggressività. È competizione tra individui, e tende a favorire la vittoria dei più forti.
domenica 13 luglio 2008
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