mercoledì 25 giugno 2008

I volti e gli assassini

Tra i molti fatti di sangue che hanno sconvolto il mondo negli ultimi giorni ce ne sono due che mi hanno particolarmente colpito per avere tra di loro un punto in comune impressionante.
Il primo fatto è quello che tutto il mondo ormai conosce: l'eccidio dell'Università della Virginia. Il secondo ha avuto lo stesso rilievo del primo solo nelle pagine dei due quotidiani regionali siciliani: due giovani (28 e 16 anni) hanno prelevato da casa sua uno psicolabile, lo hanno portato in un luogo appartato e lo hanno massacrato per prendergli i 700 euro della pensione appena percepita (attenzione, sapevano bene che la loro vittima non vrebbe potuto avere un euro in più di quella somma). Non annoierò nessuno con mie considerazioni morali, psicologiche o sociologiche. Ne sono state fatte tante e ancora di più se ne faranno nei prossimi giorni.Voglio parlare, invece, di quel punto in comune di cui accennavo prima.
Il ragazzo sud-coreano che ha commesso l'orribile strage degli Stati Uniti, quando ha finito di uccidere (per stanchezza? per un'improvviso sgomento? perché aveva finito le munizioni?) ha rivolto l'arma contro di sé e si è sparato in volto. Non alla testa o al cuore, ma al volto, come per cancellarlo.
I due rapinatori del povero psicolabile siciliano hanno tentato di uccidere la loro vittima colpendolo ripetutamente con una pietra sul volto. Immagino che uccidere colpendo il volto sia più difficile che colpendo la testa. Eppure quei due assassini hanno scelto il volto. Come per cancellarlo.
Si direbbe che il primo, il pluriomicida dell'America, voleva cancellare dal mondo il volto, la memoria, tutta l'esistenza di sé stesso assassino (anche se era stato spinto da un odio "ideologico" ed aveva agito nell'esaltazione dell'"uno contro tutti"), i secondi, invece, volevano cancellare il volto, la memoria, la stessa esistenza della loro vittima (un disabile che forse nessuno avrebbe mai pianto né cercato). La vittima di questi due è tra la vita e la morte. Potrebbe, quindi, sopravvivere. In questo caso per i due carnefici non si potrebbe usare il termine "assassini". Come definirli?
(Pubblicato su "Quaderni Radicali")

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