Conoscete
il “Ciapa no”? È un gioco di carte. Deriva dal tressette, di cui mantiene il
valore delle carte e il punteggio. Ma da questo differisce proprio nella
sostanza. Vince chi fa meno punti. La meta da raggiungere è quella di perdere e
tutte le strategie, le tattiche, i trucchi, gli inganni e le invenzioni sono
finalizzati a questo.
È
il gioco storico della sinistra italiana. Ed è così bello che ha conquistato le
simpatie anche delle altre forze politiche. Da un po’ lo praticano con profitto
anche la destra o quel che si cela sotto il pudico nome di PDL e il centro
(campioni italiani juniores sono Rutelli, quasi imbattibile, e Fini, anche qui
eterno secondo).
Campioni
mondiali di questo gioco sono i leghisti: dapprima con quattro voti e due
rudimentali idee risalenti al medioevo inopinatamente erano arrivati a
governare una Nazione che considerano straniera, ma appena hanno capito che
governando si è sotto osservazione, per non cascarci più hanno messo a segno
alcuni colpi magistrali ed hanno perso così anche le pochissime possibilità che
erano loro rimaste di fare la mosca cocchiera ad un nuovo capo.
Grandissimi
campioni del “Ciapa no” italiano sono il PD, il micro arcipelago della sinistra, il PDL (nuovo entrato, ma già
formidabile), l’eterna UDC.
Comincio
dall’ultimo partito. Questo è tanto bravo che parlare è perfino superfluo. Il
suo leader che anche quando è solo in bagno e riflette a voce alta mentre si fa
la barba si parla come se si rivolgesse a folle oceaniche (tono alto e sillabe
scandite) da tempo adotta una strategia semplice ma efficace: finge di giocare
ma non gioca. Nessuno è tanto sicuro di non vincere come chi non gioca.
Il
PDL, sedutosi da poco al tavolo, sta dimostrando talento e volontà eccezionali:
dalla nomina monocratica a segretario di quel bravo giovane di Angelino
(sissignori, Angelino!) Alfano alle sbarrulate
(scusatemi il termine dialettale, ma rende meglio l’idea) di Berlusconi è
arrivata una lunga serie di ruzzoloni (il più clamoroso quello delle
Amministrative) che dovrebbero mettere questo partito al riparo dei rischi di
vittoria e della responsabilità di andare di nuovo a governare.
Di
Pietro, inseguendo Grillo e piazzando qualche buon colpo alle amministrative di
quest’anno e dell’anno scorso, ha corso il serio rischio di un sostanzioso
incremento dei suoi voti, col conseguente pericolo di entrare, con i giusti
alleati, a far parte del prossimo governo,. Ma è furbo l’ex PM, perciò per evitare ogni
eventualità di questo tipo si è affrettato a rompere col PD, l’unico partito
che potrebbe trascinarlo sulla cattiva strada: “Ma che c’azzecco io col
Governo”?
La
micronesia della sinistra storica sta vivendo uno dei ricorrenti momenti di
esaltazione: il vento che preannuncia altre legnate comincia a spirare. I suoi
leaders sanno che camminano sul velluto, ma le cautele non sono mai troppe e
così stanno pensando ad un nuovo frazionamento che porti alla nascita di un
nuovo partitino, stavolta figlio della FIOM. Falce, Martello e Masochismo è il
nuovo motto.
Niki
Vendola, per quanto colto e intelligente sia, sembra non avere capito bene a
che gioco stiamo giocando: parla di lavoratori, dei problemi del Paese, della
necessità di unire la sinistra. Insomma, sembra convinto che vincere è meglio
che perdere. Se non lo fermano questo rischia di rovinarsi.
Un
rischio da principianti, che un partito come il PD, erede della lunga
esperienza democristiana e comunisti, non correrà mai.
Appena
gli altri (leggi PDL) perdono qualche punto e lo scavalcano verso il basso,
esso reagisce subito con la cessione dei punti in più.
Dopo
le “trovate” di Berlusconi (stampini per euro privati e presidenzialismo alla
Arcorese), Bersani ha subito ristabilito l’ordine con le nomine delle authority
in perfetto stile Craxi-Forlani (operazione non andata a buon fine, ma di
grande effetto mediatico, almeno per la buona volontà) e con la dichiarazione
pubblica di volersi alleare con Casini (che, tra l’altro, ne respinge il
corteggiamento). Mai si dica che è pronto a governare!
E
Grillo? Quello, privo di esperienza com’è, sta giocando la sua partita a
vincere. Naturalmente gli altri lo lasciano fare, ridendo sotto i baffi e
dandosi gomitate d’intesa. Il cerino acceso resterà a lui.
Dovesse
andar male questa possibilità, è pronto un Piano B: ABC e Napolitano
chiederebbero a Monti di fare il piccolo ulteriore sacrificio di rimanere a
Palazzo Chigi ancora per una decina d’anni.
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