Il 2 Aprile scorso è caduto il trentanovesimo anniversario della morte di Carlo Lo Presti. Un uomo da ricordare non solo per le sue opere e il suo impegno, ma anche perché il suo esempio di artista e intellettuale al servizio di un progetto culturale è sempre di freschissima attualità. Dedicò tutto se stesso a un sogno: fare della sua città una piccola capitale della cultura, del teatro, della poesia. Avrebbe potuto andare via. Forse avrebbe dovuto. Per conoscere, per farsi conoscere, per cogliere i successi che il suo talento gli avrebbe garantito. Invece rimase sempre nella sua Lentini. Sapeva che perché la sua città diventasse importante nessuna risorsa doveva esserle sottratta. Lentini, in quegli anni, importante lo era. Ma per altri aspetti. Erano gli anni del grande risveglio, dopo la lunga notte della guerra. Il movimento sindacale e bracciantile avviò battaglie memorabili, che non riguardavano solo i salari; ebbe larga eco in tutta Italia lo "sciopero a rovescio", il lavoro abusivo nelle terre incolte di quel che rimaneva dei grandi feudi; erano i tempi della Riforma Agraria e della nascita di una miriade di piccolissime aziende contadine, del prosciugamento del Biviere e dell'assegnazione delle terre bonificate agli ex pescatori; l'arancia era frutto pregiatissimo e chi possedeva due tumuli d'agrumeto era quasi benestante. Lentini era centro di produzione ed esportazione tra i primi d'Italia e la sua "stazione", la zona commerciale, pullulava come un alveare. Per la zappatura e la raccolta delle arance giungevano da ogni parte della Sicilia orientale centinaia di braccianti. Insomma erano i tempi in cui nasceva la Lentini contemporanea. Lo Presti ebbe il grande merito di intuire, assieme ad un gruppetto di altri giovani intellettuali, che una comunità moderna non può essere costruita solo sul benessere economico. C'era bisogno anche d'altro, di cultura, di arte, di sogni, di poesia. C'era bisogno di recuperare un'identità appannata, se non addirittura smarrita. Bisognava trovare le tracce, i segni, le pietre e le parole del passato di cui siamo fatti, ri-sentirsi figli di Gorgia, Iacopo, Riccardo. C'era bisogno di anima. Nacque per questo, nel '47, il Centro Studi Notaro Jacopo, che fu subito luogo di studi e ricerche, riflessioni e dibattiti e di mille attività frenetiche, appassionanti, a volte anche distanti tra loro: convegni, conferenze, rappresentazioni teatrali, studi di storia patria, dibattiti politici, esposizioni d'arte visiva, poesia. Per dieci anni il Centro Studi fu l'anima e il motore della cultura di Lentini. Tra l'altro, anche sede di una Biblioteca Popolare, istituita dalla Soprintendenza alle Biblioteche per la Sicilia Orientale. Lo Presti era innanzi tutto uomo di teatro: autore, regista, attore, critico e storico. Il suo Sicilia Teatro, pubblicato postumo dalla moglie, è una pietra miliare per la conoscenza delle vicende, dei protagonisti, delle glorie e delle difficoltà del teatro siciliano. Fu premiato con la Medaglia d'Oro alla memoria a Vizzini, il 31 gennaio del '70. Da uomo di teatro diede il suo primo importante contributo al Centro Studi e alla città con un'attività intensissima, officina d'arte e formidabile palestra per giovani attori non solo lentinesi. Fondò e diresse il Teatro Sperimentale del Centro Studi, poi ribattezzato Piccolo Teatro del Sud. Per esso scrisse una ventina di commedie, che per il loro valore entrarono ben presto in cartelloni importanti, come quello del Teatro Stabile di Catania e nel repertorio di Turi Ferro e Ida Carrara, di Michele Abruzzo e Mario Piazza, di Pippo Pattavina e Tuccio Musumeci. Tra i registi delle sue opere anche un ancora giovanissimo Andrea Camilleri. Tra gli scenografi perfino Renato Guttuso. Molte commedie hanno un posto di rilievo nel panorama teatrale italiano: Referendum, Attesa sulla riva del fiume, Alluvione, Democratici di provincia, Pensione 23, Quello della prima fila, Cose turche!, Sicilia la nuit, ecc. I temi che più gli stavano a cuore ed affrontava con mirabile efficacia erano il modificarsi dei costumi, i nuovi rapporti tra genitori e figli, la speranza di una società nuova in cui i sentimenti, l'amore e l'amicizia prendessero il posto dei pregiudizi, degli egoismi individuali e di classe. Fu tra i protagonisti, assieme agli altri del Centro Studi, tra cui spiccavano per competenza, passione e carattere i vari Alfio Sgalambro, Carlo Cicero, Mario Ciancio, di una incisiva e coinvolgente iniziativa, durata anni, per ottenere che si avviasse un campagna di scavi per portare alla luce i resti di Leontinoi. Furono loro, studenti e giovani professionisti, studiosi di archeologia per diletto e per amore della loro città, ad individuare esattamente con geniale intuizione, il sito di Leontinoi, dalla lettura di Polibio. Venute alla luce le imponenti vestigia di Leontinoi e una grandissima quantità di reperti, risultò relativamente facile ottenere l'apertura del Museo Archeologico. Nel 1957 l’Amministrazione Comunale costituì la Biblioteca Civica Riccardo da Lentini e ne affidò la gestione ad un Consiglio d Amministrazione autonomo, in gran parte composto dai dirigenti del Centro Studi. A Carlo Lo Presti fu affidato l'incarico di direttore. Fra le manifestazioni programmate e realizzate dal Consiglio d’Amministrazione della Biblioteca, rimane indimenticabile, per lo straordinario successo ottenuto in tutti gli ambienti culturali italiani e per la quantità e la qualità dei partecipanti, il Premio Lentini, di cui Lo Presti fu segretario. Per farsi un'idea del prestigio e del valore del Premio Lentini, forse è il caso di leggere i nomi di alcune personalità che a vario titolo vi collaborarono: Leonardo Sciascia, Giuseppe Fava, Giorgio Caproni, Giuseppe Ravegnani, Marino Moretti, Mario Gori… Tra i premiati Alberto Bevilacqua, Turi Vasile, John Rudolph Wilcock, Giuseppe Villaroel. Il 2 d’aprile del ’69, a soli 49 anni, Carlo Lo Presti lasciava la moglie e compagna d’avventure Rosina, i figli Lello e Antonello, la Biblioteca, il Premio, la sua Lentini i tanti amici sparsi in tutta Italia. Il Premio Lentini, ebbe solo un’altra edizione, portata a termine da Filadelfo Pupillo e Gianni Cannone. Credo possa affermarsi che la sua fu una grande storia d’amore con la sua città. D’amore reciproco. Perché Carlo Lo Presti fu un grande intellettuale (fu anche scrittore, storico, affermato giornalista e acuto caricaturista) che, a differenza di tanti altri del passato e del presente, non operò pensando alla sua gloria, alla carriera o al denaro, ma sempre per migliorare la sua città, per offrire bellezza ai suoi concittadini. Negli anni ’90 il Comune, grato, gli ha intestato una via cittadina ed il Teatro Odeon, per ricordarlo alle generazioni a venire. Ma c’è un modo per mantenerlo vivo: seguire il suo insegnamento.
(Pubblicato su "Murganzio)
mercoledì 25 giugno 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento