lunedì 11 giugno 2012

Il "ciapa no"


Conoscete il “Ciapa no”? È un gioco di carte. Deriva dal tressette, di cui mantiene il valore delle carte e il punteggio. Ma da questo differisce proprio nella sostanza. Vince chi fa meno punti. La meta da raggiungere è quella di perdere e tutte le strategie, le tattiche, i trucchi, gli inganni e le invenzioni sono finalizzati a questo.
È il gioco storico della sinistra italiana. Ed è così bello che ha conquistato le simpatie anche delle altre forze politiche. Da un po’ lo praticano con profitto anche la destra o quel che si cela sotto il pudico nome di PDL e il centro (campioni italiani juniores sono Rutelli, quasi imbattibile, e Fini, anche qui eterno secondo).
Campioni mondiali di questo gioco sono i leghisti: dapprima con quattro voti e due rudimentali idee risalenti al medioevo inopinatamente erano arrivati a governare una Nazione che considerano straniera, ma appena hanno capito che governando si è sotto osservazione, per non cascarci più hanno messo a segno alcuni colpi magistrali ed hanno perso così anche le pochissime possibilità che erano loro rimaste di fare la mosca cocchiera ad un nuovo capo.
Grandissimi campioni del “Ciapa no” italiano sono il PD, il micro arcipelago della sinistra, il PDL (nuovo entrato, ma già formidabile), l’eterna UDC.
Comincio dall’ultimo partito. Questo è tanto bravo che parlare è perfino superfluo. Il suo leader che anche quando è solo in bagno e riflette a voce alta mentre si fa la barba si parla come se si rivolgesse a folle oceaniche (tono alto e sillabe scandite) da tempo adotta una strategia semplice ma efficace: finge di giocare ma non gioca. Nessuno è tanto sicuro di non vincere come chi non gioca.
Il PDL, sedutosi da poco al tavolo, sta dimostrando talento e volontà eccezionali: dalla nomina monocratica a segretario di quel bravo giovane di Angelino (sissignori, Angelino!) Alfano alle sbarrulate (scusatemi il termine dialettale, ma rende meglio l’idea) di Berlusconi è arrivata una lunga serie di ruzzoloni (il più clamoroso quello delle Amministrative) che dovrebbero mettere questo partito al riparo dei rischi di vittoria e della responsabilità di andare di nuovo a governare.
Di Pietro, inseguendo Grillo e piazzando qualche buon colpo alle amministrative di quest’anno e dell’anno scorso, ha corso il serio rischio di un sostanzioso incremento dei suoi voti, col conseguente pericolo di entrare, con i giusti alleati, a far parte del prossimo governo,. Ma è furbo l’ex PM, perciò per evitare ogni eventualità di questo tipo si è affrettato a rompere col PD, l’unico partito che potrebbe trascinarlo sulla cattiva strada: “Ma che c’azzecco io col Governo”?
La micronesia della sinistra storica sta vivendo uno dei ricorrenti momenti di esaltazione: il vento che preannuncia altre legnate comincia a spirare. I suoi leaders sanno che camminano sul velluto, ma le cautele non sono mai troppe e così stanno pensando ad un nuovo frazionamento che porti alla nascita di un nuovo partitino, stavolta figlio della FIOM. Falce, Martello e Masochismo è il nuovo motto.
Niki Vendola, per quanto colto e intelligente sia, sembra non avere capito bene a che gioco stiamo giocando: parla di lavoratori, dei problemi del Paese, della necessità di unire la sinistra. Insomma, sembra convinto che vincere è meglio che perdere. Se non lo fermano questo rischia di rovinarsi.
Un rischio da principianti, che un partito come il PD, erede della lunga esperienza democristiana e comunisti, non correrà mai.
Appena gli altri (leggi PDL) perdono qualche punto e lo scavalcano verso il basso, esso reagisce subito con la cessione dei punti in più.
Dopo le “trovate” di Berlusconi (stampini per euro privati e presidenzialismo alla Arcorese), Bersani ha subito ristabilito l’ordine con le nomine delle authority in perfetto stile Craxi-Forlani (operazione non andata a buon fine, ma di grande effetto mediatico, almeno per la buona volontà) e con la dichiarazione pubblica di volersi alleare con Casini (che, tra l’altro, ne respinge il corteggiamento). Mai si dica che è pronto a governare!
E Grillo? Quello, privo di esperienza com’è, sta giocando la sua partita a vincere. Naturalmente gli altri lo lasciano fare, ridendo sotto i baffi e dandosi gomitate d’intesa. Il cerino acceso resterà a lui.
Dovesse andar male questa possibilità, è pronto un Piano B: ABC e Napolitano chiederebbero a Monti di fare il piccolo ulteriore sacrificio di rimanere a Palazzo Chigi ancora per una decina d’anni.






















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